Critica Sociale - anno XLII - n. 20 - 16 ottobre 1950
CRITICA SOCIALE 279- ----------------------- LE DUE UNIFICAZIONI Le interviste di Nenni, Saragat e Silone, alle quali la stampa ha dato in questi ultimi giorni un giusto rilievo, sono dt indiscutibile interesse. Ma più che per l'aspetto concettuale e l'impostazione dialettica dei ri– spettivf punti di vista, esse mi sembrano contare per la loro sintesi. I tre « leaders » infatti hanno cercato di cogliere, in certo modo, il ·senso emergente della crisi del socialismo italiano che è a un tempo, per chi sappia intendere le proionde_associazioni dei moti del– la storia, la crisi gella democrazia e, più estensiva– mente, della stessa civiltà moderna. Per Nenni tutto il male viene da una cattiva poli– tica estera, compromettente sul terreno della politica generale senza compensi di ordine sociale e protetti• vo. Comè dire, ·se ho capito bene, che noi faremmo su– pinamente il giuoco di altre potenze interessate, a tut– ta nostra perdita. Secondo Saragat il socialismo, che prima di essere dottrina e metodo è la stessa coscienza del sacrificio dei poveri e della loro responsabilità, soffre una lun– ga vigilia crepuscolare del mattino. Troppi lavoratori vanno ancora alla deriva di correnti estranee alla lo– ro sorte senza incontrare una forza capace di cataliz– zare i loro stimoli e di coordinare le loro aspirazioni. E proprio dal processo di unificazione in corso do– vrebbe scaturire quella forza con la pros;pettiva dei suoi naturali effetti. Silone, dal canto suo, trae dal tramonto- del .pericolo comunista e dai suoi riflessi psicologici l'illazione di una fatale denunzia del patto di paura sancito intor– no alla Democrazia Cristiana e presagisce la rivinèita del socialismo fatto saggio e coraggioso dalle penose esperi~nze deÌ suo ultimo calvario. Ora non è chi non avverta la sostanziale conver– genza delle riflessioni dei due esponenti del Sociali• smo democratico. Siamo, per fortuna, sul largo e im– pegnativo piano della storia dove contano soltanto i superiori interessi collettivi. E nori è senza commo– zione che i dfscepoli appassionati di Turati e di Mat– teotti riascoltano il linguaggio di una fede intransi– gente e rivivono la febbre di un'azione coraggiosamen– te rivoluzionaria. · Dice Silone che le elezioni delle Commissioni In– terne nelle fabbriche interessano enormemente di più della collaborazione al Governo o dei compromessi della lotta parlamentare. Nè potrebbe in altro modo parlare un socialista che sappia come la sorte dei la– voratori è, per nove decimi almeno, nell~ loro stesse mani. Nòn sembra che Saragat si sia esplicitamente pro– nunciato su aspetti di politica applicata; è comunque intuitivo che l'« unica forza che possa dare all'Italia un assetto conforme ai bisogni dell'immensa maggio– ranza dei cittadini » sia' indotta a considerare tali a– spetti come del tutto accidentali e contingenti. E con questo vorremmo che nel mondo della democrazia so– cialista ci si vergognasse finalmente di assumere a pregiudiziali bigotte ·certe mediocrissime congiunture tattiche o semplicemente sperimentali. Quanto alla politica estera, mancano così nell'inter– vista di Silone come in quella di Saragat allusioni particolari. Questo solidale silenzio lascia ragionevol– mente supporre che qui non sussistano contrasti di qualche peso. Nè può essere sfuggita ai nostri lettori l'evoluzione, del resto motivata, delle opinioni in que– sta materia alla luce degli ultimi drammaticissimi av– venimenti. Ben diverso invece è il discorso di Nenni, ma forse più nella lettera, da t:r::oppo tempo stereotipa e con- ibliotecaGino Bianco venzionale, che nell'intima verità dello spirito. L'accen– to ch'egli pone sui rapporti internazionali ci fa comun– ·que presumere che, in ordine ai maggiori probiemi so-. ciali, egli non ravvisi sostanziali o insormontabili· dis– sensi. Ma proprio in questo strano distacco è l'equivo– co della s1,1a-impostazione. Anzi qualche cosa di più: una inconcepibile eresia, se è vero che egli vorrebbe rinunziare sostanzialmente a ogni politica estera, men– tre sanno anche i neofiti che il socialismo· è necessa– riamente universale e umano e non può vivere' e vin– cere che al patto di respirare l'aria del mondo e cli affondare le sue radici in ogni terra e di negare i si– pari di ferro di oggi non meno dei confini scarsamen•. te sorvegliati di ieri. Rinunzia ad ogni politica estera: questa mi sembra, onestamente, se non la premessa ispirativa del suo pensiero, l'inevitabile deduzione effettuale. Infatti non tanto si tratta di firmare o meno alleanze militari, che possono avere.. anche un carattere effimero e' com– plementare, ma di inserirsi nel sistema dei rapporti e delle influenze tra i popoli della. terra. Nè d'altro canto, in un mondo nel quale le distanze hanno per– duto ogni realtà e le difese naturali ogni efficienza, si può seriamente alzare la bandiera del proprio suscet– tibile isolamento. Discutiamo pure del « Patto Atlantico»: molti di noi, del resto, hanno confessato i più sconcertanti scru– poli e avanzate le più coscienziose riserve. Ma questo non è che un aspetto, _e non· il più impegnativo, del problema. Quello che appare indiscutibile, sopra tutto sulla base di una, premessa socialista, è la necessità di un'esistenza il più possibile internazionalizzata. A~che per· ragioni di difesa, ma sopra tutto e prima di tutto pèr ragioni di vita. Non esclusi, naturalmen– te, i corollari di natura psicologica che hanno un va– lore tutt'altro che astratto, visto che i popoli non me– no che gli individui traggono dalle comuni esperienze e dalle solidali responsabilità stimoli e motivi di una sempre più intima comprensione. E la comprensione difende la pace assai meglio degli stessi trattati. Ciò .premesso, una delle due: o si propugna il bloc– co massiccio delle dittature o si cementa la solidarie– tà delle nazioni in,dipendenti. E, in quanto si scelga la seconda via. è· buona politica far sì che questa so– lidarietà dia i migliori frutti possibili. Così che non garantisca soltanto il mutuo soccorso nel caso ipote– tico e deprecato della guerra, ma anche la più equa assistenza reciproca nelle concrete, assillanti, traver– sie quotidiane. Ban do dunque agli alibi: nessuno di essi, in ogni mo.do, potrebbe resistere ad un minimo· di critica se– rena e intelligente .. L'alternativa è alle radici: bisogna avere il coraggio di scegliere. Alla pregiudiziale del patto atlantico, sul piano internazionale, è da sostituire quella dell'unità democratica. Allo stesso modo che, sul piano interno,• è da sostituire la pregiudiziale del socialismo a quella della collaborazione. · Una cosa rimane, se mai, da sapere. Se l'indirizzo delle forze internazionali unificate sarà più o meno coraggioso e radicale. Ma è chiaro che la risposta di– pen.de sopra tutto -dall'atteggiamento dei socialisti, che rappre sentano innegabilmente l'avanguardia della De– mocrazia. Ed è per questo - ci ascolti bene Nenni - che tan– to maggiore sarà la fortuna del mondo e tanto più si– cura la pace degli uomini quanto più larga e fraterna la nostra unificazione. ANTONIO GREPPI
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