Critica Sociale - anno XLII - n. 20 - 16 ottobre 1950
CRITICA SOCIALE E', l'attuale presidente del Consiglio dell'Africa del Sud,. tanto vicino al laburismo britannico nelle sue concezioni po– litiche? Il Commonwealth in fondo è una autentica comu– nità" che si sta creando o un impero in via di disfacimento? Bisogna pur riconoscere che tutto ciò può dar luogo a qual– che riflessione. 2° Le affermazioni del Labour Party potrebbero essere riprese parola per parola, dalla Francia parlando dei suoi territori d'oltremare, ciò non le impedisce affatto di consi– derare la sua adesione a un'Europa. unificata e di prevedere fra questa Europa e i territori francesi d'oltremare dei le– gami economici particolarmente stretti. In che cosa il sistema che soddisfa la Francia è impossibile per la Gran Bretagna? Non vi è anche in ciò un alibi? Sembra infatti che la di– chiarazione della conferenza dei Dominions a Colombo non abbia presentato delle obiezioni così energiche e così com– plete all'adesione della Gran Bretagna all'Europa. 3° La ragione fondamentale è forse che la Gran Breta– gna è la banchiera della zona della sterlina e dobbiamo ri– conoscere la realtà di questo fatto. Noi consideriamo che questa funzione se non è eminentemente socialista e non ba– sta a rendere qualificato colui chè la esercita a far l!è-. zione agli altri partiti operai, è tuttavia una funzione im– portante e utile a tutti. Non è assolutamente certo che essa sia un ostacolo all'unificazione. dell'Europa. Non è predesti– nato che l'Europa una volta unita non debba trovare il suo interesse nell'associarsi al blocco della sterlina dal punto di vista monetario. Ma si capisce benissimo che, nell'intervallo, la Gran Bretagna intenda preservare una funzione che essa giudica indisp~nsabile alla sua esistenza e che, a torto o a ragione, giudica minacciata dalla sua adesione ad una Eu– ropa unificata. e) Le affermazionidell' opuscolo laburista sulla solidarietà della Gran Bretagna con gli Stati Uniti so~o ancora più im– portanti. Qui di nuovo ci troviamo d'accordo con l'opuscolo in molti punti: è evidente che un'Europa anche unificata non potrà bastare a se stessa, è evidente che nella misura in cui essa dipende dal commercio internazionale l'Europa è strettamente legata alla situazione americana e che qualsiasi crisi in un continente avrà per conseguenza una depressione nell'altro. E' evidente infine che, per evitare una catastrofe alla fine del piano Marshall l'Europa deve fin d'ora nego– ziare con gli Stati Uniti per stabilire una politica economica comune, o per lo meno sufficientemente coordinata per i prossimi anni. E' ugualmente certo che l'Europa che si deve -creare non potrà essere neutrale non foss'altro per il fatto che la Russia non lo tollererebbe e che in caso di conflitto la nece:,sità stessa della propria esistenza costringerà la Rus– sia a cercare di metter la mano immediatamente sulle ri– sorse di ferro, di carbone e di acciaio dell'Europa occiden– tale; gli ultimi avvenimenti di Corea sono, a questo pro– posito, decisivi. Siamo dunque d'accordo per respingere qual– siasi idea di neutralità europea ed affermare la necessità di una stretta solidarietà fra tutte le democrazie nel quadro della comunità atlantica. Ci permettiamo semplicemente tre osservazioni: 1 ° Innanzi tutto questa solidarietà deve esprimersi in modo tale da essere efficace. Gli uomini dell'Europa Occi– dentale non intendono essere dei mercenari destinati a su– bire il primo urto in caso di conflitto, essi sono stanchi di perdere le prime battaglie e di subire le atrocità dell' occu– P.azione per permettere poi agli altri ai vincere la guerra. Per essere vera la solidarietà deve· comportare fin d'ora l'or– ganizzazione di una difesa coordinata di tutti i paesi d'Eu– ropa fra di loro e con gli Stati Uniti affinchè questa difesa possa essere effettiva e reale sul continente europeo medesimo. 2° D'altra parte in questa difesa • nazionale " la parte dell'Europa deve essere limitata alle sue possibilità, -cioè all'ambito dei bilanci militari attualmente esistenti. Nuovi pesi non devono sopraggiungere a frenare una ripresa eco– nomica appena iniziata e ad abbassare ancora il livello di vi– ta dei lavoratori, perchè ciò significherebbe spingerli in brac– cio ai comunisti e perder subito la guerra fredda senza la speranza di potere poi aiutare a vincere quella calda. Nè all'interno dell'Unione europea, nè nell'Unione atlantica _si deve mettere l'accento sull'idea di una alleanza militare: questa è implicita in qualsiasi sforzo verso l'unificazione, fil\ deve essere l'unione economica e- politica sempre in primo piano nelle nostre preoccupazioni. 3° Ho riconosciuto precedentemente l'impossibilità di una neutralità europea e-la necessità di una collaborazione stretta con i nostri amid americani, ma quest'ultima non può pren– dere l'aspetto dell'ingresso di 19 paesi indipendenti in una . comunità atlantica. Separate e aizzate le une contro le altre queste nazioni sarebbero presto o tardi inevitabilmente ri– dotte al rango di satelliti. Un'Europa in corso di integra- _ zione e di rapida unificazione potrà solo, in seno alla comu– nità atlantica, perseguire una ·politica autonoma e discutere con gli americani come discutono gli amici e non i servitori. Solo un'Europa' unita potrà in connessione con delle nazioni lontane, ma libere, perseguire una vera politica di organizza– zione internazionale e di difesa della pace. Su questi problemi il Labour Party sembra aver ·parlato chiaro. Non vuole saperne di unificazione europea, augura una comunità atlantica: se questa posizione vien confer– mata dovremo a malincuore trarne le conseguenze necessa– rie senza nessun indugio. Cercheremo sempre di ottenere l'adesione dei nostri amici britannici per le istituzioni eco– nomiche spec~alizzate ed in. particolare per quelle che ten– dono a preparare una pianificazione delle industrie di base. Ma sul piano .politico non ci lasceremo ritardare più a lungo dalle loro esitazioni e dalle loro riserve e non ricercheremo più con loro impossibili compromessi. Prepareremo con tutti quelli che l'accetterano l'organizzazione di una ·vera Eu– ropa federale integrando al tempo stesso questa Europa con– tinentale unificata nella comunità atlantica in seno alla quale ritroveremo contemporaneamente i nostri amici americani e il Commonwealth britannico. C. LA TECNICA DELLE ISTITUZIONI INTERNA– ZIONALI Allo scopo fii perseguire questa politica bisogna pure sa– pere che si deve trattare con uomini i quali, sul piano inter– nazionale, sono disposti a fare i sacrifici necessari della loro sovranità perchè senza di ciò nulla è possibile, nulla è rea– lizzabile in nessun settore e su nessun piano. E' precisa– mente a questo proposito che il manifesto laburista ci sem– bra particolarmente pericoloso e deludente. 1 ° Esso afferma infatti, innanzi tutto, che • una organiz– zazione internazionale è realizzabile solo mediante la coope– razione volontaria di nazioni sovrane ". • E aggiunge • che quando si sente sicuro grazie al possesso del diritto di veto un governo può accettare di fare delle concessioni che non consentirebbe mai se fosse sottoposto a pressioni ". Ciò conduce molto lontano, alle discussioni che han se– guito la prima guerra mondiale. A quel tempo in Franci~ non solo i socialisti ma tutti i repubblicani, tutti coloro che si chiamavano la sinistra, per distinguerli dalla 'destra rea– zionaria, hanno affermato la loro fede nella famosa for– mula: sicurezza, arbitrato, disarmo. Essi hanno allora cer– cato di fare una vera società delle nazioni permettendole di prendere delle decisioni a maggioranza dei voti e ten– tando di organizzare delle sanzioni, militari prima, econo– miche pòi. E' in parte perchè la Francia si è· urtata alla cattiva volontà della Gran Bretagna, perchè questa si è sempre opposta a 1dare alla S.d.N. un po.tere qualsiasi, _che la S.d.N, si è limitata ad essere un ritrovo per persone di– stinte, del tutto inefficace, e il disarmo è stato un fallimento e infine è venuta la guerra. Leggenq.o il manifesto laburista sembrerebbe che nulla sia successo nel mondo dal tempo del signor Ramsay Mac Donald ed è desolante il veder ripresentare le stesse af– fermazioni isolazioniste e nazionaliste già cariche di un pe– sante fardello di responsabilità per la catastrofe che abbiamo appena vissuta. D'altra parte le recenti esperienze non sono forse ancora una volta conclusive? L'organizzazione econo– mica della cooperazion~ europea si sforza invano da due anni di far qualcosa di più che la semplice ripartizione ·de– gli aiuti Marshall, eppure essa è fallita. Ha approvato i pia– ni di industrializzazione di tutti i paesi, anche i più assurdi,
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