Critica Sociale - anno XLII - n. 19 - 1 ottobre 1950

CRITICA SOCIALE tutti sanno, riesce a trarre partito da simili congiunture e a soffìare nel fuoco sotto _esopra la cenere. Dal che deriva che almeno questa volta le .forze della democrazia, che non deplorano la prepotenza della piazza più di quella del denaro, dovrebbero prendere posizione a tempo e rin– tuzzare con i propositi in atto degli uni le impazienti prospettive degli altri. Difficile·? Mi si lasci dire che nessun momento potrebbe essere più favorevole di questo e sarebbe un vero delitto lasciarlo sfuggjre.' Qual'è, infatti, la situazione che per la fortunata camRagna in Corea si è creata aHa Democrazia? Niente di ,Più semplice. E' venuto a cadere, almeno nel suo aspetto più scoperto, il motivo dell'« Union sacrée ». La minaccia di un successo del comunismo induceva, sia pure con qualche motivata riserva, i suoi"avver– sari ad una prudente alleanza difensiva. Ciò che includeva una fatale stasi sul terreno delle riforme sociali per l'intuitiva opposizione dei gruppi di retroguardia. Liberato l'orizzonte dai nembi più foschi, le forze del mondo democratico possono riprendere piena libertà di azione, eserci– tando senza impacci la loro naturale funzione nella complessa partita . politica. Tra queste forze noi occupiamo, con tutta evidenza, un posto di ecce– zione. Non per nulla avevamo risposto col linguaggio più. coraggioso e spregiudicato; qualche mese fa, all'appello del Presidente De Gasperi, ricordandogli che soltanto un!l costruttiva collaborazione sul piano sociale avrebbe potuto scongiurare il pericolo di un'unità politica' fittizia e reto– rica. A più forte ragione apparirà bene ispirata la nostra impostazione, alla luce degli ultimi avvenimenti. Non vedo dunque che cosa ci possa trattenere dal proporre la nostra. candidatura alle più concrete iniziative e alle più severe responsabilità. Nulla certo all'infuori di qualche suscettibilità personale e di qualche compromesso politico che non hanno il diritto di pesare un'ora di più sulla condotta del socialismo e sul destino del nostro Paese. · D'altro canto il tema si propone una più lunga gettata e un più impe– gnativo bersaglio. Abbiamo già detto che la Corea poteva non essere, e p~r noi non era, il preludio del dramma finale, ma eerto voleva essere considerato come un sintomo allarmante. Orbene: è chiaro çhe anche se la Corea fosse cancellata dalla carta geografica, intatto resterebbe il va– lore .del sintomo, nè il dramma finale çesserebbe di assillare gli uomini con tutta la sua angosciosa verità. , Molte ancora sono le zone del mondo minate e pochi ignorano come le polveriere esplodano talvolta, anche a distanza, per « simpatia ». Chè se abbandonassimo la metafora e dessimo il nome di esplosim1e e di in– ._sofferenzaal tritolo é alla dinamite, il discorso non perderebbe un ette del suo senso e della sua attualità. «Non ridete troppo presto », vien voglia di dire alle molt~ pecore che si stanno ritruccando da leoni. « Il conflitto continua ad essere all'ordine del giorno e comunque il mondo moderno è fatto così che nessuno è più · in grado di dire dove potrebbe cominciare la guerra in senso. proprio e. finire quella civile »• Ma sarebbero con ogni probabilità parole al vento. Nient'altro che pa– role al vento. Tremenda cosa è l'inganno della paura così quando spinge verso i ripari illusori come quando suggerisce le ritorsioni vendicative. Il discorso riserviamolo dunque, lineare e incalzante, a noi stessi. Gli altri verranno dopo, sulla nostra traccia, se noi sapremo raccogliere la consegna della storia e compiere il nostro dovere. In caso contrario nessuno potrà risparmiare alla Democrazia uno scacco ancora più grave di quello subito dalla dittatura al 38° parallelo. ANTONIO GREPPI BibliotecaGino Bianco Collaborazione internazionale del proletariato Il problema della politica. in– 'ternazionale del proletariato, e più concret,amente quello dell'at– teggiamento da assumere di fronte alla mancata pace, 11a– rebbe prospettato in maniera nettamente utopistica se si '/!re– scindesse da tutte le conside– razioni, le quali impongono di · con.eludere essere vano ogni sforzo internazionalista del pro– letariato se non si tiene conto dei legami insopprimibili tra t destini del proletariato dei sin– goli paesi e quelli dei · paesi" stessi. Appare dunque. probabi– le che la soluzione del proble- . ma debba cercarsi nel senao opposto a quello nel quale tale soluzione si e andata cercando in passato: non si tratta cioe di precisare in che modo e fino a che punto il proletariato del singoli paesi possa mettersi con– tro le classi dominanti del pro– prio paese, ed in un certo sen– so disinteressarsÌ dell'attuale di– rezione collettiva di questo, per rimanere fedele alla solidarietà internazionale verso il proleta– riato degli altri paesi; ma si -tratta invece di precisare i modi e l'intensità dello sforzo con il quale 1'l proletariato di ogni pae– se deve tendere alla conquista, anche solo parziale, del pote– re politico in casa propria, per indirizzare la vita del proprio paese verso rapporti internazio_: nau sempre meno ispirati ad un gretio nazionalismo, e sem– pre più obbedienti invece ad in– segnamenti di un progressivo e fecondo internazionalismo, ca– pace di associare in una colla– borazione sempre più concorde le diverse capacità e le diverse attitudini_ dei vari paesi 'e dei vari popoli. La conquista del potere poli– tico nel proprio paese da parte del proletariato (IJJlChe solo parziale in un primo momento) appare dunque la premessa ne– cessaria di un reale inizio di po– litica proleta·ria internazionale · che voglia raggiungere risultati duraturi. In conseguenza, quando si do– manda di fissare le direttil1e dell'azione proletaria interna– zionale, sia contro i falsi trat– tati di pace, sia contro la rea– zione internazionale, bisogna a– vere il coraggio di dichiarare che l'azione proletaria interna– zionale non avrà carattere di reale efficienza, e si limiterà ad · avere quelli di una propaganda più o meno sentita, più o ·meno . seguita, se non sarà svolta «I• traverso l'esercizio del conq11t– stato potere politico nei vari paesi. G. E. MODIGLIANI

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