Critica Sociale - anno XLII - n. 18 - 16 settembre 1950
CRITICA SQCIALE 255 esercitata da una folla imbestialita. Ma se si ri– mane sullo stesso piano che Mussolini ha adottato, quella fine era inevitabile. L'uomo che ha procla– mato nel 1920 a Firenze: « La nostra dottrina è il fatto», che ha annunziato, salendo sul treno ché doveva condurlo ·a Roma per formare il ministero: « l'azione ha seppellito la. filosofia », ha deciso egli stesso il suo destino, accettando di essere giudicato a\ll'infuori di ogni criterio morale, sulla semplicé base del successo o dell'insuccesso, scegliendo così e non solo metafoPicamente, l'albero al quale do– veva essere appiccato. In uno, dei « colloqui » con Emilio Ludwig, Mussolini formulò una sentenza che fece poi sopprimere nell'edizione italiana del li– bro: « Ogni uomo muore della morte che corri- , sporide al suo carattere ». Se fosse sempre vero - e non lo è - quale spietata ordalia implicherebbe la morte da lui subita! Non mi sono mai sognato di negare a Mussolini un certo ingegnaccio e anche, talora, note:vole luci– dità. Queste qualità però eranq intermittenti e pre– carie e mal resistevano al flusso delle sue basse pas– sioni, che finivano sempre col prevalere. Esse non bastavano a sostituire il pensiero e soprattutto la coscienza che mancavano. Quella politica ch'era per lui « l'arte somma, l'arte delle arti, la divina delle arti», non esigeva solo, come egli pens~va, « un lungo tirocinio», ma una supremazia del fine sui mezzi, senza cui essa è condannata a una pè– renne improvvisazione, e manca d'un filo condut– tore, o lo perde ad ogni strappo, ad ogni urto colla realtà. Mussolini ha finito col prendersela con gli Italiani, che non l'avevano seguito sino all'ultimo. Ma anche supponendo che davvero egli avesse riso– lutamente scelto una strada, e la strada buona (il che non fece}, la sua politica interna avrebbe lo stesso distrutto i mezzi della sua politica estera. Fin dal 1934 esprimevo in Politica socialista - rivista che con l'amico Faravelli destinavamo ai nuovi quadri del partito in Italia - un apprezza– mento che a, quindici anni di 'distanza mi par es– sere rimasto valido: «.Mussolini, è un abile uomo di governo, che ha potuto ridurre la qu,asi totalità del popolo italiano alla passività politica, non è un uomo di Stato, perchè non ha potuto conservare il potere se non sottraendo alla vita nazionale le immense risorse di energia, d'iniziativ,a latenti nel nostro popolo, che il socialismo avev·a in parte li– berato e messo in movimento ». E' stato detto che la vera grandezza di un uomo di.'Stato si rivela sul piano della politica estera. Ora proprio su questo piano Mussolini fu velleitario, contradittorio, incapace di fermarsi laddove· non -u-em HD '.Jl'B.I}UOOU! .JZÙ.J}S!S.l.I anap OU.J.IJ I! 'BA!lì'B cava inoltre il sussidio di una tradi zione, che gli avrebbe imposto di non impegnare mai a fondo l'Ìtalia, terra dei tre mari, contro l'Inghilterra,, ciò che aveva evitato di fare la stessa monarchia rin– novando la Triplice alleanza. Gli mancava anche la visione precisa delle forze e delle tendenze reali delle varie potenze. Come servirsi dell'« arte poli– tica » quando ci si sbaglia ,a fondo sulle pedine del giuoco, si tratti dell'Inghilterra o della Germania, ' della Russia o dell'America? Egli ha lavorato an– che al timone dello Stato come un giornalista in– colto e presuntuoso, che reagisce sull'ultimo tele– gramma giunto in redazione e ricomincia ogni -sera, Non ho atteso il crollo per sentire, con doloroso partendo da z,ero, la sua agile e scriteriata fatica. spasimo, che la politica estera di Mussolini por– tava l'Italia e l'Europa alla caiastrofe. Alla fine del dicembre 1935, a guerra d'Etiopia iniziata, scrive– vo per l'Almanacc'o socialista: « Il fascismo è en– trato nella guerra e non ne uscirà più ... L'Italia non Bibita e1..1d Gtr o eia 1CO uscirà dal vortice africano che per essere gettata in un vortice maggiore e forse precipiterà dall'unq all'altro senza trdnsiziont!. Solo un sussulto del po– polo italiano - prenda esso le forme della rivolta aperta o crei l'atmosfera di un colpo di Stato - può interrompere questa pazza corsa all'annienta– mento». Non ho mai condiviso il sentimento di quell'operaio soçialista che mi confidava non mol– to tempo fa: <tPer fortuna Mussolini ha fatto la guerra, altrimenti non ce ne saremmo mai liberati». Come quasi tutti gli antifascisti· emigrati, desidera– vo ardentemente che l'Italia non si sch.ierasse a fianco di Hitler, µon entrasse nel conflitto che ave– va proporzioni mondiali, e le cui sorti avrebbero in ogni modo deciso anche del suo regime. Sulla politica estera fascista ha portato il più terribile giudizio lo stesso Mussolini, quando spiegava ad Ivanoe Fossani: « La guerra sarà guadagnata dalla Germania. Ma l'Italia sarà lo stesso battuta. Hitler dominerà il mondo; io sarò comunque un vinto ». Il « mito » di .Mussoìini fu una creazione artifi– ciale, che non poteva resistere al cozzo delle forze immani ch'egli aveva tanto contribuito a scatena– re. Per varie ragioni, inoltre, questo mito va to– talmente distrutto. Dapprima, perchè il tipo d'uomo che esso rappresenta, e la cui specie non è perduta, ahimè, nello stesso movimento socialista, non è quello sul quale si possono « rifar gli italiani ». Par- , lando dei suoi_ inizi nella vita politica, Antonio Gramsci l'ha· definito con ragione « il tipo concen– trato del piccolo bor,ghese italiano rabbioso, feroce, impasto di tutti i detriti lasciati 'sul' suolo nazionale dai vari secoli di dominazione degli stranieri e dei preti ». L'esercizio del potere ha ispessito e un po' imbrogliato la trama di questo ritratto, senza tuttavia essenzialmente modificarla. Inoltré, perchè l'assenza di criteri morali, che caratterizza Mussolini, il suo odio conseguente ver– so il cristianesimo, la sua esaltazione del « fatto » sui prip.c1p1 sono una malattia ,specialmente con– tagiosa e grave in Italia, la cui « società >? non ha ancora trovato un assetto e non dispone di iradi– zioni, di costumi che la preservino da eccessive oscillazioni, da ,rapidi sgretolamenti. Del fascismo bisogna proprio denunziare, dis<morare quella mez~ za (<filosofia» dell'« attivismo», filosofia da corpo di guardia e da lupanare, che ha fatto la fortuna di Mussolini e in parte pervertito lo spirito e il . carattere delle generazioni 'de1 dopoguerra. Le difficoltà attuali della penisola ·forniscono a gente semplice o ad illustri mariuoli il tema del « -si stava meglip quando si stava peggio ». Queste difficoltà sono· il risultato diretto di più di ven– t'anni di gestione fascista, e, in quanto esse hanno di più grave, dei residui che questa gestione ha la– sciato negli spiriti e' nelle cose. Esse non sono_ pro– dotte dalla sparizione di Mussolini, m;i.. dalla su;i. presenza postuma e tenace, dal perdurare di men– talità e di metodi di un « fascismo » che deve es– ser vinto, anche quando la falce e il m·artello so– stituiscono il littorio, e quali che siano ,le forme della sua nuova incarnazione. , ANGELO TASCA Un libro che ogni socialista deve leggere e mèditare Giuseppe Saragat IL PROBLEMA DELLA PACE Ed. Opere nuove Il volume è in vendita al prezzo di L. 120. Indirizzare versamenti e richieste all'editoriale ita– liana « Opere Nuove », Via dei Bergamaschi 51~Roma.
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