Critica Sociale - anno XLII - n. 17 - 1 settembre 1950

CRITICA SOCIALE 237 per la via maestra e non per vie traverse, perchè è ben strano questo voler creare della piccola pro– prietà in serie e ·a tutti i cos!J., dal momento che si sente il bisogno di predisporre, nell'atto stesso in cui la si crea, degli organismf cooperativi esterni destinati ad assisterla ed aiutarla. E' ben strano, perchè se si riconosce che la piccola pi:oprietà ha bisogno di essere soccorsa, integrata ed aiutata in inille forme, vuol dire che la- si ric0nosce inferma, vuol dire che si cerca attraverso questi organismi collettivi di rimediare alle sue deficienze e insuffi– cienze interne. Tutto ciò, .per la piccola proprietà già costituita, passi, ma per la nuova, non si vede ·perchè si devono creare degli istituti che si sa a priori in se stessi inefficienti a preferenza di isti– tuti efficienti. Domande legittime che sono state poste e si porr– go_no, ma alle quali non è stata data ancora risposta. Purtroppo in ciò giocano concezioni arretrate con concezioni avanzate deteriori. Infatti, questo della formazione della piccola pro– prietà coltivatrice, che per la democrazia cristiana è un fenomeno di conservazione, di formazione pic– colo borghese, di ,amore ai vecchi istituti tradizio– nali della proprietà che si accresce e si trasmette di padre in figlio, forza e nerbo della famiglia, è, - per quanto riguarda i comunisti, un fenomeno in– lÌpiegabile, se non come leva destinata, facendo ap– pello non alla coscienza evoluta ma, al senso ele– mentare delle masse e valendosi quindi, in sostanza, _della suggestione e degli schemi della stessa società borghese: la proprietà. Se non come leva, diciamo, destinata a -promuovere e provocare un vasto mo– vimento dei contadini e delle masse rurali verso ~·a terra al fine di sgretolare la forza della società borghese, fondata sulla organizzazione capitalistica e sulla concentrazione della proprietà, per abbattere l'ostacolo e spianare la strada a una ·collettivizza– zione di ben altra natura, ad una collettivizzazione di Stato che prescinde del tutto dal movimento di autoriscatto e di autoemancipazione delle masse la– voratrici e quindi prescinde del tutto dal suo con– tenuto liberatore, aiterando, con ciò, il Socialismo ·n!!lla· sua essenza, vale a dire nella sua sostanza liberatrice dell'uomo e creando un'altra schiavitù al posto di quella della società borghese. Fra queste due concezioni, l'una di tipo conser- - vàtore, l'altra di tipo rivoluzionario involutivo e deteriore, si inserisce oggi come ieri quella del So– cialismo democratico che non abbandona la vecchia strada tracciata dall'apostolato di Prampolini, di ?,lassarenti, di Nullo Baldini, strada ancora valida se si vogliono veramente contemperare i due ter– m:ini di giustizia sociale e di libertà in che si rias– sume il Socialismo e attorno ai quali si svolge or– mai una lotta che è di portata mondiale e che spe– riamo con tutte le nostre· forze abbia i suoi pacifici e fecondi sviluppi e non insaguini e travolga l'uma– nità e la civiltà. Noi speriamo che questi valori del Socialismo de– _mocratico, che sono oggi i supremi valori umani, siano ancora salvati, ma non può certo contribuire a salvarli la gretta e miope riforma fondiaria che Governo e Democrazia cristiana ci stanno elargendo. Oggi la piccola proprietà già formata e costituita, sviluppata e collaudata dallo sfol'.zo di generazioni, si dibatte in mezzo alle difficoltà. Immaginarsi che cosa potrà fare domani una proprietà contadina nuova che vorre,bbe da1l'oggi al domani trasformare un bracciante in proprietario coltivatore, senza mez– zi, senza esperienza, senza capitali d'impiànto e di esercizio, scavalcando un processo che è durato ta– lora decenni e decenni, e per giunta schiacciato BibliotecaGino Bianco in partenza e per trent'anni dall'onere del rimborso rateale del prezzo di espropriazione e dei 2/3 del costo delle opere di trasformazione al netto dei con– tributi statali. Non occorre molto acume per prevederei che tutto ciò è votato in partenza al fallimento. Come non vedere invece che soltanto degli organismi coope– rativi efficienti e forti potranno far sì, non solo che siano superati i difficili momenti iniziali, ma che la nuova azienda possa affermarsi ed avviarsi su di un sicuro piano economico e produttivo? J.,e coo– perative non si improvvisano, siamo d'accordo, e richiedono un certo grado· di educazione sociale, ma da.I momento che si deve prendere atto di un dato di fatto incontrovertibile, e cioè che solo la media e la grande azienda sono vitali, non si vede come possa il bracciante essere elevato alla figùra di attore e partecipe del processo produttivo se non attraverso l'associazione ad altri braccianti median– te la cooperativa. E ·non c'è dubbio che fra lo stato di bracciante attuale, con una occupazione aleatoria, misera, pre– caria ed incerta, e lo stato di socio di una coope– rativa assieme ad altri braccianti com_e lui, lavo– ranti in comune lo stesso fondo, sotto la guida di un'unica direzione tecnica e di una buona ed onesta direzione ·amministrativa, il suo stato economico e sociale sarà di gran lunga migliore, migliore anche di quello in cui ·si troverebbe se fosse messo i,n possesso d:i un pezzo di terra senza i mezzi, la pre- . para.zione e la capacità di sfruttarla. · Si potrà dire ancora che è difficile trovare sem– pre amministra.tori retti, coscienziosi ·ed onesti, ma si può rispondere che senza queste doti nulla va flVanti, nulla ~i crea e nulla prospera· nè nel campo sociale, nè in quello economico, nonchè in quello morale. Nell'ambiente cooperativo, che è un ambiente mo– ralmente e socialmente sano, Ìmmune da spirito spe– culativo che è spirito di sopraffazione e di egoismo, si creerà anche in agricoltura quello spirito di fra– ternità e di solidarietà fra i lavoratori da cui non potranno trarsi che buon'ì frutti e per le sorti del– l'azienda e dei singoli associati e per le sorti ge– nerali del paese e del popolo italiano sulla via vera e non falsa della pace e della giustizia sociale. La_ cooperativa agricola resta, a nostro avviso, la v-ia maestra da percorrere e su cui possono vera– mente incontrarsi in questo momento le due mas– sime esigenze del popolo italiano: il massimo assor– bimento di mano d'opera e il massimo possibile di elevamento- sociale. A questo sforzo sono indubbia– ~en~è chiamati tutti i proprietari con proprietà su– periore ad un certo limite, che non può essere fis– sato che con riguardo alle esigenze ed ai bisogni, che sono gravi, delle masse rurali italiane. UMBERTO ZANFAGNINI PANETTONE. PANFRUTTO - TORTA MILLESTELLE- CAKES - BISCOTTI– AMARETTI - TORRONE - CIOCCOLATO - CARAMELLE . FONDENTI - PRALINES - CONFETTI - CONFETTURE - MARMELLATE. MOSTARDE - MARRONI· CANDITI - FRUTTA CANDITA - GELATINE DI FRUTTA - GELATI - SPUMANTI E LIQUORI - SCIROPPI - SEMILAVORATI.

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