Critica Sociale - anno XLII - n. 17 - 1 settembre 1950
236 CRITICA SOCIALE Di· fronte alle alte cifre e ai numerosi capitoli, in cui si parla di aiutare e sussidiare in tutti i modi gli istituti non statali, fa riscontro la mancanza assoluta di qualsiasi cenno per quel che ,riguarda l'edilizia scolastica. Si trova solo al n. 243 ,lo stanziamento di L. 100 milioni come concorso straordinario per ricostruzione di arreda– menti distrutti nella guerra. Per trovare fondi per la co– struzione di edifici e per gli arredamenti di asili, scuole elementari, e in genere di tutti gli istituti medi con un com– plessivo di 300 milioni (150 per l'Italia meridionale e insu– lare e 150 per -l'altra parte d'Italia) bisogna :ricorrere al Bilancio dei lavori pubblid in applicazione alla legge del 3 agosto 1949 n. 589. Se si può capire fino a un certo punto lo stanziamento per costruzioni, non si comprende la ra– gione per cui lo stanziamento per gli arredamenti non si trova nel bilancio della P .I. (Dovrebbe poi essere il Ministro della P .I. a concedere il çoncorso su parere conforme tee- . nico del Ministero dei LL.1PP. e non viceversa, come è detto nella legge). Ad ogni modo il concorso che varia dal 4 al 2,5d% per 35 anni per costruzione di edifici e per arreda· menti, sa·rà assorbito in gran parte dalla provincia e dai grossi e medi comuni per edifici grandi e moderni; manca wn,o sl'wnzicmientospecifico per t,e scuole elemen~a,r,i,_ Da troppe parti si dice che migliaia e migliaia di aule per :le scuole elementar'i,mancan,o o esistono in condizioni tali da es.sere inservibili. Il Parlamento e il pubblico dovrebbero sapere esattamente che cosa vi è di vero in tutto questo, cioè sapere quante sono le aule esi,stenti che non rispondono neppure alle più umili esigenze per il funzionamento. Vo/etndo il Ministro p_otrebbe avere dai provveditori agli . studi in poche settimane la situazione esatta, comunicarla al Pa·rlamento e domandare i mezzi occorrenti, perchè si ponga rimedio a questo intollerabile stato di cose in pochi esercizi facendo ricorso anche all'utiEzzazione del famoso fondo lire, che non sarebbe sicuramente negata, poichè la istruzione elementare deve costituì-re la base della ricostru– zione e della elevazione della nazione. {A questo punto non l)OSSO far a meno di accennare che poco tempo fa il Mi– nistero della P.I. ha distribuito un bellissimo libro con splen– dide illustrazioni, scorrendo il quale pare di esser.e nel paese più felic'e in fatto di edi,Jizia scolastica. Le scarne relazioni aggiunte a curn degli uffici periforici non dicono nulla di concludente e preciso. In wna s,okii provinic-ia l'ufficio del provveditore ,-- per sbaglio? - si è lasciato sfuggire un dato esatto: mancano oltre 700 aule, cioè la metà delle esi. stenti. Non era proprio questo libro, che sarà costato qùanto un paio di aule, quel.to che noi domandiamo per la scuola elementare!). * * * E veniamo al pwn,to più dolente: aU'avviamento dell'appli– cazione di quanto è disposto dall'art. 34 della Costituzione, di cui mi sembra ormai una amara beffa ripetere il testo. Oltre al misero stanziamento a favore de.J Patronato sco– lastico, del quale qui non intendo parlare, -vi è lo stanzia• mento di 83 milioni per posti gratuiti o s~i gratuiti nei convitti nazionali, educandati femminili, e altri istituti, non specificati, di 25 milioni per borse di perfezionamento, e altri tre stanziamenti di 5 mi.Jioni complessivi per borse di studio. Questo è troppo pqco per far fronte al,l'impegno preso con la Costituzione! ·La proposta pratica che si dovrebbe sostenere è la se· ~ente: senza disturbare il Ministro del Tesoro, togliere dai fondi, di cui si è trattato in principio e per i quali non vi .è obbligo dello Stato {e ·le scuole gestite da Enti, che possono aumentare le tasse, non ne soffrirebbero), tutto quanto non è destinato alfe scuole statali, pTovinciali, o co– munali, e portare tu~to all'art. rns per posti gratuiti o semi gratuiti nei soli convitti nazionali, e nei soli educandati fem– minili posti sotto -Ja diretta sorveglianza dello Stato. Così si potrebbe incomincia-re veramente, dalla scuola me– dia all'università, a provvedere ai « capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi>, ·e ponendoli in gTado di, esercitare un foro diritto, riconosciuto dalla legge si otttirrebbe un enor– me vantaggio per tutta la Società. ' GIUSEPPE BONFANTINI BibliotecaGino Bianco Sulla riforma fondiaria Una riforma <'he voglia trasformare i braccianti in coltivatori diretti non può farlo che mediante cooperative. Dopo quanto è stato detto così magistralmente e autorevolmente su queste colonne da insigni no– stri tecnici agricoli, come Nino Mazzoni e Aldo Pagani, veramente non vi sarebbe altro da dire, poichè io condivido appieno la loro netta presa di posizione nei confronti della piccola proprietà con– tadina, sulla quale democristiani e comunisti ins,i– stono, sia pure a ben diversi fini, e che sembra pur– troppo essere divenuta Jl chiodo fisso, la di·retLrice di marcia della riforma democristiana . E' facile, purtroppo, ,prevedere che se la auspi– cata riforma fondiaria si esaurirà nella formazione della piccola proprietà contadina, sia pure contem– poraneamente e congiuntamente alla trasformazione fondiaria; jn una econoi;nia moderna che sem– pre più si distingue -e si caratterizza per l'applica– zione su vasta scala dei metodi e procedimenti pii( razionali di coltivazione e quindi, fatalmente, orientata verso complessi aziendali organici sem– pre più vasti e consistenti., essa si risolverà in un disastroso esperimento per l'agricoltura italiana, an-– che se si cercherà di soccorrerla e di potenziarla con i pannicelli caldi cli organismi cooperativi col– laterali per i servizi comuni, essendo evidente che· l'impulso organizzativo, perchè sia veramente effi– -ciente e raggiunga determinati risultati, deve par– tire dall'interno dell'azienda, esserne in certo modo il centro motore propu1sivo: dall'esterno poco o nulla si otterrà poichè si cozza contro l'autonomia aziendale della piccola proprietà che è tenacemente difesa dal suo possessore. Non si dice u~a novità se si afferma che la pic– cola proprietà contadina non regge nemmeno in ta– lune zone dove si è affermata e consolidata da mez-– zo secolo: tutta tesa a produrre per i bisogni fa– miliari più elementari ed a sfruttare al massimo la forza lavorativa della famiglia, essa vive una vita grama e stentata, soggetta ad essere spazzata via non appena si affaccino le crisi cicliche, perchè ancorata e fer;ma alle tradizioni. Se questa è la realtà, per– chè dovremmo creare artificiosamente questa picco– la proprietà contadina proprio di questi tempi in cui si va sempre più affermando e s'impone la gran– de e la media azienda? Perchè vogliamo secondaFe ancora il gusto primitivo della proprietà in questa civiltà della tecnica, del lavoro e dell'organizzazio– ne? Perchè non imboccare invece in pieno la strada– .maestra della costituzione di medie e di grandi aziende in forma cooperativa? Una riforma sociale la quale non tenga conto del– l'attuale sviluppo d..ill'economia agricola e industria-– le e, per conseguenza, della necessità di impostare– la produzione, tecnicamente e organizzativamente,. sulla me,diia e grande azie:nda, non può che essete destinata al fallimento. Quale dovrebbe essere invece il suo indirizzo?· Per conto mio non si sfugge alla soluzione coope– rativa. Dato infatti come indiscutibile che nell'eco– nomia agricola moderna -solo la media e la grande azienda possono dirsi, in generale e salvo le debite eccezioni, vitali e tali da garantire il successo del– l'impresa attraverso o_rientamenti produttivi e me– todi tecnici e organizzativi adeguati, una riforma la quale voglia trasformare i braccianti in coltiva– tori diretti non può ragionevolmente farlo che at– traverso la loro costituzione ·in cooperative. Ed è– necesiario che imbocchi questa strada direttamente.
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