Critica Sociale - anno XLII - n. 17 - 1 settembre 1950

234 CRITICA, SOCIALE una rivoluzione o si camuffano sotto le sembianze gentili di rose 'profumate che, ma_gari g_radite_ a!l~ borghesia, sono naturalmente tacciate d1 trad1tnc1 dai lupi mannari. E' inutile dire che tanto i lupi quanto le rose risultano praticamente innocui - se non addirittu– ra deleteri - agli effetti del problema sociale che dovrebbe interessare direttamente i movimenti so– cialisti: i primi ululano e, spav.entando, irrigidi– scono posizioni di reazione; le seconde olezzano - e non sempre - e come gradito ·oggetto di orna– mento. si posano, magari, sui tavoli di un Consiglio dei Ministri. Fondamenti della 1>olitica socialista. Noi pensiamo che, oltre ad altre numerose mu– tazioni di impostazione della politica socialista, di cui non è questo articolo la sede più adatta per di– scorrere, tale politica dovrebbe essenzialmente pog– giarsi su quei due o tre problemi fondamentali, cui abbiamo dianzi accennato. E la ragione, a nostro modo di vedere, è evidente. Una riforma burocratica rivolta a rendere efficiente l'ox'gahismo statale responsabile, agile, tecnico con– ljentirebbe di attuare, infinitamente meglio di quan– to non si faccia ora, una politica economica statale che, anche senza arrivare agli estremi della nazio– nalizzazione, sappia e possa applicare determinate direttive in materia di investimenti, in materia di coordinamento congiunturale, in materia di mono– poli industriali, in materia di commercio, in ma– teria di industrie già ·praticamente sotto il controllo· stJ1.tale. Su questo punto il compagno Tremelloni ha, da tempo, mobilitato l'opinione pubblica e ci auguria– mo che la sua fatica possa essere continuata, ap– profondita, ampliata· e condotta in porto. D'altra parte, una revisione dell'impostazione del– la nostra politica tariffaria - oltre ad avviare la nostra attività produttiva sulla via della liberalizza– zione e su quella, ancora più importante, della for– mazione di un mercato economico europeo - con– sentirebbe, direttamente e indirettamente, la soluzio– _ne di uno dei problemi secolari della nostra storia economica e politica: il problema del Mezzogiorno. E' chiaro, e la critica, a mio modo di vedere al– quanto fondata, ci è stata rivolta da molte parti, che una politica fortemente protezionista in materia di -prodotti siderurgici, oltre a creare uno squilibrio fortissimo tra l'economia dell'Italia settentrionale e quella dell'Italia meridionale, determina - sul pia– no politico - una co1lusione d'interessi tra due classi socialmente privilegiate: quella degli indu– striali-finanzieri e quella degli operai dei grandi complessi settentrionali. E' un nodo al quale si .è giunti, in parte almeno, per effetto della politica salariale seguita dai mo– vimenti socialisti fino al 1914 che, se giustificata dal fatto della maggiore maturità politica delle classi operaie settentrionali nei confronti dello stato feu– dale del Mezzogiorno, ha tuttavia rafforzato - unifi– candone gli interessi _di fondo - anche la politica co·nservatrice, timida e limitata degli industriali– finanzieri settentrionali. Comprendiamo perfettamente che può apparire impopolare enunciare simili concetti, anche e so– prattutto per effetto delle deformazioni che uomini politici, sindacalisti, agitatori di masse possono· ag– giungere alle nostre affermazioni. E comprendiamo perfettamente che, per mancan– za di una classe politica dirigente, siano pochi gli uomini - anche nelle nostre file. - che hanno il coraggio di assumere simili posizioni, preferendo le altre infinitamente più comode di difensori pia- BibliotecaGino Bianco tonici di una democrazia, non meglio definita o, forse, fin troppo aggettivata. Ma, onestamente, pensiamo che sia questo uno dei punti che i movimenti socialisti dovrebbero trat– tare, tenendo presente che le· nostre affermazioni non vogliono· dire un regresso delle classi operaie settentrionali, ma semplicemente un maggiore senso di solidarietà che queste classi dovrebbero sentire per quelle dei lavoratori meridionali ed un maggiore senso di responsabilità che le prime dovrebbero col– tivare nel loro seno, pensando che prosperità e mi– seria vivono malamente insieme nell'economia del Paese. - Infine, e veniamo al punto che ci interessa, qui, maggiormente, una riforma tributaria coraggiosa e non avventata, onesta e non demagogica, tecnica e non astrusa, semplice e· non semplicistica, potrebbe completare questo trinomio che indichiamo come una base di politica socialista. Per una riforma tributaria. Oggi, qual'è la situazione tributaria italiana? Cre– diamo che, più ancora dal fenomeno di una inva– dente imposiziqne indiretta nei confronti di quellà diretta, essa sia car,atterizzata da due elementi: spe– requazione ed evasione. Sperequazione, in quanto il nostro sistema tribu– tario basato sulle imposte reali non è in grado di colpire i fortissimi redditi di attività personale (spe– culativa o produttiva), limitandosi a colpire, sempre gli stessi contribuenti iscritti a ruolo, siano essi operai e impiegiiti con la R.M., siano essi proprie– tari di case e di terreni. Evasione, in quanto, mancando in Italia il senso morale del contribuente e non avendo lo Stato mai avuto serietà fiscale, si è venuto a creare un circolo vizioso tra aliquote alte perchè ·gli evasori sono molti e molti evasori perchè le aliquote sopo alte. E' un cerchio che giustifica l'imposizione indiret– ta, o meglio la spiega, e che - probabilmente .__ non è dispiaciuto, finora, nè al Governo nè ai con– tribuenti che non pagano, in quanto la manovra delle imposte indirette è più facile è più silenziosa di quella delle imposte dirette e in quanto gli eva– sori si annoverano, generalmente, tra le classi so– ciali che hanno anche la -maggiore forza politica. . E' chiaro, quindi, che tale cerchio va spezzato. E poichè non desideriamo fermarci a questa con– statazione platonica, diciamo altresì che esso va spezzato seguendo, per gradi, una riforma che porti - prima - ad una perequazione iributaria nel senso più vasto dell,a parola e - poi - ad una lotta ac– canita e ser-ia contro le evasioni fiscali. Come attuare questo piano? Il progetto Vanoni indica, per la prima tappa, la via per giungere di– scretamente in fretta in porto. E ciò facendo, na– turalmente, anticipa in alcuni punti i movimenti della seconda tappa. · Essenzialmente occorre creare, in Italia, una co– scienza tributaria, a costituire la quale, per altro, non è sufficiente abbassare le aliquote ma è, al– tresì, indispensabile colpire inesorabilmente l'evaso– re fiscale, a qualunque classe sociale esso apparten– ga, e soprattutto riportare Governo e Parlamento a quella costante prassi di serietà funzionale, in base alla quale il bilancio finanziario per un determinato esercizio è la legge più importante per l'esercizio stesso, alla quale non devono essere apportate va– riazioni - salvo che in- casi di carattere assoluta-• mente straordinario - ed in base alla quale il par– lamentare deve sentire tutta l'importanza di rappre– sentante del popolo, votando, difendendo, control– lando, modificando la pubblica spesa e la pubblica entrata. E', questa, la funzione fondamentale del Parla– mento dopo la Rivoluzione francese e dopo la Ma-

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