Critica Sociale - anno XLII - n. 17 - 1 settembre 1950
232 CRITICA SOCIALE Comunque, una legge regolante gli aggruppamenti di intese non può che essere un « pezzo » nel vasto gioco di una politica economica generale, la quale deve essere anticipatamente e chiaramente defini– ta dal Governo; e) una legislazione difficilmente raggiunge lo scopo di vietare intese consortili, essendo causa di infinite difficoltà di interpretazione, di clandestinità e di quegli abusi che proprio si volevano evitare; d) le armi migliori contro gli abus.i del· monopolio sono una profonda conoscenza da parte dello Stato 'liell'influenza delle singole posizioni monopolistiche e una larga pubblicità, cioè una larga informativa per il pubbÌico. Un'opinione pubblica bene infor– mata può potentemente contribuire a pr~venire gli abusi; e) il collegio giudicante deve esser messo in grado di- utilizzare appieno questi strumenti 1 Esso dovrebbe essere composto di membri inamovibili, ll crepuscolo A vverte la premessa del'l'Osservatore Romano al– l'ultima Enciclica che essa si occupa di « alcune false teorie che minacciano di sovvertire i fon– damenti della dottrina cattolica». Io sono naturalmente molto rispettoso delle in– tenziòni della Chiesa e ometto ogni riflessione po– lemica_. Però m'insegna un lessico bene informato che prendono il nome di encicliche « specialmente le esortazioni pa~torali che trattano di questioni presenti». D'altro canto il titolo è ben trasparente. Non si tratta infatti di materia dogmatica ma dello stesso genere umano (« humani generis»). E' dunque lecito a chiunque si senta inserito, con un minimo di responsabilità, nella storia del suo mondo di esprimere in proposito la propria opi– nione. Ed è ciò che io faccio, non dimenticandomi di essere credente e di non avere rinunciato a ve– dere, come Costantino, l'annunzio della vittoria nel cielo, sotto il simbolo della croce. Nè la vittoria ~ovrebbe arridere, in questo ventesimo ·secolo, ad · altre armi che non fossero quelle dello spirito. Dico subito che la critica filosofica, contenuta nel documento' di Pio XII, è in gran parte accet• tabile anche dài laici, per quanto appaia spesso sommaria e sbrigativa. Ed è. innegabile che pur nella meticolosa preoccupazione dei riferimenti e dei paralleli l'essenza etica e concettuale del testo attinge un livello di alta e severa dignità. Ma .non posso tacere quello strano senso di sconcerto che mi è rimasto nello ~irito dopo la lettura. Certo è che per qualche istante mi sono doman– 'dato da che cosa mai potesse derivare quell'im• pressione. E onestamente i miei occhi sono ritor– nati sulla grande pagina del' giornale alla ricerca di una spiegazione. Finalmente ho compreso. Assai più delle parole mi aveva sconcertato lo strano silenzio che sembrava isolarle, circondandole, · dalla mia vita e dal mio tempo. E subito in una affettuosa allucinazione mi è apparso i_l piccolo Gesù che, U$cendo accigliato dal tempio, si gettava tra la 'fo11a della strada e ripeteva anche ai sordi ch'egli ·era nato più per lottare contro gli atti in- BibliotecaGino Bianco eletti (dal Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro, ad esempio) per almeno un ·settennio, e cui sia fatto divieto di partecipare ad imprese commer– ciali per tale periodo, e che abbiano i poteri del magistrato. Il co1legio deve essere infatti ad un tem-' po organo di inchiesta, di regolazione e di giuri– sdizione, quindi esperto tecnico e giudice. Deve ave– re facoltà di farsi fornire tutte le notizie che pos– sano servire al suo giudizio. Deve accogliere ricor– si e lagnanze anche dal pubblico, entro determinati Limiti e con determinate garanzie. Deve giudicare « in fatto» e in via equitativa, e non soltanto l'in– tesa colpevole per la sua forma giuridica o per i suoi scopi dichiarati. Su tali basi, a me pare (e sono volutamente mini– malista), potrebbe col'l.gegnarsi un disegno di legge che non voglia limitarsi ad essere un'anagrafe delle più compiacenti dichiarazioni unilaterali. Altrimen– ti, meglio niente. ROBERTOTREMELLONI degli • • uomini giusti degli uomini che contro- lé loro false opi– nioni. Ecco il senso così amaro di quel silenzio! Manca all'Enciclica proprio lo spavento della tra– gedia che minaccia ogni giorno più paurosamente la terra e che potrebbe da un attimo all'altro scon– volgerla, non soltanto allegoricamente. , E di un'altra cosa mi sono reso conto, non meno impressionante: l'incomprensione di quello smar– rimento spirituale che è proprio ·,alla base delle stesse eresie così spietatamente bollate. « Immanentismo, pragmatismo, esistenzialismo »? Ma davvero si tratta di esercitazioni astratte e voluttuarie del pensiero moderno? Di preconcetti_ puntigliosamente scolastici o polemici? . O non siamo piuttosto davanti alle vari.e, molte– plici, espressioni della ricerca affannata di qual– che cosa che sfugge; al riflesso d( un allarmante disordine della stessa esistenza organizzata? La risposta è intuitiva e l;affido alla lealtà intel– lettuale dei lettori, qualunque sia il loro punto di vista ideologico e politico. ·Solo ci dovremo chiedere, tutti insieme, se il Vaticano non viva in un mondo troppo distante, dal quale ril;llca difficile cogliere i moti latel}ti del– l'umanità e comprendere come la filosofia, abban– donati gli eremi del vecchio Olimpo, sia scesa sulla terra ins'anguinata mescolandosi sempre più pro– fondamente _nella dialettica della storia, che non è il materialismo dialettico e nemmeno quello sto– rico. Infatti è facile immaginare che se la distanza fos• se accorciata ben diverso sarebbe il linguaggio del– la Chiesa e ben più comunicativo, pur senza rinun– ziare a una coerenza teologica che nessuno è così sciocco da mettere in discussione. Due verità, comunque, io vorrei che fossero cori– sensuali e su di esse mi permetto di richiamare l'attenzione degli uomini che sinceramente profes– _sano la fede . religiosa. Sopra tutto di quelli che hanno cura di anime. La prima è che non è in corso una << riforma » o un'« eresia», in senso religioso, ma una crisi del•
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