Critica Sociale - anno XLII - n. 15-16 - 1-16 agosto 1950

CRITICA SOCIALE ., 219 differente viver,e in un ambien_te politico o' i~ un altro. Credo che le diffico'.ltà sono inevitabili e ~be il solo rimedio da apportarvi, il ripudio della con– cezione marxista; sia un rimedio peggiore d~l male. Ma malgrado tutto, forse dobbiamo c0nsiclerare che nel momento presente queste difficoltà sono·, se non solubili, almeno affrontabili e che esse non s~no di tal natura che un partito corµe il partito socia– lista debba distogliersene. Nella maggioranza dei paesi dell'Europa, lo Stato ha cessato di essere la . espressione pura e semplice, l'espressioue esatta del capitalismo; se per ipotesi lo fosse restato, è beri chiaro che l'esercizio del potere nel quadro della · società capitalista sarebbe una contraddiziòne inso– stenibile. e intollerabile. Sapete ·coine me che ,nella • dialéttica marxista sono le forze di produzione che determinano il regime giuridiéo della proprietà, che 'determinano tutta la sovrastruttura ideologica, mo– rale, culturale, sapete anche che il problema della decadenza di un dato regime sociale è l'incompa– tibilità che appare tra le forze di produzione ed il regime che esse hanno determinato. Aggiungerò che un altro sintomo marxista di de'cadenza per la so– cietà si ha quando la stessa incompatibilità appare tra il regime giuridico della. proprietà e d'altra par– te le ideologie, le credenze, i costtnl).i che sono tut– tavia quelli di questo regime giuridico. Queste con– statazioni sono più sensibJli dopo !l'ultima guerra di quanto non si.,ino mai state; è il capitalismo che ha creato la forma moderna della democrazia, e le f:le– mocrazie si distac_cano e si dissociano sempre più da questo capitalismo dal quale sono uscite. E' in questo che la contraddizione · che risulta per i so– cialisti dall'esercizio del potere non si presenta at– tualmente nelle stesse condizioni in cui si presen– tava in periodi anteriori di regime capitalistico. Io non sono di quelli che dicono che la rivoluzione , è già compiuta o che è cominciata in Francia; essa non è conHnciatu perchè la proprietà capitalistica sussiste mediante il suo carattere essenziale di tra– smissibilità indefinita e perchè i rapporti del sa– lariato. sussistono i~ tutto .il loro rigore. Non credo che noi siamo neMa fase rivoluzionaria, ma in cam- · , bio i problemi rivoluzionari sono apparsi, nel senso che la doppia contraddizione si accusa sempre piò. E' manifesto che il capitalismo è sempre più inca– pace di ordinare le forze di ·produzione dalle quali è uscito, e che vecle staccarsi da ·sè le istituzioni . politiche· che ha creato. Lo Stato moderno si stacca. progressivamente dal capitalismo e questa è la ra– gione per cui è possibile a partiti socialisti di te– nerlo a bada senza asservirlo e a più forte 1.iagione senza asservirsi essi stessi al capitalismo. Tutto ciò è difficile e pericoloso, tanto più diffi~ cile e pericoloso, in quanto non si fa tutto questo con 1a calma e la 'tranquillità con cui si svolge que– sta conferenza. Ciò si fa a ,caldo, se così si può dire, sotto la spinta di avvenimenti imprevedibili, di ri- · flessi improvvisi, sotto il fuoco deg'li 'attacchi degli avversari, nei torbidi, anche. Si, questo è difficile, ma la parola di Jaurès trova qui la sua applicazio– ne: « tutto è· sempre difficile». E' difficile ma è possibile per le ragioni che vi ho indicate; è pos– sibile a condizione che esista all'interno dei par– titi operai una coesione attiva, a condizione che nessuna scissione possa mai offuscarne la purezza ed il disinteresse assoluto, che nessun motivo per– sonale intervenga, a condizione che una confiden-. za assoluta e reciproca esista nella massa, nei capi. Tutto ciò presuppone una selezione razionale dei capi .ed una grande capaeità di giudizio nelle masse. LEON BLUM Biblioteca Gino Biqnco M_etòdologia" crociana Un artìcolo .intitolato Una prefazione sbagliata, nel quale Benecletto Croce si occupò di ,una mia prefazione al libro di William Salomone, L'età gio-' littiana (Firenze, La Nuova Italia, rn49), apparve nel numero '19 gennaio 1950 di quello che quaran• t'anni or· sono· io definii come Il Giornàle [dei de– fì.cienti] d'Italia, e tale è rimasto sempre con mi– rabile coerenza, attraverso ogni vicissitudine. Poi, 10 stesso articolo fu imbalsamato nei Quaderni della Critica (marzo 1950: 'Una prefazione sbagliata, pa– gina 123), e ri-comparve sotto il titolo L'età gi.o,Pit~ tiana nel MessaggeFo del 14 aprile, nel Giornale di Trieste del 19 aprile, e in chi sa quanti altri -gior~ aali. Non essendomi possibile rettificare le afferma– zioni ccmtenùte in quello scritto dovunque compa– riva, inviai al -solo lVles/jaggero una re,ttifica. E sa– pendo che non potevo pretendere ospitalità per una risposta non breve, la ridussi al minimo possibile. Anche quella uscì mutilata.· QueHi fra i Iettori della Critfoa .Sociale, che pos– sOIÌ.©essere interessati ne1 gustare i metodi con cui la storia può essere mànipolata, troveranno forse divertente, conoscefe il testo completo della mia lettera. Metto in corsivo le parole che non trovaro– no grazia presso i vaccarìelli crociaili deÌ Messag- ' yero (a Nap@li i vaccarielli sono i vitellini che van– no dietro alla mucca): /. Firenze, 18 aprile 1950 Nel Messaggero dei 14 aprile 1950 Benedetto Croce rac– conta che nel 1920 - prec'isamente agglu~go io, il 24 novem– bre 1920 - mentre io parlavo neiia Camera dei Deputati sul trattato di Rapallo, Gio!lttl, Presidente del Consiglio, do– mandò a Croce, Ministro dell'Istruzione, che gli stava ac- ·canto: « Chi è ·questi che parla? » ' L'Incidente mi par difficile a credere. Dal dicembre 1919 al dicembre 1920 avevo parlato spessÒ alla Camera, e Gio– litti era ascoltatore altentissiIJJO. Il 7 febbraio e· il 2 luglio 1920, ave1Jo avuto anche coit lui due incidenti. Possibile che il 24 novembre 1920 110n sapesse chi in quel momento parlava neUa Camera? Almeno il nome avrebbe dovuto essergli noto, perchè il Presidente aveva dovuto pronunciarlo nel darmi la ·parola. ' Più interessante 'è un'altra affermazione di Benedetto Croce. Saputo che era proprio io q~el desso che lo av~va battez• zato come « il ministro della malavita », Giolitti avrebbe ri– spo'sto: « Bah l non riusci eletto deputato 'e se la prese con me!» •. Maµo alle date. Io cominciai a denunciare i metodi con cui Giolitti « faceva » 'le elezioni nell'Italia Meridionale, sulla C,·i-tica Sociale del 18 dicembre 1902 :- dico millenovecento– due. - Continuai a battere su quel chiodo nel 190l, (G. S.., 1'endenze vecchie e necessità nuove del . Movimento Operaio Italiano, Bologna, 1922, pp. 39-40). Il Ministro della malavita, « notizie e documenti sulle elezioni giolittiane nell;Italia Me– ridionale», fu pubblicato· nel 1910, e descrisse la elezione di Gioia del Colle ·e parecchie elezioni siciliane del marzo 1909. Insistei su quell'argomento nei due settimanali di FI- · renze La Voce e L'Unità durante gli anni 1911 1912 e 1913. Ml presentai candidato contro la politica giolittÌan_a. nelle ele– zioni, del ·1913, per senso di dovere, come animale da esperi– mento, senza nessuna illusjone sul destino a cui andavo in• contro. L'esperimento superò ogni ·più brillante aspettativa: ne uscii vivo per miracolo. Non è vero, dunque, che me la presi con Giolitti perchè. non ero riuscito deputato. Il vero è che nel 1913 non riuscii deputato - come era da prevedere L perchè per undici a~ni · di seguito me la ero· presa coi metodi elettorali di Giolitti nell'Italia meridionale. Giolitti in quella conversazione con Benedetto Croce ricostruì la storia a modo suo. Nessuna meraviglia. Nella pratica poli•

RkJQdWJsaXNoZXIy NjIwNTM=