Critica Sociale - anno XLII - n. 13 - 1 luglio 1950

CRITICA SOCIALE 177 3) Che, per prevenire la propag,azione interna– zionale delle depressioni, cia,scun paese do– vrebbe stabilizzare i suoi pagamenti esteri per importazioni di: beni e servizi quando la sua domanda di 'prodotti esteri diminuisce : a causa di una contra~ione della, domanda effettiva. Ciò potrebbe essere fatto nell'uno o nell'altro ,.dei seguenti modi: a)_ l'adozione di provvedimenti speciali per non ridurre le importazioni, quali l'acqui– sto da parte del Governo di prodotti- este– ri per costituzione di scorte; come parte di piani nazionali di più ampia portata pér stabilizzare i prezzi interni dei pro– dotti,. Questo ·mezzo non può che essere di efficacia limitata in quanto non è appli– cafiile che àd un ristretto numero di pro– dotti; b) l'assunzione, da parte di ogni governo, della responsabilità, entro un piano inter– ,nazionale permanente e coordinato, di (. mantenere le riserve valutarie degli: altri paesi in corrispc:mdenza con le, e nella m,isura delle, dimi1nuzioni di quel'le riser- • ve per effettò della contrazione delle im– portazioni di quel paese provoca,ta, a sua volta, da una riduzione generale delle do_– ·mande effettive in detto paese. II piano dovrebbe essere svolto dal Fondo Mone– tario Internazionale le cui funzioni do– vrebberò essere ampliate cor.rispondente– mente e secondo le linee suggerite (lai re– latori. strializzati e ad alto reddito reale, tutto il risparmio disponibile. E' evidente che partendo da questa pre– messa, l'approach keynesiano no~ serve, altro che a confondere le idee. Poichè non ritengo oggi ac– cettabili tali premesse, e poichè ritengo lo s.chema teorico keynesiano superiore allo schema classico in quanto permette di spiegare come, in certe COJ:\· dizioni, sia possibile un equilibrio di sottoccupa– zione (7), e ci offre quindi, sia pure i,n prima ap- , prossimazione (8), una base razionale per una po– litica della piena occupazione che ritengo una ne– cessità economico-sociale da cui non si può oggi prescindere, così non posso condividere l'opinione del Rossi a tale .riguardo. Con ciò, naturalmente, la terapia consigliata dai relatori ha una validità limitata e ha ragione l'Eco– nomist quando osserva che la struttura sostanziale del Rapporto è ovviamente diretta ad una sola spe– cie di depressione in una sola specie 'di paesi. Ma se si pensa che questa specie di paesi comprende gli Stati Uniti, la Gran Bretagna, il Belgio, la Sviz– zera, probabilmente anche la Francia, e che com– prenderà fra non molto anche la Germania,, direi che se le raccomandazioni degli· esperti fossero ve– ramente in grado di prevenire o, quanto meno, di -arrestare rapidamente una depressione anche nei soli Stati Uniti, esse sarebbero, solo per questo, be– nemerite. Ma possiamo ritenere che le r·accomandazioni pre– sentate abbiano tale virtù? Per quanto concerne le misure di carattere na– zionale, mi sembra che mentre non vi sia nulla da obiettare in linea di massima sull'opportunità di un piano generale di politica economica contro la di- 6) Quali possibilità di successo hanno le proposte contenute nel rapporto? · soccupazione, assai più incerta: sia l'efficacia dei cosidetti stabilizzatori automatici. L'obieziont> più grave che si può fare alle· misure automatic}1e di · Cominciamo dalla impostazione del Rapporto. Questo, come si è detto, concentra la sua. attenzione sulla disoccupazione nei paesi altamente industria– lizzati e di questa disoccupazione dà una diagnosi nettamente keynesiana. Contro questa diagnosi (cioè contro la teoria per cui la disoccupazione è provo– cata da una insufficienza degli investimenti rispetto al risparmio, onde la domanda effettiva è insuffi– ciente ad assorbire il volume di produzione corri– spo,ndente alla piena occupazione) si è scagliato violentemente il Prof. Ernesto. Rossi (5), mentre, per converso, l'Economist (6) ha scritto che con questa interpretazione generale della causa della di– so·ccupaziene, gli ~utori del Rapporto rappresenta– no cerrettamente, senza dubbio, la maggioranza di opinione degli economisti (e del pubblico colto) nei paesi liberi, e che « è giusto ed inevitabile che un comitato internazionale di esperti adotti un meto– do di attacco (approach) k~ynesiano al _problema della piena occupazione». Confesso che mi sembra che l'Economist abbia pienamente ragione. La negazione dell'approach keynesiano e la sua sostituzione come vorrebbe il Rossi, con l'approach classico significa, in sostan– za, questo: che anche nelle condizioni economico– sociali odierne, il problema della disoccupazione non deve preoccupare perchè si risolve automati– camente senza bisogno nè di una compr,ensiva po– litica economica nazionale (basta, quando c'è di– soccupazione, un po' di lavori pubblici', sempre che il governo sia disposto a incorrere in un disavanzo di bilancio) nè di una cooperazione economica in– ternazionale; e dicendo automaticamente intendo che il problema si risolve in breve tempo e senza gravi sofferenze. Ciò perchè, evidentemente, il flus– so degli investimenti sarebbe sempre di volume tale da assorbire prontamente, nei paesi altamente indu- (6) V. E. Rossi, e Esperti nella Luna >, nel Mondo del 29 aprlle 1950. ..(61 '{, e FuU Employment >, In The Bconomi•t del 28 gen– naio 1950. BibliotecaGino Bianco stabilizzazione proposte è }a loro meccanicità.· Non solo esse presuppongono un sistema di rilevazioni statistiche e di organizzazione burocratica che fun– zioni alla perfezione o quasi, ma esse presuppongono anche una reazione dei consumatori alle variazioni del loro reddito così automatica ed immediata da essere quantitativamente misurabile e prevedibile: il reddito aumenta di tot ed i consumatori aumen– tano la loro spesa in beni di consumo di tot, un tot che è stato previsto e calcolato con un anticipo di tempo che può ncm essere indifferente. Perchè ciò accada si ri~hiede un ambiente sociale nel qua– le il comportamento dei singoli sia molto unifor– me, tanto uniforme da divenire istintivo. E' possi– bile questo? Ora, io non vorrei dire una stupidag– gine, ma ho l'impressione che i relatori si siano ba– sati esclusivamente 'su quanto sembra- avvenga ne– gli Stati Uniti ed abbiano dato validità generale ad un comportamento tipicamente americano. In effet– ti, se quanto ha trovato il Metzler è vero (9), sem– bra che negli Stati Uniti la spesa in beni di consu– mo in un dato periodo (il Metzler ha effettuato i suoi calcoli per trimestri) sia so,stanzialmente di– ,pendente dal reddito di quel periodo, ossia uno sfa– samento temporale fra percezione delle rendite e spesa in beni di consumo è pratieamente irrile– vante. SILVIO BACCHI ANDREOLI (conl 1 11nua) (7) Ciò che secondo la teoria classic!I è Impossibile e non per la rigidità dei salari quanto per l'ipotesi della legge degll sbocchi. (8) Dico in prima approssima,zione perchè tutti gli econo– misti sono oggi d'accordo sulla necessità da nn lato di dina– mlcizzare lo schema teorico keynesiano e, dall'altro, di inte– ,st'Rl"lo con un'analisi degli effetti delle variazioni della do manda effettiva sulla struttura relativa dei costi e dei prezzi. (9) Vd. L. A. Metzl'er, e The Lags in the Circolar Flow of 'lncome » nel volume « Income, Employment and Public Po– llcy ». Collana di Studi in onore di A. H. Hansen, New York, 1948. .

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