Critica Sociale - anno XLII - n. 13 - 1 luglio 1950

j 180 CRITICA SOCIALE loro gioco: ed anche gli orbi vedono bene quale sarà il loro ,atteggiamento domani. Vestiranno sem– pre l'abito di amici della « piccola proprietà », stril– leranno d'esserne gli unici paladini, denunzieranno la mistificazione del .governo e,.. sobilleranno il mal– contento degli esclusi dalla terra. Non illudetevi che esista una tattica per liberarsi da queste tortuose manovre. Ciò che fin da questo . momento mi pare lecito prevedere è che le illu– sioni di tranquillità, di ordine - e per taluni re– trogradi, di « conservazione sociale » - che ispi– rano la parte tattica della Riforma, saranno sicu– ramente smentite. Per la modesta parte che mi spet– ta non ho taciùto il mio pensiero. · NINO MAZZONI (continua) Una polemica lll esilio E' riapparso nelle cronache dei giornali francesi il nome di un giornalista di gran grido, Henry Bé– raud, che, direttore durante l'occupazione tedesca del settimanale Gringoire, subito dopo -la liberazio– ne era stato processato e condannato a morte, pena commutatagli nell'ergastolo (per successivi, indulti ridotto a dieci anni di carcere) dall'allora capo di Stato, gerterale De Gaulle, e che ora è stato messo in libertà per ei>sergli sopravvenuta la congestione cerebrale .che ha mes·so la sua vita in pericolo. Il suo n ome ha fatto affiorare il ricordo di una poleip.j.ca che egli ebbe, n_el 1929, con Filippo Tu– rati allora esiliato a Parigi. Il Béraud, già l'indomani della marcia su Roma, aveva avuto dei colloqui con Mussolini all'Hotel Savoia in Roma e ne aveva tratto un libro dal titolo Le Flaneur salarié! Nel 1929, tornato in Italia, pubblicava impressio– ni e giudizi sul fascismo in una serie di articoli sul Petit Parisien. Qualcuno di essi dette motivo a• Filippo Turati di fare dE:lle osservazioni venate di quell'humor che n~l suo dire come nel suo scrivere provocava distensione e sorrisi, ma che più spesso non era in– teso particolarmente dalle folle delle piazze e dai compagni nei congressi, e, quel ch'è peggio, neppu– re da amici e da giornalisti colti e intelligenti. E' quel che gli incorse allora. Il Turati, emigrato in Francia sul finire del 1926, dirigeva a Parigi, dal marzo 1928, 1111 Bulletin bi– mensile[ d'inf ormations: Italia, edito dalla « Con– centrazione antifascista italiana » stampato in fran– cese, da un lato solo della pagina perchè, era scritto, toute reproduction est autorisée, e sul quale Fran– cesco Saverio Nitti scriveva da Parigi il 6 luglio 1929: « L'Agenzia Italia interessa sempre più vivamen– te ed io ricevo da ogni parte manifestazioni im– portanti e numerose. Bisogna insistere sempre sui due pnnti principali: che il fascismo porta alla ro– vina economica e che rappresenta una grande mi– nacci a per la pace internazionale. Sono le due sole cose ehc interessann veramente». . Ora, •accade che ,nel numero II del 1~ ottobre 1H29, togliendo a pretesto una serie di articoli pub– blicati sul Petit Parisien · da Jean Béraud dopo un girò per l'Italia, il Turati pubblicasse questa lettera, mandata al µirettore del. giornale: Al Petit Parisien Parigi, 25 settembre 1929 Signor Direttore, Permettète? Seguo con infinito interesse gli articoli del signor Béraud su quanto egli ha visto - o ha creduto di vedere - nell'Italia fascista. Vi ho trovato un muc– chio di cose curiose, talvolta persino delle verità. Sono staio costretto ad essere verso di lui estrema– mente indulgente per tante cose, quanto mai assur– de e contradittorie: prima -di tutto, poichè il nostro illustre collega ci mette sempre dell'humour di buo– na lega (ho persino il sospetto che si facci'a giuoco talvolta del lett_ore, e, molto spiritosamente, di sè Biblioteca Gino Bianco stesso), eppoi perché io sono convinto che è asso– lutamente impossibile ad uno straniero (ed anche · ad un italiano) fare un'inchiesta veramente seria, in questo momento, in un paese, in cui tutU - eccet– lllati i fascisti - han paura di parlare, perchè le muraglie stesse hanno orecchi e c'è quasi una spia per ogni ex~cittadino. Ma - permette, signor Dfrettore? - io ci ter– rei per lo meno - non l!.er la verità, che è un mi– to, ma per l'intesa co-rdial'efra if.aliani e francesi - a cercar di correggere la tesi ch'egli sostiene nel suo articolo di stamani (Sotto il segno del «Primato»), cioè ... Ma ecco le sue stesse parole: « E' opini-one « diffusa da noi che le rivendicazioni dell'imperia– « lismo italiano datino dal trionfo delle camicie << nere. Noi crediamo che questo faccia parte di un « programma di circostanza; la dittat11ra fornirebbe « cosi alle masse oppresse l'esutorio necessario: i « giovani. estremisti manterrebbero e irriterebbero « la piaga secondo i bisogni della politica interna. « Per modo che questo imperialismo, cosi chiassoso « e cosi provocante, non resisterebbe al ristabilì– « mento delle libertà politiche. Sono illusioni ed er– « rori che convien dissipare ». Date queste premesse, il signor. Béraud ha prodi– giosamente buon gioco per ridersi di noi, del nostro «Primato», parola che conterrebbe da sola tutte le nòstre recriminazioni e rivendicazioni, del nostro convincimento di essere gli eredi dei Cesari, delle nostre pretese su Tunisi e tulio il resto. Orbene, se la l-estimonianza di un esiliato italiano, che non è nato ieri, e che tanto più rappresenta il suo paese perché tutta l'Italia in questo momento è esiliala da sé medesima, può contare alcun poco presso di voi, mi sia lecito dire 'al signor Béraud ed ai .rnoi letfort che l'opinione dà lui prestata ai francesi e che gli convien dissipare risponde asso– lutamente alla verità - sebbene (ohi sì, sebbene) essa sia molto di{fusa! Prima del t'922, o, per dir meglio, prima del 1915, non c'era a{fatto un imperialismo italiano. E' quel che il fascismo rimprovera ogni giorno alla « vec– chia Italia », ed ha per{ ettamente ragione. Quanto all'antica Roma, di cui ci imbottivano il cranio a scuola, essa ci seccava talmente, era cosi estranea alla nostra vita, che avevamo preso da uno dei vo– stri poeti il verso ben noto: Abbonarsi a.11a. « Critica. 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