Critica Sociale - anno XLII - n. 11 - 1 giugno 1950
140 CRITICA SOCIALE Mentre avevamo sperato che, con la caduta del regime fascista, potesse essere eliminata daWatti– vità dello Stato quella corruzione che aveva allora dilagato investendo ogni manifestazione della vita pupblica e privata, sorgono ora fondate voci che denunciano l'esistenza ancora di un marasma mo– rale che corrompe la vita e disperde le forze fi– nanziarie della nazione. Ci potrà essere anche qua,l– che mania scandalistica neUe denunce che sono avanzate, ci potrà essere il desiderio di compiere qualche vendetta o di trovare il mezzo per uscire da una pes:ante oscurità; ma è certo che le voci che corrono hanno trovato facile credito nell'ani– mo tl'i tutti, ciascuno dei quali è consapevole della effettiva ,esistenza di qualche particofare. E iil peg– gio è che la grandissima maggioranza mostra di non sentire alcun desiderio che la iluce sia fatta sul serio e senza ritardo, che i colpevoli siano al più presto ,eliminati da tutte le forme di pubblica at– tività, che pongono nelle loro mani gelosi e gravi interessi della nazione. Il partito di maggioranza ha 'avuto fretta di porre una pietra sullo scandalo con un ,lodo di probiviri, stilato dopo una frettolo– sa inda:gine che nessuno può prendere sul se:rio. La stessa opposizione di estrema sinistra, pronta sem– pre a cogliere ogni occasione per combattere il Go– vernò e la maggioranza, non sembra questa .volta aver intenzione di impegnarsi, a fòndo, come se si trattasse d'lm affare di scarsissima importanza nella vita dello Stato e per gli interessi e la difesa ~lli~ilioo~~ ' Parrebbe offrire qualche modesto motivo di con– forto l'annuncio che, dopo la minaccia di un peri– coloso acuirsi del conflitto fra industriali e ope– rai, ,ila Confederazione Generale de[ Lavoro abbia proposto' alla Confindustria una t'regua durante la quale- si dovrà cercare di risolvere i motivi di conflitto. Ma la conoscenza degli uomini e l'.espe– rienza del passato ci vieta di trarre da queste cir– costanze qualsiasi motivò di larga speranza. ' Ci sembra non si possa da essa trarre se non la' con– statazione che la Confederazione Generale del La– vo,ro·sente quali sono stati i risultati tratti dailla sua condotta passràta, sulla quale non a'bbiamo bi– sogno di ripetere il, giudizio più volte espresso; si accorge che essa non ha tenuto conto delle forze di resistenza e di aggressione che il padronato a- . veva purtroppo in ben più ampia misura che non la classe lavoratrice, ,e si avvede di aver condotto questa sull'orlo di un precipizio, sul quale sente iil bisogno di sostare per cercar di riprendere fiato e trovare qualche nuovo orientamento. Se potessimo avere speranza che la oonstatazio– ne dei risultati a cui hanno condotto gli errori commessi possa condurre a una profonda revisione dei metodi sin qui seguiti, potremmo anche da questo piccolo episodio trarre qualche motivo di speranza. Ma per il momento non possiamo iar al– tro che constatare l'aggravarsi della situazione in cui la classe lavoratrice combatte la sua lotta di classe ; e se pensiamo che da questa sua schiaccian– te prevalenza iiLpadronato è pronto a trarre tutte le conseguenze reazionarie atte a rafforzare il suo predominio, e se pensiamo quale incoraggiamento gli venga a ciò dal generale spostamento a destra di tutta la politica europea e dalla stessa atmosfera di guerra diffusa dalla conferenza di Londra, è chiaro che non abbiamo davvero motivi per ral,l,e- BibliotecaGino Bianco La e la guerra La sro.mpa d:i esf11ema sinistra si prodiga in que– sti gi·owni con mistic,o z,ero in una nuova offensiva di pace. Essa vu·ole evidentemente riatt,izrore la fiam– ma, troppo presto consumata, della famosa mozi'one prop,osta con varia fo-rfullJ(lai Co'llSvgli Gomunn.li del– la Penisola. L'impronta, infatti, è sempre la stessa: orrol'e e maledizioille delle armi atam1'che. Questa volta la pro,p,aganda social-comunista si s,erve d,i u11 avalto impN!,visfo e illd:iscutib:z'lment,e su,gg,eshi1vo:qu,ello del vesco1J<o d'i Tr11esfeche ha fir– malo U[l!(1 mozione pres,entatagli da un gruppo di ma– dri, nella qoole, tra l'altro, si chiie,de alle maggi'<>ri potenze « l'interdizione assofata .e la di-strwzi'one dell,e armi atomiche e la cr.eazione d,i un rigoroso controllo faterI11aZh1aleper garannfr,e l'applicaz1'one di taEi misure » · E va bene! Non sarò e-erto to oi di1•e che Monsi– gnor Santin, per il quale ho anche 'viv.issi'ma simpa– tia persoI/lal·e, abbia pecc·ato di ingenwttà. Anche pe1•chè rz1conosco che non è facile resistere all'inJo– cazfone delle madri atterrite dalle prospetliv,e di n'uovre e più gravi sciagure. M'Gqwello che suscita in . me _quaZche ragfonevol,e diffi,denza è la vision,e così palesemente unilaterale del problema da parte dei propoll!enii della mozione. . Um'laterole e insid'!'<Jsa. Si direbbe che, su-perstizi-osamenl,e distratN da un aspetto a:ompl:emenf<ar.e, essi. abbiano perduto di V'i– sta N fine ess1e,nziu:le. E vi,ed fatto di' pensare, appun– to, che temano k (!.l'mi atomi,che più· della stessa gu,e·rra, ciò che darebb,e r<l,{/i,one a qu,elU che atlri– bu:iscono all'America una decisì,va superforità nella foro pr,oduzio,ne .. D'altro cwzlo è chiaro. che, tol~e di, mezzo quelle armi, l'Ori,ente d'Europa potne,bbe facilmente assu– mersz' 1'aparte dd~l,eone con l'Occidente, il che rende ruwo,ra molto sintomatfoo ,,11 punto di vi,sta anti-ato– mico. Nè_ ci sembra concludlente 'il richiamo ai gas · asfissianti, gi'à c·ondannati se pure i-nutz'lmente. U,na cosa infatti è il mezzo agg,1.'es-sivo crudele e un'altra il più di,strz1ttivo. E l•e arrpi atomiche appartengono evidentemente alla sie,c,onda categor,ia. Si po,tl'e'bb,e pretendere - questo sì - che no,n fos's.e·ro, imp1'egate èontro fe popolazioni. Ma an,che /le bo-mb.e comuni, che cosi spesso cadono ciecamente 'dal ci-e/~,,sono capaci d(paurose stragi. Ed è strano che gli <;Iftualizekltorl' non abbiano levalo alcuna protesta con<fro i d,ecisiv-i bombardamenti atomici delle città giapponesi. • Comunque, pur. ammettendo la loro più candida buo[l!(1 f.ede, ci sembra lecita ulllll domanda. Ritengono essi che un pa,es:e ingiustamente attac– cato, debba v,edere il propri-o terr-itori0, occu,pato e il proprio popofo soggiogato dal nemico pz1uttosno che usare un'arma che li sallJferebb,e? Sacrificare la propria indipendenza non è, infat- grarci. Tanto più che sentiamo lo sconfortante vuoto prodotto dalla mancanza, sin qui, di una poderosa forza veramente socialista che, sciolta da ogni 0O,mpromesso con altri partiti, trovi nella stretta aderenza aHe classi lav9ratrici, nella ciapa– cità di meritare ed avere Ja fiducia di queste, la forza e la possibilità .di riprendere .quella funzione che swl terreno politico e sindacale esercitò tra il 1892 e il 1915, con tanto onore proprio e con tanto beneficio per il proletariato e per la vita di tutta la nazione. U. G. M.
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