Critica Sociale - anno XLII - n. 11 - 1 giugno 1950

____________ C_R_ITICA SO::...C=l=A=LE==-- _____________ 14_9 toposta alla teoria, ma che la purezza di questa esige un completo divorzio da quella, perchè ogni contatto con essa è per lei una contaminazione. Per ciò, secondo la testimonianza di Plutarco (Mar– cello, 14), Platone rimproverava Archita ed Eudosso di aver utilizzato apparecchi meccanici per la so– luzione di problemi geometrici; il che era per lui un corrompere la dignità della geometria, abbas– sandola dalla sfera dell'intellettualità incorporea a quella della materia, dove è necessario l'ignobile 'e basso impiego dell'opera inanuale. Aggiunge Plutarco che d'allora in poi la mecca– nica restò separata dalla geometria e, per il di– sprezzo di cui la tacevano oggetto i filosofi, di– venne una delle arti militari. Mà neppur così sem– bra aver raggiunta una possibilià di esser tenuta m onore; giacchè (come ha notato Diels, Antike Technik, 29 sgg.) quando Arriano, nel suo resoconto dell'assedio di Tiro, ricorda per ,10me i soldati che montarono per i primi all'assalto, non pensa affatto a dare il nome dell'ingegnere che con le sue macchine belliche aveva prodotto la caduta delle difese. Il disdegno di ogni I lavoro manuale pe– sava sopra la tecnica meccanica e le toglieva il riconoscimento della sua utilità ed ingegnosità: l'in– gegnere partecipava alla sorte degli operai, nella mancanza di considerazione per le proprie bene– merenze. Archimede e l'utilità della mecçaoica. E, secondo Plutarco, lo stesso Archi~ede inven– tore di macchine belliche e d'altro genere, che fan– no di lui il maggiore degli ingegneri antichi,. non . avrebbe considerato tale sua attività se non come un puro giuoco e (asserisce Plutarco)° « non si de– gnò di lasciar scritta alcuna opera sulla maniera di costruire queste macchine belliche, per le quali acquistò allora gloria e rinomanza,· non di scienza umana, ma piuttosto di una specie di sapienza di– vina; e considerando che tutta quel;,ta scienza d'in– ventare e crear macchine, e in genere .ogni arte che apporta col suo us o q ualche utilità, è ignobile e vile (banauson), ·ded' i.cò tutto il suo spirito i.\ il suo studio a scriver so ltanto di cose, la cui bel– lezza e sottigliezza non dipendano affatto dalla ne– cessità» (Marcello, 14, 20). La testimonianza di Plutarco in questo punto va probabilmente corretta, giacchè egli attribuisce al– l'opinione personale e alla volontà spontanea di Ar– chimede ciò che probabilmente era stato per lui una necessità avversa subita a malincuore. E' noto infatti oggi a noi, in seguito alla scoperta fatta dal~ l'Heiberg nel 1906 del Metodo sui teoremi mecca– nici di Archimede, che egli aveva· scritto tale ope– ra procedendo precisamente nella direzione che Platone aveva condannato in Archita ed Eudosso. Archimede aveva riconosciuto l'utilità di trattare di cose matematiche per mezzo di considerazioni meccaniche, giacchè più volte gli era accaduto di scoprire ,primieramente per via meccanica, e poi di– mostrare geometricamente vari problemi. Quindi pensò di applicare sistematicamente tale metodo; e si rivolse ai matematici « presenti e futuri », ad– ditando loro la fecondità del suo metodo quale mez– zo di scoperta e dimostrazione di teoremi non rag– giungibili o dimostrabili altrimenti. Ma pur avendo inviato a Conone di Samo un elenco di scoperte compiute per questa via, affinché le sottoponesse ai matematici di Alessandria, non aveva, neppur dopo vari anni di attesa, saputo che nessuno si fosse occupato nemmeno di uno di quei problemi. Per ciò si decise ad esporre in una trattazione sistematica il suo Metodo ad Eratostene; ma neppur così ottenne di suscitare altra eco che quella tar– diva di Erone e di un commento di Teodosio. Tanto potevano la tradizione chiusa nei vecchi Biblioteca Gino Bianco metodi e nelle idee (platoniche) di disprezzo per tutto ciò che sapeva di meccanica: il pregiudizio contro il lavoro manuale sbarrava così il cammi– no allo stesso progresso scientifico; e si confer– mava in tal modo, per via negativa, quella dipen– denza dell'homo sapiens dall'homo faber, che i na– tura.listi presocratici avevano mostrato per via po– sitiva, attingendo dalle tecniche il suggerimento del– le loro concezioni filosofiche. Tutto ciò, pertanto, ci induce a rettificare le ci– tate dichiarazioni di Plutarco, nel senso che Ar– chimede riconosceva bensì l'importanza scientifica, oltre che pratica, delle invenzioni ed applicazioni meccaniche; ma che i pregiudizi dominanti nel suo tempo lo costringevano a rinunciare alla loro trat– tazioal!, che cadeva nel vuoto dell'indifferenza sprezzante dei matematici. contemporanei, e forse minava la sua stessa autorità nel campo della scien– za. Ma certo, anche rettificato in questo modo, l'epi– sodio conserva tutto il suo significato storico di prova del pregiudizi,o ormai dominante contro il lavoro, manuale e meccanico, e· dei danni che ap– portava allo stesso progresso scientifico. Come nota egregiamente P. M. Schuhl, l'opposi– zione fra attività servili e liberali si converte in antitesi fra tecnica e scienza; e assoggettando gli scienziati a pregiudizi derivanti dalla esistenza del– la schiavitù e dal disprezzo per la condizione e le attività servili, li allontana dalle applicazioni pratiche, facendogliele repudiare come degrada– zione della nobiltà propria della pura contempla– zione (6). Per ciò, come ho notato .altra volta, gli scien ziati antichi, pur quando fanno esperimenti, P.on si curano di lasciar descrizioni degli strumenti i·n ventat_i e dei procedimenti usati: ~on (come cre– dette W. A. Heidel) per motivi di estetica lettera-. ria e di brevità di esposizione, ma per il pregiu– dizio e disprezzo contro tutto ciò che fosse ma– nuale e meccanico, che· impedisce la comprensione del vincolo fra pratica e teoria. Solo il rinasci– mento, da Leonardo ·a Galileo, lo comprenderà, e promuoverà così il maraviglioso progresso della scienza moderna. Un processo analogo a quello del divorzio fra matematica e meccanica si compie pure (come ha notato Farrington) nella separazione fra medicina e chirurgia. La scienza medica era nella scuola ip– pocratica intimamente legata con arti ;manuali co– me la preparazione degli alimenti per la dieta, la composizione delle droghe per i trattamenti far– maceutici, la ginnastica e il massaggio per l'eser– cizio delle attività fisiche, la chirurgia per gli in– terventi operatori. L'autore del trattato De medi– cina antiqua considera ancora quasi come titolo di nobiltà per la medicina la sua origine dalle arti manuali del mugnaio, del fornaio, del cuoco, ne– cessarie alla dieta, e si compiace di chiamarsi ope– raio o artigiano. Ma quando interviene il disprezzo per il lavoro manuale come inferiore e servile, tut– to ciò che ha carattere di -manualità - dalla pre– parazione degli alimenti e delle droghe alle ope– razionj chirurgiche - viene abbandonato a schiavi, infermieri, barbieri, privi delle necessarie cono– scenze teoriche; lo stesso nome di chirurgia (eti– mologicamente: operazione manuale) cade in di– scredito, e interviene, · dopo Galeno, quella deca– denza della medicina che dura ancora fino a Ve– salio, che la descrive vivacemente nella prefazione del suo trattato De fabrica corporis humani. RODOLFOMONDOLFO (continua) (6) Questo ripudio, tipico della scuola platonica, non sarebbe stato esente da contradlzione nello stesso Platone, se si am– mette con Dlels (Antike Technik, 98 s'g.) che egli fosse inven- ' tore di una sveglia idraulica.

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