Critica Sociale - anno XLII - n. 10 - 16 maggio 1950

CRITICA SOCIALE 125 LA POLEMICA SUGLI lNVESTlMENTJ La stampa quotidiana, così refrattaria nel pre– stare spazio ed interesse alla discussione di proble– mi di politica economica, da un paio di settimane a questa parte sembra voler annunciare un muta– mento di tendenza di cui siamo i primi a rallegrarci. Non c'è infatti giornale che non dedichi un po' di quello spazio cosi preziosamente coperto dalla cro– naca nera, alla recente polemica tra La Pira-Fanfani da un lato, e Malvestiti dall'altro, nonchè al diver– sivo (:he ha offerto il Presidente della Confindustria col suo intervento dei dieci punti. La polemica, ·pur essendo formalmente in corso, ha già esaurito la sua funzione: con la precisazione dei relativi punti di partenza ha chiarito i motivi della divergenza dei punti di arrivo. Il suo prose– guimento, a parer nostro, non potrà che aggiungere particolari insignificanti o profondere nuovo umo~ rismo, di buona o cattiva lega che sia, piacevole forse per il lettore comune, ma inutile alla discus- ~on~ · E' per questo che non riteniamo prematuro infor– marne i nostri lettori ed esprimere il nostro punto di vista sulla questione. I termini della po]emica. Sul primo numero della nuova serie Cronache so– ciali l'on. La Pira ha trattato sotto il titolo « L'attesa della povera gente » il problema del pieno impiego in un modo di cui il meno che si possa dire è che è originale. Consigliamo pertanto l'articolo ai nostri let,ori, perchè è la prima volta cqe il proble!Ila del pieno impiego è spiegato in forma così accessibile e sen– timentale e religiosa. Non intendiamo diminuirne, l'importanza dicendo che ci è apparso nello stile e nel tono una forte e ben costruita predica dome– nicale. Certamente l'on. La Pira non è un professore di economia, ha però assimilato dalle letture del Be– veridge e del Keynes quel tanto che gli serve a suf– fragare col parere autorevole di queste profane per– sonalità del mondo dell'economia le sue interpre– tazioni del Vangelo. Detto questo, abbiamo anche detto che cosa in– tendeva dichiara·re l'on. La, Pira con il suo articolo: responsabilità della collettività e quindi dello Stato, del governo, a fornire ad ogni individuo un lavoro; di là maggior,i investimenti e, se occorressero, an– che le famose « buche». Ha rispost~ a La Pira l'on. Malvestiti con un ar– ticolo ap.parso sulla Via del 22 aprile. L'autore nega l'assunto evangelico del pieno impiego, sostenendo il solito argomento dei cosiddetti economjsti clas– sici, che queJl•o che conta in una collettività è il massimo del reddito nazionale e che questo massi– mo è raggiunto attraverso il funzionamento del mer– cato e , dell'iniziativa privata, anche se temperata da una azione dello Stato in sostituzione o a com– plemento di essa. Se il mercato poi consente l'esi– stenza dei disoccupati, ebbene, ,!)isogna accettare la cosa come, un male minore e porvi riparo con forme varie di assistenza. Comunque, pur negando il prin– cipio del pieno impiego, Malvestiti difende energi– camente l'operato del governo e chiede ai critici proposte concrete di investimenti e cifre sul loro ammontare con la dimostrazione che tale spesa non provocherà un processo di inflazione. E' intervenuto allora l'on. Fanfani con due arti– coli su 24 Ore, intercalati da un altro dell'on. Mal– vestiti.. Da questi• tre articoli, sfrondando la parte puramente polemica, si possonò precisare le rispet– tive posizioni come segue: 1) !'on. Fanfani ritiene che i 1500 miliardi di BibliotecaGino Bianco investimenti contemplati nel bilancio dell'anno fi– nanziario 1950-51 siano insufficienti ad , assorbire quel « tanto » di disoccupati ritertufo necessario a giustificare un'azione di governo socialmente utile per la collettività. Egli ritiene çhe occorrano e che si possano spendere senza pericoli, in un'ulteriore massa di investimenti, 600 miliardi. Quaµto alla loro . destinàzione, ritiene che i ministeri abbianò pro– getti già pronti e comun.que, se non ci ·fòssefo (è molto più probabile questa ipotesi, non solo per i nuovi 600 miliardi ma per gran parie de.i 1.500J un ministero ad hoc si occupi di predisporli; 2) l'on. Malvestiti ritiene invece che il governo ha spi-n,to sino all'ultimo Iimite di rottura l'equilibrio fra spese pubbliche (investimenti produttivi com– presi) e reddito nazionale; qualunque ulteriore spesa' porterehbe ad un .aumento dei prezzi senza porfare sollievo alla disoccupazione. Si affaccia anche, nel testo dell'articolò, la preoccupazione, e fors'anche si pensa alla loro 'inoppòrlunità, per ulteriori' inve– stimenti pubblici in rapporto a quelli privati.· Fra queste due posizioni si inserisce il dottor Costa con i dieci punti a forma di domande poste 1 al governo, la risposta affermativa alle quali do– vrebbe, secondo l'Autore, indicare la via da seguire per realizzare il· benessere nazionale. I punti, più ·che domande a sé stanti, sono tante proposizioni, gran parte delle quali (sino alla settima) perfetta– mente accettabili. Esse tendono, attr;:iverso un paio di sillogismi, a far accettare al governo: 1) l'idea della «· utilità >> degli investimenti privati e del « dan– no>> di quelli pubblici; 2) una politica che consenta all'industria, il solo settore che veramente possa as– sorbire la gran massa dei disoccupati, di ridurre i salari, di qttenere ridu~ioni negli oneri fiscali, di ottenere un rallentamento nel processo di liberaliz– zazione degli scambi. Contro queste richieste il presidente della Con– findustria offre la promessa di una maggior occu– pazione derivante da un « sano >>incremento della attività produttiva, da maggiori investimenti pri– vati resi possibili dalla aumentata disponibilità del risparmio nazionale liberato dall'onere di servire le attività ,pubbliche, ma so,prattutto da, maggiori faci-, litazioni creditizie. E' iri breve il meglio delle tesi Fanfani e Malvestiti ad usum della Confindustria. L'on. Malvestiti, forse avvertendo il pericolo di una interpretazione troppo traslata della sua tesi, ha tem– pestivamente risposto, semp·re su « 24 Ore », formu– lando _una serie di ragionamenti in difesa degli in– vèstimenti pubblici, del livello dei salari' ecc., ma lasciando le cose al punto di prima: niente spese dello Stato nè a favore degli investimenti pubblici nè a favore di quelli privati. I !!IOciaJistie la politica del pieno impiego Stando così le cose, questa polemica, a parte la rinomanza delle persone che vi partecipano e che può .far .prevedere svilup,pi di carattere politico, per i nostri lettori non può offrire grande interesse, nè . aprire nuovi orizzonti. Infatti, la politica del pieno impiego figura nel programma elettorale dei partiti socialisti e da più di due anni la nostra rivista insi– ste sulla necessità di maggiori investimenti pubblici. I nostri simpatizzanti sanno che con l'esistenza net nostro paese di un potenziale produttivo inutiliz– zato, costituito da impianti industriali inattivi, da terreni incolti o non sufficientemente concimati, con la possibilità di ricevere dall'estero le materiè · pri– me necessarie e l'indispensabile complemento di macchine, c'è ampia possibilità obiettiva di assorbi– mento di varie centinaia di migliaia di disoccupati senza che l'economia nazionale precipiti irrimedia– bilm~nte nel baratro di una catastrofica inflazione.

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