Critica Sociale - anno XLII - n. 10 - 16 maggio 1950

124 CRITICA SOCIALE equilibrio, che per altra via nessuno c in nessun modo potre-bbe esercitare. In questa situazione ci auguriamo fervidamente che il'Inghiltetra voglia rivedere con un esame approfondito, e con estre– ma sensibilità dei pericoli sovrastanti, la sua po– litica nei confronti dell'Europa. Evidentemente il rischio di una guerra sarebbe pernicioso alla sal- dezza dei suoi rapporti con il Commonwealth e alla continuità della sua politica riformatrice as– sai più che non possa essere una limitazione di libertà che essa accetti di imporsi per una parte– cipazione ad una più stretta iritesa europea. Purchè però non siia ormai troppo tardi. V. G. MONDOLFO II-' VERO SENSO DI UNA SENTENZA Anche la sentenza G1·az•iani,venuta a concludere un,a lunga ,e confusa viocenda giudiziaria, ha pro– fond'<Nllente impressionato l'o.p11nfonepubblic(ll. Ep– pure sol,tan:to gli ing,enui potevano aspettarsi qual– cl~e.cosa di molto div·erso. Non è forse, questo-, l'ultimo di urca serie di giu– dizi caratterizzati da un'z'ndulg,enza oosì univoca da appa11il'e intenzfonale? Chi non ricorda i prociessi Borghes,e, Roafta, Ricci ,e, tanti a/111i .anoora? Devol•ezza, condiscel/Jdenza, desiderfo di ricvlllci– liaz i o'n:C ? · Haibent sua side-ra lites dice ,il vecchi'o adagio, cosi familiare agli avvo•cati. Ma nei processi dlei ge– rarchi fascisti la steli-a è una sola e versa fil.lfTli di .oblio a· gettito continuo. Eppure il generale Be– roudo ,N Pralormo è certo un soldato severo- e ha scritto belle pagine niella storia della liberazio·ne. Vediamo dunque se è possi 1 bile trarre. anche da qwest'a ·sconcertante s,entenza un senso che plachi un così d,i{fuso turbamento e mitighi la nostra in– tima amarezza. Non soendiwn,o natumlmente all'esame delle di– verse imputazioni. Sanno ,i penalisti come sia deli– cata e comples§a la materia di ogni causa e co1ne spesso sembrino vere le cose più discordan/.i. Una ser_ia critica non potrebbe, ·dunque, essere giustifi– cata che d,alla approfondil,a conoscienza degl,i alti. Questo piuttosto mi sembra fuori discussione: che il generole Graziani personificò una delle più tre– mende responsabilità della 'tragedia italia·na. E mi · interessa sino- ad U/IJ c1erto punto dz' saper.e s~ abbfo e,ffetti-vamente trasferito gli ufficiali al no·ro o se ab– bia ,concorso al reclutamento degli operai per il lavoro forza,to ,in Germania. Egli era i-I comandan-te 'dell'e– serc-Ho repubblichino, si è schierato co•i fascisti e' col ledeschi, ba animato la persie•cu:lll'one dei parti• gi'ani, anche se gU ordini ·a qu,esta o a quella bri– gata non podano la sua fi11ma. · Tremenda 11espo1nsabilità, dicevo, e come tale s_em– rbra anche a me che !dovesse meritar.e una bien più gmve san:zio11Je. M a non tan to, s'intende, perchè fosse sodd,isfatto. il desider.io , inferi-ore, di un più aspro oosUg·o pers, o·nale, .qua nto perchè si evit-ass 1 e la minimizzazione dei suol delitti. Minimizzazione che appare tanto più stralliCIal confro,nto della se– verità generalmente usata con chi pecca co-ntro il patrimonio dld .privati; quasi che la vita d,eHe crea– ture ,c,onrosse men10 delle loro fortune e i sacrifici, se moltiplioop e collettivizzali, si spersonalizz-ass,e– ro ·e pesassero m,eno. E' fnn,eg.abile p,e,rò che il giudizio -moral,e del ge– nerale Graziani ·è fatto e, qualunqu,e possa essere la sorte delle contrast.anti impugnazioni della senten– za, può ben esse11e ritenut•o irr,ev-0oabile. La Demo– crazia, infatti, non può che considerarlo uno dei suoi nemici; la Patria, se il suo senso è più nell'o– nore e nella ~z1bertà che nella g,eografia e negli ido– li, non può che annov.erarlo tra i suoi '.traditori: le madri delle vittime •innocenti non posso1110. che far risalire in gran parte a lui ,il loro dolor-e. Ma quanti i&llianJI'hanno -il ,Nritto di ~ontesta– re la sentenza di R,oma e di gridane all'ingiustizia? BibliotecaGino Bianco Avete letto il di-scorso- final,e dell'imputato sulla patria, nella cronaca dell'ultima udienza? Esso assomigl<ia, ahimè, tn modo impressionante ai saggi di quella retorica che ha infeslai'o per oUre vent'anni il nostno paes,e e clie purtroppo conserva a·ncora un, suo pericoloso potere di suggestione. Non c'è dubbi'o: il Tribunaf.e militare l1a appli– ooto la dim1'nuen~e prevista per chi/ abbia agito· pel' particolari motivi morali e sociali. Ma allora si può amare la patria allo stesso modo collaborando con l'invasore e sub-endo le sue tor– ture; condividendo la como,da vigili'a dei campi di addestramento e va rcand o à schiena diritta le. so– gfi.e delle camere a g.as; scegliendo l'avventura t.er – rib111lmen~e inc,erta. della monJagna e accettando l'o– bolo di G.iuda. Ma dunque la patria non è che un simbolo, vuoto al quale ciascuno può dare il conte– nu~o che gli piace: di bene o di male, di sacrificio o di vanità. , Ecco 'qual'è il senso• più amaro della sentenza Gra– zi-ani e dell.e alt11eche l'hanno prec,eduta! La pena n:on importa; g li anni di reclusione, po– chi o tanti, impallidisco.no. E' questo equivoco pa– radossale c he veromente c i sb:igottisce e disori-enta. E' qu,esta rélatività delle cose sacre, questa ambigui- tà dei valori assoluti. · E siamo giusti, a co-sto di soffrir.e di più, secondo il dovere più d~lfoato. e necessario di quest'ora: che cosa possi'airno domandare ai g,iudicati se i giudici stessi sono così dubitosi e inc.erti? Non sanebbe stato meglio allora segu.ire il mio consiglio •e rinunciare ai processi personali, badan– do soltanto ,a una coscienziosa 11iparazione alla col– leWvifà? Tanti anni di milizia fascista, altrettanti di so– spensione dei diritti politic.i; tanti anni di funzioni e responsabi-/.ità gerarchiche, altrettanti di sospen– sioni dei diril(i civili. Lezione spiètata non meno che educativa. Non re– pressione, ma edificazi,one e profilassi. Comunque, non è tempo di recriminazioni. Pensi-amo piuttosto che .i piccoli uomini ,passano e con essi i molti Gra– ziani. Resta l'uomo: sac110, immortale. E quello che più conta è di essere giusti con lui. Di non offenderlo-, di 1110n scandalizzarlo, di non demoralizzarlo. · Ma esso non è un'astrazione; vive in ogni crea– tura che nasce, anche la più umilè. Nella sua digni– tà, nella sua libertà, nelle sue speranz.e. Ed è in no– me· di queste cose, soltanto di esse, che 111oi dobbia– mo ricorrer.e in appello contro quest'altro spinoso giudi:z,io. ' E venga così la l'edenzioni di tutti, a11Jchedi Ro– dolfb Graziani, generale d,egradato, cittadioo in gi- nocchio. · Solo una forte, intransigente Democrazia, infatti, potrebbe compiere que$to miracolo. E di ess-0 certo m?ssuno avrebbe ragione di dolersi, cristiano o so– cialista che sia. Facciamo dunque di essere degli apostoli più che dei giustizieri. ANTONIO GREPPI

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