Critica Sociale - anno XLII - n. 9 - 1 maggio 1950
CRITICA SOCIALE 111 devono rendersi conto che un'Europa debole è una malata contagiosa nel mondo. f) Le strade per giungere all'unità economica europea non sono - prese ciascuna a sè - quelle alternative di un totale liberismo o di un totale di– rigismo. Occorre profittare parallelamente dei van– taggi di un'economia di mercato e dei vantaggi di una ,pohitica economica consapevole dei gruppi na– zionali. Occorre quindi cooperare a stabilire mo– delli istituzionali nuovi, per risolvere i problemi nuovi, in modo che la cooperazione internazionale si assida su basi confacenti dle trasformazioni strut– turali che il mondo economico ha subito. E d'altra parte molti semplicismi devono essere scartati. Le soluzioni che pensano ad un'Europa perennemente assistita sono illusol'ie,, come sono illusorie quelle che pensano ai lontani orizzonti di riequilibri 'auto– matici. E' giocoforza che quest'opera di ristabili– mento dei rapporti multilaterali sia condotta con sistemi più artificiali e più graduali di quanto pen– sano certi impazienti liberisti ad oltranza. Nelle incondizionate proposte liberalizzatrici occorre di– stinguere quale parte di esse può rappresentare un efficace ripristino di incentivi, e quale un dispe– rato e costoso abbandon·o di ogni tentativo di coo1·– dinamento, preludio inevitabile a nuovi e più osti– nati restrizionismi. Non basta abbattere controlli per - riportarsi automaticamente a equilibri complessivi più soddisfacenti. g) Per l'avviamento a un più largo e unico mer– cato europeo devono pregiudizialmente eliminarsi le maggiori differenze tra le politiche economiche dei diciotto partecipanti, tra i programmi e le ca– pacità tecnico-amministrative dei singoli Paesi, ma anche le differenze più evidenti d1 capacità red– dituale derivanti da sproporzioni dei beni strumen- tali a disposizione di ciascun Paese. ~ h) L'Europa occidentale deve avviarsi decisa-· mente ad un'economia più efficiente di quella at– tuale, e eliminare gli ostacoli che indeboiiscono le sue facoltà di sostenere la concorrenza coi mercati esteri: deve quindi aumentare le proprie capacità a produrre beni e servizi per potersi dotare di beni strumentali adatti. Ciò rende indispensabile che essa non aumenti sensibilmente i prQpri consumi. Vi è un programma di austerità che dovrà essere ri– spettttto da tutti i Paesi europei per molti anni, in una responsabilità comune. Ma tale responsabilità comune deve estendersi anche, per tutta la zona O.E.e.E., a quell'alta e costante occupazione umana che i Paesi" partecipanti si sono impegnati di con– servare. i) Non è mio compito in questa sede affron– tare il tema del come giungei:e all'unità economica europea. Ma è certo che l'alternativa tra il perve– nirvi o no non si pone, giacc'hè l'una strada - quella della persistenza di diciotto autarchie - equivale al suicidio, e io penso che non ci siano propositi deliberati di suicidio. Fon;e sarà neces– sario abbandonare, da un lato ogni residuo di na– zionalismo romantico, ·e dall'altro certi troppo ro– sei sogni di cosmopolitismo liberal~. Bisogna giun– gere a forme concordate di limitazione delle sovra– nità nazionali, a una concert,ata unità che si ar– monizzi nella varietà dei gruppi na_zionali. Tra unità e 'varietà non vi è opposizione necessaria; qui si tratta, non di organizzare una lotta, ma un equi– librio. Ciò che è indispensabile è che non andiamo avanti alfa cieca, perchè nessuno scienzLatÒ ha mai saputo calcolare il tempo necessario allo struzzo, perchè mantenga la propria testa nella sabbia fino a che sia cessato il pericolo. Occorre creare forze di per5uaslone imponenti, prima che sia troppo tardi. Una civiltà impiega secoli per essere edificata, ma può distruggersi in brevissimi decenni. Gli europei devono pensarci. ROBERTOTREMELLONI BibliotecaGino 1anco Fuori dagli equivoci 25 aprile... 1 maggio... Due date che ide~lment_e s'intrecciano e nelle quali si riassumono e s1 subli– mano i valori della giovane Repubblica italiana, d~lla nostra ancora incerta e crepuscolare democrazia ... La Resistenza che altro è stata, se non la riafferma– zione di questi e< perenni valori di libertà politica, civile, religiosa, in~e/.l'ettuale » - per dirlo_ con le parole solenni,. e pure misurate, della moz10ne del Convegno di Venezia: « La Resistenza e la cul!ura »_ - che costituiscono per l'appunto l'essenza d1 ogn~ vera democrazia? cc Nella fedeltà di ognuno a quegli ideali. .. la Patria risorta ravvisa ì'auspicio di un migliore avvenire, garantito dal costante rafforza– mento delle sue istituzioµi democratiche e dalla pe– renne incolumità da ogni servaggio e da ogni tiran– nide ». L'alta e ammonitrice parola di Luigi Einau– .di es,prim e, in s intesi ardita e felice, l'essenza di una data. che,, do.po cinque anni, al di sopra di ogni po– lemica e dii ogni i,nte·rpretazione particolare, è final– mente assurta a celebrazione di unità nazion!lle. Il 1 ° maggio rappresenta l'altro termine di un bi– nomio indissolubile nelle democrazie moderne: il la– voro. Il lavoro libero, il lavoro cosciente della sua missione, il lavoro che aspira ad elevarsi a capacità di classe politica dirigente. Senza coscienza e capa– cità di autogoverno, non vi è classe, ma gregge. Senza autoeducazione ed autocritica, non vi sono stimolo e passione costruttivi, ma soltanto fanati– smo o sterile ossequio ad una dogmatica supinamen– te accettata. Ovunque il lavoro approfondisce la sua coscienza· e· la sua capacità, attinge alle virtù disci– plinatrici e formatrici dell'autoeducazione, esso è-il ne1·bo delle democrazie e il presidio delle libertà. L'omaggio reso dal Capo dello Stato alla salma di Giuseppe Massarenti, così toccante nella sua _spon– taneità, volle per l'appunto significare che lo Stato italiano democratico e repubblicano è aperto alle forze nuove, le quali già, nella scia della tradizione liberale del Risorgimento, senza rinnegarne lo spi– -rito e i valori, ma integrandoli ed arricchendoli delle esperienze di nuovi ceti pervenuti. alla matu~ità ~el– la vita pubblica, seppero elevare il proletariato ita– liano a dignità di popolo. . Quel processo, che il fascismo si illuse di aver_e spezzato, oggi riprende, se pure lentamente e fati– cosamente, e si riapre la strada fra le macerie di un triste passato e le sopravviventi incomprensioni e preoccupazioni. La pienezza di una ,democrazia radicata nelle co– scienze, forte del consenso e della parteci,pazione attiva dei cittadini alla vLta pubblica è dii un ricono– scimento ~on reiorico della lioertà e dei suoi limiti - e cioè della tolleranza delle opinioni discordi, nell'affermazione rlei reciproci diritti e doveri delle maggioranze e delle minoranze - è ancora, è vero, un'aspirazione. Troppi equivoci ingombrano tutto– ra il cammino, e la critica socialista ha il dovere di segnalarli alla meditazione degli italiani since– ramente democratici. Equivoci vecchi e nuovi, che affonda·no le lor·o radici in motivi lontani e recenti della nostra storia: nel facile trasformismo - do– loroso fenomeno diseducatore ! - ereditato da se– coli di oppress ione e di inferiorità economica, e quindi politi.ca, come nel camuffamento delle idee e degli atteggiamenti, che nei diciotto mesi dell'oc– cupazion.e nazista si è· manifestato so,Uo la specie del doppio e triplo gioco. Si deve sostanzialmente a questa indiscriminata tramutazione l'intrusione di una pesante zavorra nelle file della Resistenza, dapprima, e dei partiti politici, successivamente; troppo disinvolta, scetti– ca, irridente, unicamente ansiosa di conservare le posizioni arraffate durante il fascismo e in virtù · del fascis010, o di ghermirne altre, profittando del-
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