Critica Sociale - anno XLII - n. 9 - 1 maggio 1950
116 CRITICA SOCIALE La tradizione socialista Il principio mora.le della solidarietà ha fatto scomparire i contadini privilegiati che per ragioni varie (quasi mai tec– niche) ottenevano occupazione continuata a scapito dei com– pagni di lavoro. Così il principio, pure a contenuto morale, del minimo bilancio familiare ha dato èonsistenza, e valore all'imponibile e alle altre ,regolamentazioni sindacali. Pe– sante, se si vuole, tutto questo; ma necessario. Ii primo be– neficio è stato quello di un equilibrio sociale di una certa co1s1stenza. Forzato magari, ma pur sempre equiJ.ibrio. Cosa sar:bbe avvenuto in questo paese povero e sovrapopo– lato, sotto l'imperio di un liberismo che lasciasse la deter– minazione dei salari alla legge della domanda e dell'offerta oppure sotto una politica sindacale svolta senza la base della solidarietà e uguaglianza tra i lavoratori? E' facile immagi– narlo: privilegiati e affamati, cioè anarchia e caos. Identica ispirazione ha questo indirizzo di riforma agraria. Ecco per– chè i fanatici della piccola proprietà si trovano unifi a coloro che considerano. la politica come continua agitazione e sus– su.lto di piaz~a. I primi vedono solo i nuovi contadini pro– prietari. I secondi vedono solo i contadini che rimarranno senza terra e senza ùavorn. Nè gli uni nè gli altri vedono, o vogliono vedere e capire, che i costi di una tal riforma aggrav.ano la rrdditività ànche delle nuove piccole aziende. Gli uomini responsabili del socialismo italiano devono ispi– rnrsi alla tradizione e alla esclusiva considerazione degli in– teressi permanenti di tutta la massa lavoratrice. Vedranno, allora, che non bisogna cambiare la politica impostata da Sa– moggia, Bissolati, Rocca Pilo, al Congresso di Firenze del 1895. Di tale politica fu data a.Jlora una spiegazione non fe– lice; ma la scelta, sebbene fatta d'istinto, fu la giusta: aiu– tare tutti i lavoratori contro il capitalismo, aiutare i lavo– ratori poveri o disoccupati contrn quelli ricchi o pri,vilegiati. E i,l,Partitò raccolse rapidamente la .fervida adesione di tutti i contadini, sebbené si trovasse qualche voi tè a dover rego– lare lotte, che dirò intestine, fra categorie diverse. Non deca politica svolta alla giornata, ma visione elevata delle pro– prie funzioni e de\ proprio destino. •Piccoli proprietari, pic– coli affittuari, coloni e mezzadri, compartecipanti, salariati, braccianti, tutti beneficiarono del socialismo e delle sue or– ganizzazioni sindaca.li e cooperative. Più di tutti i più dise– redati, i braccianti. Ora si .vuole cambiare strada: ristabilire la figura del con– tadino privilegiato {il fortunato che avrà la terra in base alla riforma fondiaria, oppure avrà riconosciuta la stabilità del– l'impiego in base alla riforma dei contratti). E siamo alla solita manifestazione tipicamente capitalisti~ di- schiàcciare ' sempre pi,ù il nu,lilatenente. Al contadino ricco, che ha potu– to accumulare e quindi J?UÒ pagare la terra; che ha, in. manti un contratto (e quindi non è disoccupato) si spiaria la strada con ulteriori privilegi. A scapito della borghesia terriera? Forse anche, ma senza dubbio a scapito dei contadini poveri e disoccupati. Non per la proprietà terriera ci sentiamo di spmdere una parola che vada. oÌtre la fredda considerazione delle sue funzioni nella società capitalistica; ma per i lavo.– ratori diseredati che la riforma colpirebbe. Non mi riesce di vedere questa riforma agraria democri– stiana in modo diverso da quello esposto. La. netta imposta– zione antil-iberale e antisocialista fanno di questi progetti us tent.ativo borghese di involuzione medievàk del capita- lismo. 1 / Da quale pàrte starà il socialismo italiano? ALDO PAGANI Rinnovare l'abbonamento e, se è possibile, Fareunabbonamento s stenitore Così si può assicurare· la vita della rivista Biblioteca Gino Bianco Una vecchia idea di Turati « La democrazia, senza la cultura di chi deve eser– citarla, è un nome vano, ed il socialismo stesso può diventare un'utopia· pericolosa per le condizioni mentali di coloro che dovrebbero esserne i prota– gonisti ». Sono parole c\i un mem0rabile discorso pronun– ciato da Filippo Turati al Congresso Nazionale del!P. Biblioteche Popolari, che si tenne a Roma nel di- cembre 1908. · Parole calzanti alla situazione di allora, come a quella attuale ed ,mche a quelle avvenire, poichè in– dividuano un coefficiente di validità per le forme politiche verso le quali sono avviate le società m1>– derne. La democrazia riman'e un'ipotesi costituzio– nale se la Repubblica non assolve il compito a cui si è deliberatamente impegnata di « rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limi– tando di fatto 1-a libertà e l'eguaglianza dei citta– dini, impediscono 'il _pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva_partecipazione all'organizzazione politica, economica e sociale del paese » (art. 3). Che fra i primi ostacoli da rimuovere ci sia, con la miseria, l'ignoranza, non c'è oggi chi non veda_ L'aveva già visto, settant'anni fa, il Condorcet: « La societé doit au peuple une instruction publique com– me moyen de rendre réelle l'égalité des droits, pour ne laisser subsister aucune inegalité qui entraine la déipendance, pour éviter la tyrannie ... ». Il socialismo diventa un mito allucinante se non è sostenuto da una cultura largamente diftusa, pre– messa inderogabile di quella coscienza sociale, che deve fare dei lavoratori i soggetti consapevoli e ope– ranti della realtà socialista, la quale non può es– sere elargita, ma deve essere conquistata. Parole ovvie, dunque, idee comuni, vecchie, morte - esclamava con amarezza Turati - « fossili del nostro patrimonio intellettuale, perché, in fondo, tutti coloro i quali ripetono che l'ignoranza va combattuta, in gran parte si comportano come se questo non fosse vero e come se gli altri interessi preminenti su questo siano da conseguirsi a prefe- renza nella vita sociale-». · Così ammoniva Filippo Turati oltre 40 anni fa e bisogna convenire che la sua rampogna è più che mai attuale e va a tutti, secondo una responsa– bilità scalare che spetta agli uomini colti in genere, ma in ispecie agli uomini politici, agli esponenti deii partiti e delle classi dirigenti, che « altri inte– ressi » perseguono a preferenza di questo e quando sono ben intenzionati mirano a migliorare l'apparato sociale e non l'uomo che lo dovrà animare. Una conferma - se di conferme c'è bisogno - : si sta varanido una riforma della scuola, segn.o che la scuola va male, nevvero? Ebbene: la stampa quo– tidiana tace o v-i accenna ;per inciso; i partiti non . ne parlano; le organizzazioni operaie non se ne oc– cupano; i soli che se ne interessano sono i funzio– nari della scuola, gli insegnanti, come se la scuola, la scuola pubblica, fosse un problema di categoria e non un problema soc_iale, un problema che investe gli interessi di tutta la collettività, interessi morali essénziali e interessi materiali determinanti. Eppure il quadro da cui moveva Turati, nelle sue aspre critiche, nelle sue acerbe invettive, nelìe sue appassionate invocazioni, non è di molto mutato. Adesso come allora, la scuola elementare è ina• dempiente: in molti casi si limita ancora a pro– sciogliere dall'obbligo scolastico dopo le prime tre classi elementari, rilasciando « uno straccio di cer– tificato che è una vera finzione giuridica, un fatto puramente anagrafico che non bisogna scambiare con un fatto intellettuale e morale ». · Per cui è ancora assai diffuso il fenomeno delfa cosi detta mezza cultura la- quale « in realtà non è che la decima, la centesima parte della cultura »
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