Critica Sociale - anno XLII - n. 7-8 - 1-30 aprile 1950

CRITICA SOCIALE 93 nitense. Di qui l'esigenza, riconosciuta del resto dal famoso punto IV di Truman, di chiudere questo venta,glio di curve, dJ ,ravvicinare le capacità red• dituali, di iniziare una vasta e complicata politica di interventi conformi, la quale caratterizzerà la seconda metà del secolò se avremo la fortuna di non vederla insidiata da guerre. Ma tor~iamo al nostro nilancio europeo. Per dire che gli europei hanno bensì raggiunto all'incirca i1 livello medio di consumi del 1938, ma che la loro capacità futura a produrre reddito è molto più fra– gile e densa-- di incognite di quanto non fosse nel– l'anteguerra. Essi si ritrovanò a faticare in un mon– do dove altri pQpoli faticano con rendimenti assai maggiori nella stessa frazione di tempo e con lo stesso sudore. Essi dedicano agli investimenti una porzione più elevàta del loro reddito che nel 1938, ma non riescono a risparmiare quanto basti a dimi– nuire il divario stumentale con altri paesi e neppu– re a migliorare adeguatamente e costantemente le loro attrezzature produttive. Sono lontani da altri i quali, non solo hanno corso, ma hanno capaci– tà di correre di più. E d'altra parte, gli euro– pei mangiano e vestono pressappoco come nel– l'anteguerra, ma dormono certamente peggio; la for'lllazion.e di un lor-0 ,patrimonio edilizio ade– guato richiederà decenni; essi non riescono ad offrire possibilità continuate di vita attiva ad alcuni milioni di persone .che, pur essendo potenzialmente capaci di lavorare e avendone la volontà, restano a carico della pubblica a_ssi– slenza. Essi infine non riescono ancora a pagare con beni e servizi quei beni e servizi che sono costretti a comperare in zone esterne. E hanno im– prese che, in relazione alle· esigenze odierne, sono male ubicate, male dimensionate, male attrezzate; hanno milioni di uoJnini noq ancor portati, dal •cantinato pròfondo dell'analfabetismo e della squa– lifica professionale, al primo piano dell'istruzione e dell'educazione al lavoro qualificato. Hanno popo– h,zioni crescenti, e in territori dove la densità de– mografica è altissima, e dove l'agricoltura libera, anzichè assorbire, mano d'opera; ma non riescono a convogliare un'emigrazione adeguata. I problemi che si pongono a questa nQstra Europa sono davvero incomme.:isurabili, e ci fann@ ammu– tolire quando li mettiamo a petto dei cospicui ma inadeguati progressi "di questo primo lustro post– bellico. Comunqµe, se nel quinquennio del dopoguerra gli squilibri europei non si sono risolti, qualche passo si è fatto .verso la loro solnzione. Il biennio ERP ha dato quella che è stata chiamata « una buo– na partenza». Vedremo ,più avanti i propositi per il secondo biennio che concluderà l'esperimento del– l'ERP. Per H 1952, che era considerato come la tappa di arrivo, avremo fatto dell'altra buona strada, ma, come vedremo, saremo ancora ben lontani dalla mè– ta. Quelli che si dilettano di profezie parlano ora - per la viabilité europea - di un'altra data di scadenza, del 1955, ma io credo che sia sommamen– te azzardato inserire 'delle date in questo singolare periodo di prevedibili e imprevedibili trasforma– zioni. ROBERTO TREMELLONI (Continua). La. redazione e l'amministràziooe della CRITI– CA SOCIALE partecipano al lutto del Direttore, on. prof. Ugo Guido Moodolfo, per la. morte dèHa sorella. Biblioteca· Gino Bianco Triestefra l'Italia e Tito Domenica dunque avranno luogo nella zona B le elezioni. Tito vuol porre evidentemente, non tanto l'Italia, quanto gli alleati occidentali, di fronte al fatto compiuto per quanto riguarda la sua inten– zione di annettersi la zona B del Territorio Libero di Trieste. Quest'atto, che riporta bruscamente in scena, sul piano internazionale, tutta la que11tione di Trieste, in un momento in cui nessun'altra ra– gione di politica estera consigliava a nessun paese, nemmeno all'Italia, di riprenderla, proprio mep.tre il conflitto di Tito stesso con il Cominform si acui– sce ancora una volta e mentre corrono voci di un intensificarsi deil'azione russa contro i deviazioni• sti jugoslavi, ha forse un valore politico che va oltre quello, per noi importantissimo, ma per gli altri paesi secondario, della questione territoriale. E non diciamo nulla del valore umano della cosa, delJ.e coartazioni della libertà da parte dclla dit– tatura titoista nei confronti delle popolazioni ita– liane, alle quali evidentemente i « grandi » non at– tribuiscono che una importanza ben limitata. A breve distanza dalle elezioni jugoslave, che hanno avuto iì risultato, non già di sanzionare con il voto popolare il governo che regge il paese, ma quello di consentire a Tito una pulizia degli ele- .menti poco sicuri della sua amministrazione, il go– verno jugoslavo tende quindi ad un'azione di po– litica estera .~be mira evidentemente ad accrescere ii suo prestigio nel senso del nazi,onalismo tante volte affermato (che è stato causa della rottura con il Cominfo,·rn) e potrebbe anche, nello stesso tempo, costituire una prova delle possibilità che esso ha di ottenere 1'11.ppoggio degli occidentali, non solo sotto form;a di aiuti per resistere all'invadenza rus- · sa, ma in quella più positiva di una solidarietà in caso di rivendicazioni, che starebbe a mostrare co– me la politica di Tito, di indipendenza dai due blocchi, sia fruttuosa per il suo paese. E gli occidentali hanno ben capito, dal punto di vista della realpolitik, la questione. Tanto che, se pure i governi interessati non hanno ancor preso · una posizione precisa in proposito (ma il fatto che non si sia detto nulla di preciso sulle elezioni nella zona B ,può già essere cons·iderato una presa di posizione non impegnativa), la sta1tipa, e special– mente la :stampa inglese liberale e conservatrice, ha chiaramente espresso quella comprensione. Trieste torna così ad essere un ,puin.to importante su scala mondiale, ·come era stata al momento della stesura del trattato di pace italiano, nel 1947, ma in una sit1:iazione del tutto cambiat'a, con nuovi rapporti di forza e di interessi. La soluzione del problema di Trieste. La fine della guerra aveva trovato Tito nella po– sizione di primogenito e di prediletto della Unione Sovietica, che era naturalmente impegnata a. soste– nerne le rivendicazioni nei confronti così dell'Ita– lia come dell'Austria (Carinzia). Dall'altra parte, e per opposte ragioni, gli Occidentali sostenevano in– vece l'Italia. Apparve allora, nelle trattative, la pri~ ma dimostrazione di simpatia degli alleati occiden– tali verso il nostro paese, ma di fatto era chiaro, e non poteva essere altrimenti, che il loro appog– gio era dovuto ad un interesse ben preciso, che a,ndava oltre ai motivi dell'atteggiamento nei con– fronti della Jugsolavia ed era determinato dal pri– mo manifestarsi delle divergenze tra i due blocchi. Trieste divenne allora uno dei punti cruciali della politica internazionale, uno dei punti di scontro. Ma l'interesse che le due parti in lotta potevano tro- . varvi, era non tanto per il possesso, da un punto di vista strategico, deila zona (importanza molto relativa ri~petto ad altre zone), quanto di prLn.cipio.

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