Critica Sociale - anno XLII - n. 7-8 - 1-30 aprile 1950

88 CRITICA SOCIALE =----------------- fu chiamato ad assumere la direzione del Populaire, da lui stesso fondato quando l'Humanité, il glorioso giornale di Jaul'ès rimase nelle mani dei comunisti. Al nuovo ,i]iornale egli dette zm fervore di opem e tanta ricchezza di senno politico da farne uno dei più importanti organi che contribuirono ad orien– tare l'ppillione pubblica in Francia. La sua devozione al partito, il suo coraggio nel– l'assumere gravose responsabilità, la sua fermezza di fronte alle maggiori difficoltà si dimostrarono quand'egli accettò,. nel 1936, di assumere la presi– denza del governo in un moment"o s-traordinaria– mente delicato della vita politica francese, in cui si agitavano passioni e rancori, e forze oscure (fra cm ricordiamo quelle dei cagoulards, i sicari che per conto del governo italiano uccisero più tardi i fra– telli Ro.~selli) macchinavano nelle tenebre per re– care ferite mortali all'ordinamento democratico e creare in Francia un regime analogo a quello che imperava allora in Italia. Le forze avverse sover– cl1iarono il coraggio e la resistenza del governo Blum, il quale dovette, dopo alcuni mesi, dimettersi; ma egli rimase sempre /ermo nelle sue idee e non abbandonò nè allora nè poi la sua instancabile di– fesa della democrazia e del socialismo. Era pertanto naturale che, quando la Francia fu invasa nel 1940, egli, che neppure ebbe un istante d'incertezza o di scoraggiamento, fosse dal governo di Vichy abban– donato nelle mani di Hitler, i cui emissari riten– nero ad un certo momento prudente sospendere lo svolgimento del processo instaurato contro di lui, dal quale emanava una luce di verità e di dignità che colpiva i suoi persecutori. · Ritornato dalla prigionia dopo la liberazione della l•'rancia, egli riprese il suo posto, COJ1 energia in– stamcabik Raccolse scritti èhe ,av 1 eva v,ergato ne– gli anni anteri,ori e li di,ffus 1 e in mezzo al suo po– polo a portare luce di verità e di speranza, a cer– care che le energie risorgenti dopo gli anni di de– pressione dell'occupazione tedesca non si perdes– sero negli oscuri viottoli ,della irrequietezza e della violenza, ma procedessero per le vie maestre nelle' quali si costruisce, o si ricostruisce, il più ricco pa– trimonio di civiltà. Sono innumerevoli gli articoli ch'egli scrisse negli anllli z1mmediati de'l dopoguerra, trattando i più svariati problemi, con rara profon– dità e luciditil di pensiero, cercando sempre di ac: costarsi agli spiriti più umili per diffondere anche ad essi la ricchezza. spirituale che gli germinava nel cervello e nell'animo. Ricordiamo ii magnifico discorso che egli ten.ne il 9 aprile del 1948 a Stresa, nell'occasione in cui •egli e·ra vre·nuto a 1!foercare nelle· mzMi aune del l,ago Maggiore un ristoro alla sua salute mdlf erma. In quel discorso, che noi pubblicammo tradotto sotto il titolo di « Il socialismo democratico e la pace », egli traccia in modo insuperabilmente chiaro la no– zione di democrazia, e insegna agli spiriti devoti come si debba servire quest'ideale per evitare che esso traligni o sia' tradito. Anche l'anno dopo lo rivedemmo e gli recammo il saluto dei socialisti italiani, quando egli tornò nuovàmente a cercar ri- . storo delle s11eforze sulle 1·ive del Lago di Garda. E ultimamente lo rivedemmo, nel dicembre scorso, presiedere la seduta inaùgurale della riunione del Comisco, pronunciandovi parole piene di fede e di passione, che sùscitarono un caldo entusiasmo nelle delegazioni presenti, le quali sentivano peraltro lo sforzo fi..~ico che Lèon Blum era costretto a com– piere per pronunziare quelle parole. E tuttavia, an– che dopo d'allora, no,nosoonte che le sue condizioni fisiche Pimanessero sempre precar-i<e,contiwò la sua attiva collaborazione al Populaire, sul quale l'ul– timo suo scritto fu U ne·crologio di Laski, che lo "-- BibliotecaGino Bianco aveva preceduto solo di pochissimi giorni nella tomba. Temperamento assai diverso dai due compagni qui sopra ricordati fu Giuseppe Massarenti, uno di · coloro tra i socialisti italiani- che pizi intimamente si fusero e s'identificarono con la popolazione in mezzo a cui essi vissero. Chi diceva Molinella di– ceva ·Massarenti, come un tempo richiamava im– mediata l'immagine .di 'Prampolini chi nominava Reggio Emilia,. come in tempi anteriori• richiamava la nobile figura di Nicola Barbato chi nominava Piana dei Greci. Molinella fu veramente una crea– zione di Massarenti, in tutto il ·più largo significato della parola. Nel suo paese egli aveva trovato una plebe di _contadini depressa, che sapevano soppor– tare fati,:he e sofferenze, senza stancarsi, senza do– lersi; ma non avevano acquistato coscienza dei loro diritti, che s'identificavano coi diritti del lavoro e della civiltà. Egli schiuse le ,nenti dei suoi con– cittadini alla nozione di questi diritti e s.uscitò in essi la volontà di combattere perchè questi diritti fossero riconvsciuti e rispettati. Insieme egli aveva 'trovato 11ella sua patria una campagna che poteva essere utilmente coltivata e dare alla popolazione lavoro (infinìto era il numero dei braccfanti disoc– cupati) e abbondanza di messi. Egli stimolò i suoi compaesani a quest'opera di rede11zione del suolo è di redenzione propria; creò cooperative, indusse i lavoratol'i a reclamare contro la delittuosa egoistico iacuria dei proprietari; promosse la trasformazione delle « valli» ìn pianure semi11ate, sapientemente coltivate., e feconde di grano, di riso, di canapa. Questa sua opera di civiltà, che contribuiva, in un pie.colo ainbito di terra, a dare incremento alla ric– chezza nazionale, avrebbe dovuto suscitare nient'al– tro che ammirazione e rispetto e proposito dt imi– f,azione; invece fu causa a M<assm,ent.idi o~i<o e di persecuzione, che naturalmente colpi anche quei s;empNci, puri c·o,ntadim' ch,e avevano. s:eguito l'iuci– tamento di lui e si erano fatti strµmento dell'opera di redenzio11e che egli aveva sognato e tenacemente t1oleva. Si cercò in tutti i modi di intralciare· l'opera sua; fu più volte arrestato e tenuto più tempo in carcere e per quattr'anni al confi110; e poichè. tutto ciò non valse a fiaccare la sua volontà; nè a trat– tenerlo dal riprendere ogni volta e co11tinuare l'ope- . z-a sua, si ricorse da ult-imo ad una forma di perse– cuzione,. che da sola basterebbe a segnare la irre– vocabile condanna di un regime. Poichè la ferma i>olontà di raggiungere il fine e il senso della mis– sione che il Massarenti ebbe in sommo grado ave- ~ vano suscitato in lui quella bella esaltazione spiri– tuale senza cui nessuna grande opera si compie, il regimé fascista, sotto le sollecitazioni degli agrari della Bassa bolog11ese, lo fece dichiarare pazzo e lo rinchiuse in u_na casa di salute dove egli rimase fin dopo lu liberazione; compiuta la quale, egli re- stò in quel dolente luogo a meditare in silenzio le necessita e i r,ompiti che la nuova situazione im– poneva e non volle riprendere la sua funzione di guida del proletariato della sua terra, finchè non apparve ben chiaro che soltmito la truce fantasia dei suoi implacabili nemici aveva potuto gabellare per pazzia la sua santamente fanatica aspirazione ad un,a società di uomini liberi e giusti. E in questa ardente volontà di bene egli è morto e le angosciate onoranze che gli hanno rese i con– tadini e gli operai di Molinella e il rimpianto che la sua ,norie lia suscitato in tutti gli spiriti che combattono per una società migliore sono il mi– glior segno dell'efficacia. benefica· che ha avuto e avrà l'opera sua. · UGO Gumo MONDOLFO

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