Critica Sociale - anno XLII - n. 6 - 16-31 marzo 1950
76 CRITICA SOCIALE Ma ecco che, senza quasi sapere in qua_le mo– mento preciso (probabilmente alla quart~ riga d~1 paragrafo precedent~), ci_ siamo ~llontan_ah da~la, v1~ sione keynesista. Ritormamo SUI nostri passi, re~ cercar di trovare la biforcazione. Dopo che s1 e messa in causa l'insufficienza della domanda glo– bale, si può attribuire questa insuffic~en~a, _sia_~) ~d una insufficienza dei redditi monetari d1stribmh, sia B) ad una diminuzione della domanda in rapporto ai redditi monetari. La via A (insufficienza dei redditi) condurrebbe a ricerche sulla formazione dei redditi, nel corso delle quali si troverebbe, per esempio, che gli a.genti della produzione non percepiscono effettivament~ una rimunerazione in moneta uguale alla parte d1 « valore del prodotto >) che essi hanno creato, o an– cora che il meccanismo monetario e bancario non permette un conveniente finanziamento, in una. eco– nomia progressiva, degli aumenti della produz1on_e. Keynes ignora questa via. Qualunque cosa se ne sia detta, egli rimane fedele alla legge -degli sbocchi (11): Egli è persuaso che la rimunerazione totale degli agenti della produzione è uguale. al valore della produzione. Se così è, allora i redditi monetari sono sufficienti per permettere lo smercio della produ– zione e bisogna cercare la spiegazione in uno scarto tra il totale dei redditi monetari e la domanda glo– bale effettiva (via B). Siamo arriv,:iti qui ad_uri punto assolutamente cru– ciale, ad una diramazione decisiva in cui il socia– lismo si separa dal keynesismo e in cui, forse, la scienza stessa dovrà tornare ad interrogarsi. Non esitiamo a fermarci e a guardar bene. Nel corso di un dato periodo (12) e in una data economia, esistono tre grandezze· globali distinte: 1) i redditi monetari effettivamente incassati dagli agenti della produzione (R); 2) le somme effettivamente spese sul mercato dei -beni; sono la d<0mandagl-0-baLe per i beni! di con– sumo e di, ,J)'rnduz1one (D); 3) il valore della produzione messa in vendita, ai prezzi esposti (V). Noi riconosciamo con Keynes che, in certe cir– costanze (13), la domanda globale (D) non basta· ad assorbire la produzione (V). Ma noi siamo disposti ad ammettere che la divergenza può derivare anche - e anzi molto probabilmente proviene - dalle imperfezioni del meccanismo di formazione dei red– diti (via A), mentre Keynes limita la sua analisi alle· relazioni tra i redditi, supposti adeguati, e la do– manda gl'obale (via B). E' qui che interviene la fun– zione di consumo o tendenza ad economizzare una troppo forte proporzione dei redditi monetari. La grande responsabilità incomberebbe sullo· spirito·'di economia, in quesfo senso, del risparmio, tanto van– tato altre volte, e che avrebbe, sembra, una tendenza malaugurata a rinforzarsi. a mano a man0 che la soci'età si arricchisce. Le << male[ alte del risparmio » sono state spesso presentate come una delie tesi maggiori del keyne– sismo, assai vicina alle critiche della tesaurizzazio– . ne. Essa non varrebbe niente, come tesi maggiore, in un paese come la Francia ad esempio, in cui lo sfruttamento sfrontato del risparmio e la sua ri- (11) La questione di sapere in quale misura Keynes accetta o rigetta la legge di Say è straordinariamente imbrogliata. <.:f. HADBRLBR, New Economics, pag. 174; Zvirnzv, N.E., pag, 1904; LoatB TARSBIS, AmCl'ican Economie Rewtew, may 1948, pag. 261. (12) Lasciamo da parte, per semplificare, i problemi che derivano dall'accavallarsi di periodi e dalle differenze di di– mensione del circuito da un periodo all'altro, (13) La questione di sapere se lo squilibrio è permanente o no 1olleverebbe difficqltà supplementari. BibliotecaGino Bianco petula spoliazione wno mali ben più reali ch,e il r_~ sparmio stesso. Anche per un p~~se co_me 1 Inghll– terra l'elogio eh.e Keynes fa dell mveshmento ~~te– nua considerevolmente la portata della sua critica contro il risparmio. Del resto, ammettendo che un risparmio senza impiego sia nocivo in sé, la sua capacità di nuocere è limitata, poi~l~é si può a~e– volmcnte neutralizzarla con la pohbca monetaria. Ci sembra che sia una interpretazione scorretta fa– re del keyne~ismo essenzialmente una critica del risparmio. Se - a questo punto dell'analisi - .noi rifiutiamo di dare la responsabilità esclusiva alla diminuzione della domanda globale in rapporto ai redditi monetari, non avremo le stesse ragioni di Keynes di gettar la croce addosso al risparmio. Senza entrare nel particolare più approfondito della ragioni scientifiche di abbandonare il keyne– sismo fi'n dalla prima biforcazione (14) è necessario schizzare una specie di filosofia dello scambio ini– ziale. E' già successo molte volte nella storia delle dottrine economiche, che un sistema maestoso sia crollato di un colpo solo quando si è riconosciuto un errore di partenza, mplto evidente una volta se– gnalato. T~tta la concezione mercantilista, che pure è persistita durante secoli, non posava su una falsa nozione della ricchezza? La fisiocrazia non era vi– ziata nei fondamenti da un misconoscimento gros– solani) del concetto di valore? E il rigore logico del Capitale non è compromesso, sin dalla prima pa– gina, dall'affermazione gratuita che l'utilità non può essere né il fondamento né la misura del valore. perché i diversi. beni hann0 utilità diverse? E tut– tavia gli errori di questo genere spesso tardano ad apparire in piena luce. Sembra che i discepoli ed i· contemporanei· si pongano volentieri. al ·seguito di un autore possente, sulla strada che egli ha scelto alla prima diramazione, Così percorrono con lui, meravigliati della scoperta, regioni sconosciute e pit– toresche. Le trovate si moltiplicano, verché si è veramente al di fuori dei sentieri battuti. Più in là, al terzo o al decimo bivio, alcuni si allontanano dal cammino del maestro e fanno brillanti ricognizioni in qualche sentiero trasversale o in qualche cui di sacco. Ma tutto ciò non conduce a· grandi cose: è alle prime opzioni che si sarebbe dovuto riflettere di più. Seguiamo però il keynesismo sulla via che ha ·preso allo scambio iniziale. Non per approvarlo, ma per vedere dove va. Keynes, avendo rifiutato di considerare le causr. dei-turbamenti economici che potrebbero provenire dal meccanismo di formazione dei redditi, si volge allo studio dell'impiego dei redditi. Una parte sol– tanto diventerà domanda. Un residuo, il risparmio, resterà non impiegato. E ci si deve chiedere -pér– ché questo residuo non è impiegato. lmmediatament_e noi arriviamo ad una nuova biforcazione: la via B si divide in due strade, BA e BB. Ci si potrebbe chiedere perché questa. frazione del reddito non è utilizzata per l'acquisto di beni di c-onsumo (o servizi). Questo ci condurrebbe a ri– cerche sulla :ripartizione dei redditi, le quali mostre– rebbero che, in seguito a disuguaglianze sociali (stra– da BA), le persone a reddito elevato non possono utilizzare tutto il loro reddito. Keynes non si in– cammina per questo viale, Egli preferisce chiedersi (strada BB) perché il risparmio non viene investito. E una volta ancora noi siamo in presenza di un punto che è stato presentato come tesi maggiore: la causa della crisi, della disoccupazione sarebbe _l'eccesso di saving (risparmio) sull'investment (in– vestimento). (14) Ciò è stato fatto avanti lettera: si veda L'estensione del potere d'acquisto, Rev. se. économiques, 1935, .)
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