Critica Sociale - anno XLII - n. 6 - 16-31 marzo 1950

CRITICA SOCIALE nali, che non minacciava proprio la libertà di nes– suno; quello che porta, in un momento di riduzione delle spese anche più urgenti, a rafforzare gli orga– nici di polizia; quello che in caso di conflitti a ca– rattere sociale e sindacale ordina ai prefetti di non intavolare trattative con gli organizzatori, portan– do di conseguenza ogni agitazione al suo fatale sbocco di forza, quello che porta il Ministro degli Interni a ridersi di una sentenza della Corte di Cas– sazione che dichiara la incostituzionalità di una disposizione di Pubblica Sicurezza abusivamente applicata. Sono tutti sintomi di una grave involu– zione in atto - dove la paura è commista alla KEYNESISMO (Gontinua.zione 'dal numero precedenu') 2. - Analisi critica dello schema generale. Muniti dellé informazioni che preced0no, cerchia– .mo di procedere ad una analisi critica, avendo ben !!Ora di concentrarci su quanto conc·erne lo schema generale del funzioname.nto d'insieme del sistema economico. 1) Le constatazioni. - Le constatazioni, innanzi tutto, richied0no qualche semplice commento. Esse corrispondono molto esattamente alla situazione del– l'Inghilterra tra il 1920 e il 1930. Tutti potevano osservare allora il fatto evidente costituito dalla di– soccupazione cronica, diventata quasi lo stato nor– male. Questo fenomeno era l'aspetto maggiore della economia britannica e la distingueva da quasi tutti gli altri paesi. La permanenza della disoccupazione era il grande tema che la realtà offriva agli econo– misti inglesi. In nessun posto altrove il problema si presentò sotto la stessa luce, con una tale durata ed una tale esténsione (8). Anche negli Stati Uniti ìl problema della disoccupazione non ebbe mai un tale aspetto, non foss'altro che perché vi fu « ci– clico » piuttosto che cron-ico e ,perchè i problemi agricoli, fra gli altri, gli impedirono di occupare lutta la scena. In Francia gli economisti ebbero piut– tosto occasione di esercitare la loro sagacia sui pro– blemi monetari. Così, fin dall'inizio, la teoria « ge– nerale » appariva come un problema specificamente britannico. E già l'esempio britannico aveva sugge– rito a Marx la formula dell'esercito di riserva indu– striale. Da parte socialista si era constatato da molto tem– po che l'equilibrio non si ristabilisce automatica– mente e che ci può essere uno squilibrio fondamen– tale (9). Ma era una novità vedere un pontefice del– l'economia classica ammettere il fatto, mentre, da J. B. Say in poi, per più di un secolo, tutti-gli eco– nomisti avevano negato, malgrado il succedersi delle crisi, che una_ crisi generale di sovrapròduzione fosse teoricamente possibile. Una delle ragioni della sua rinomanza è probabilmente di aver fornito una spe– cie di patronato accademico o di cauzione borghese a buon numero di giovani economisti, più o meno eterodossi, ·che trovavano comodo ripararsi dietro l'alta statura di sir John Maynard. (Cf. New Eco– nomics, pag. 549). 2) La spiegazione . ....:.. Lo sforzo di spiegazione è più interessante e richiede una analisi più pro- (8) Secondo Schumpet6r, Keynes ha reso un pessimo ser– vizio alla scienza economica, present,mdo come verità gene– rali nozioni ohe corn-is.pondono ai problemi britannici del momento (Journal of the A·merican statistica! Association, di– cembre 1936). (9) V. R. Mossi!, Lo squilibrio economico, in Anna/es du droit et des Sciences Socia/es, Paris, Slrey, 1933. B1 IIOteca \..;JlrU u,a, lvO jattanza, - che precipita verso quella politica di forza, o addirittura quella politica di polizia, che non di rado - al di là delle intenzioni degli uomi– ni - è stata la spira stritolatrice della democrazia. Mai come oggi abbiamo visto in pericolo la de– mocrazia. Ed è inaudito che il pericolo, ipocrita– mente mascherato come « difesa della democrazia », provenga essenzialmente proprio dallo spirito, dagli intendimenti e dai metodi del governo. Quasichè i1 fascismo - a questi uomini, -che pur si professano democratici - nulla avesse insegnato. O avesse inse– gnato anche troppo. GIULIANO PISCHEL E SOCIALISMO fonda. Ripetiamo ancora che lasciamo il particolare per attaccarci: ad un.a visione di insieme del mecca,– nismo. Il contributo più fondamentale, più vero e più duraturo di Keynes è consistito nel ·proiettare i1 fascio luminoso della scienza economica sulla parte decisiva della domanda globale. Se vi è disoccupa– zione, se non si arriva a assorbire tutta la produ– zione, se vi sono taivolta delle depressioni, più o meno prolungate, è perché non si trovano sbocchi, cioè perché, in totale, la domanda di prodotti (di– ciamo il potere di acquisto presentato sui mercati) è inferiore al valore della produzione totale (quale risulta dai prezzi presentati). Ciò sembra evidente; tuttavia, con una strana ostinazione, la grande mag– gioranza degli economisti ha sostenuto che la do– manda non poteva essere insufficiente. In effetti, dicevano essi, il valore de1la produzione non è altro che l'insieme delle rimunerazioni degli agenti della produzione; ora, l'insieme di queste rimunerazioni sono i redditi che costituiscono la domanda glo– bale. Dunque il valore della produzione è uguale alla domanda globale. Il merito di Keynes è di aver con– fessato - e ·fatto confessare - che la domanda, può esser·e insufficiente (10). Dal punto di vista della comprensione dei conca– tenamenti economici, l'attenzione accordata alla do– manda costituisce un rovesciamento molto serio. Ciò sembra significare che la domanda (dunque il con– sumatore) è il vero elemento motore, o meglio pro– pulsore, dell'attività economica. Non sarebbe più al– lora dalla parte delle forze produttive, né dalla parte degli imprenditori, che bisognerebbe volgersi per aumentare la produzione ed il benessere, ma dalla parte del grande pubblico. Si risusciterebbe così la formula di Quesnay. « Quale è il debito, tale è la riproduzione ». La produzione sarebbe tratta dalla spesa e non più spinta dai risparmi dei capitalisti (cf. Stuart Mili). I socialisti seguirebbero volon– tieri Keynes su questa strada, e tanto più volentieri in quanto sono loro che l'hanno aperta e che essa è loro del tutto familiare. Essi sanno che questa · strada conduce ad un aumento dei redditi, per esem– pio con l'accrescimento della massa dei ·salari o con una politica monetaria appropriata. E mentre, per Bastiat, il punto di vista del consumatore non era che un obiettivo virtuosamente raccomandato, qui il punto di vista del consumatore si esprime con una domanda effettiva, che è veramente un elemento animatore innestato su tutti i meccanismi dell'attività economica. (10) In Francia i socialisti parlavano dell'insufficienza del potere d'acquisto. V. R. Mossi!, L'estensione del potere d'acqui– sto, in Revae des sciences économiqaes, Liegi, febbraio– aprile 1935.

RkJQdWJsaXNoZXIy NjIwNTM=