Critica Sociale - anno XLII - n. 6 - 16-31 marzo 1950

74 CRITICA SOCIALE Essa perseguiva in realtà _l'in~er~sse_ d_i lasciare im– mutate le cose di consentire 11 r1pr1stmo del tempo che fu (e, qu~nto meno, l'assolut?ria_ ai .suoi _esI?~· nenti}, di non toccare gli interess} pnvah_ cost~tmt~, di ridar forza e ossigeno ad un economia pnvah– sta di pseudo-liberismo con forti protezioni, di ac– caparrarsi le .posiz-ioni chiave del cosidetto « sotto– governo », di restringere all'ambito governativo ed a quello della maggioranza parlamentare l'azione politica, limitando e logorando il gioco dialettico dei partiti, di deludere le energie innovatrici e di -addormentare iii paese In un quie-tismo, che non le procurasse alcuna sorpresa. Era uno svuotare la democrazia, ma venne proclamato - con tutte le armi della propaganda che possiedono uno Stato moderno ed un partito dominante - « consolida– mento democratico ». In questa trappola cascarono, per volontaria ce– cità o per insipienza, molti democratici, d'ogni spe– cie. Alcuni addirittura se ne fecero paladini. Certa gente, avvezza ad un riformismo puramente paro– laio e sollecita ad approvare i governanti, onde giu– stificare · il paradosso che il nostro paese, che più abbisognava di, riforme, a,bbia lasciato trascorrere i cinque anni dalla liberazione senza nulla di fat– to, amava porci di fronte un suo ben congegnato schema. Avete troppa fretta - ci diceva. Per co– struire ci vogliono solide fondamenta. Occorre creare « le necessarie premesse ». Dapprima stabi– lir-e, con la Costituzione, le basi dello Stato; quindi provvedere all'assestamento interno della democra– :i;ia, insidiata dai comunisti; poi, attraverso il Patto Atlantico, consolidare la minacciata sicurezza na• zionale; infine garantirsi la stabilità monetaria e l'equilibrio di bilancio. Dopo il conseguimento di questi obiettivi (ma còn tutti questi necessari pre– cedenti, quel « dopo » si svuotava sempre più di contenuto, giacchè, nel frattempo, Io stato di cose esistente si consolidava e non consentiva più muta– menti} sarebbe venuta finalmente la « terza fase», quella delle riforme. Evviva dunque la « terza fa– se>> e il governo chiamato ad attuarla! Ed ecco invece, ecco la realtà. Non imprevista, giacchè preparata dalla involuzione inerente a cia– scuna delle tappe considerate « precedenti neces– sari», ma eloquente. ReaHà tl'iste e minacciosa - e non per noi socialisti o per la intera classe lavo– ratrice soltanto, bensì per tutti gli autentici demo– cratici - ma che ha almeno il pregio di sfrondare le frasi ingannevoli, di forare i palloni gonfiati e, insomma, di aprire gli occhi a chi vuol vedere. « Te_rza fase » già avvizzita prima di nascere, nella sfiducia, nella mancanza di efficienza; nella rilut-. tanza ad imporre seriamente qualche sacrificio alle classi abbienti,. _così floridamente rimesse in auge; « terza fase » gia svuotata dal cumulo di oneri fal- . limentari acc~t~stat~ in .cinque anni di tempo per– duto. Che fiducia s1 puo avere, quando si constata la cronica incapacità di affrontare con rimedi seri il fenom~no .di una . spaventosa disoccupazione, quando si assiste al dissesto ed al crollo di interi settori industriali, quando nulla si è fatto per n– solv~re il problema della s'icurezza sociale, quando la riforma tributaria è di, là da venire, quando fim– piego degli aiuti E.R.P. grida vendetta al ciefo, quando, tra malinconiche illusioni sulla iniziativa P:ivata, c_arente o ristagnante, si tira avanti alla g_10:n_ata'..m b~se alle pressioni dei gruppi capita– hsh~1 _pm forti, sen~a indirizzo e senza piano? E' poss1b1le mett_ere seriamente in conto di questa « ter– _za.fase » la i:lforma fondiaria, così timida e stirac– ~luata, che s1 è decisa ad annunciarsi solo quando. m fr?de ~Ila_ çostituzione, si è deciso di abbando– nare Il prn~c1p1? del_limite di proprietà, e, per buo– na P~ce ~e1 lahifond1sti, di assicurare un sicuro in– denll!zzo m contanti; riforma che risolverà comun– que solo_ in modesta parie e con la soluzione poco pr?gi:es~1sta della creazione di altra piccola pro– prieta, Il pro?l~ma della redistribuzione della ter– ~a? O_ è p~ss1b1le .~ettere_ in_ c~mto quel piano di ~nveshmenh pubbhc1, cosi d1hnto e generico, per 1~ _quale,. n~lla confessata impotenza dello Stato, si e commciato col proclamare la necessità di un o~gano nuovo per l~ s~a ammin}strazione, nè carne ne pesce, ancora di la da vell!re, e che minaccia B,LiluLt::vd Gino Bic:111\JV di essere dilaniato dagli appetiti scatenati e dagli interessi privati più forti? Ed ecco intanto lo Stato - che poi pretenderebbe « rispetto per la sua autorità » - rendere merce di scambio quelle che sinora non sono state che sem– plici sue « promesse », pacifico essendo che nes– suno sinora ha avuto il minimo beneficio dalla co– sidetta « terza fase ». E pretendere - prima che si siano risolti i problemi dell'esistenza e del la– voro - che si tronchino le agitazioni, che si rien– tri nella legalità, che si ristabilisca l'armonia so– ciale e la fiducia che l'inerzia ha disperso. Non si esita a pretenderlo con la forza, dimenticando che la polizia, in uno Stato democratico, non ha nè il compito di intimidire la popolazione coi manga– nelli e con le bombe lacrimogene, nè quello di am– mazzare dei cittadini, quale che sia il loro conte– gno ed il loro intento. Quando si apprende che a Porto Marghera gli operai contro i quali la polizia aprì il fuoco non ricevevano il salario da tre mesi; che a Lentella la massa dei disoccupati cronici, seguendo il drammatico esempio della Marsica, era stata costretta a praticare lo « sciopero alla rove– scia »; che non si è voluto lasciare passare la gior– nata di sciopero generale senza un llccidio a Par– ma, bisogna pur concludere che a ragione la classe lavoratrice sente la polizia contro di sè, lo Stato · contro di sè, a tutela di un « ordine » che non con– sente sicurezza di vita. Prendere a pretesto il M.S.I. (con il curioso espe– diente di addurre l'impossibilità del Governo a prendere provvedimenti repressivi, perchè dovreb– be provvedervi la magistratura, quando poi sentia– mo Scelba al Senato dichiarare che una sentenza di Cassazione circa la incostituzionalità di una di– sposizione di legge non impegna minimamente!) per darsi la parvenza di un Governo che tutela con– tro gli est!'emismi sia di destra che di sinistra, P. una ipocrisia. Come è una ipocrisia pretendere che la situazione di disagio e di agitazioni sia provocata dagli agitatori comunisti, senza scorgere l'esaspe– razione che matura per effetto delle condizioni ob– biettive e dello stesso comportamento degli organi dello Stato. Sia anche vero che i comunisti rap– presentano l' « antistato », si deve malinconicamen– te constatare che lo Stato non saprebbe meglio « la– vorare» a favore di Stalin, di Togliatti e di Secchia! « Rispetto della legalità», « osservanza: della au– torità dello Stato », « tutela dell'ordine costituito», si dice e si ripete, con tutta la orchestrazione di stampa e di· propaganda, scordando invevo che esat– tamente queste sono sempre state le parole d'ordine con cui si è affacciata ogni reazione. E potremmo , del resto assentire, se questa « legalità » fosse vera– mente tale da assicurare a tutti vita, lavoro e benes– sere; se questo «Stato» non pretendesse di farsi valere in quanto « autorità » di dominatore di fron– te a dominati, ma in quanto res publica, fondata sulla partecipa2lionei popolare, senza preventive esclusioni, se quest' « ordine » non significasse « con– servazione » dello stato di cose esistente e restau– rata potenza della borghesia. Così non è. Ed allora è veramente vano pretendere di « difendere la de– mocrazia » con gli interventi della polizia, con i provvedimenti repressivi. Metodi del genere, o por– tano difilato al fascismo (e temiamo che, dalla si– tuazione, molto si sia avvantaggiata qneH'a1mosfera fascista, verso la quale tanto si è stati condiscen– denti, e che sarebbe grosso sproposito attribuire alla sola responsabilità del M.S.I.) o, dacchè mondo è mondo, finiscono sempre col crollare, insieme al potere che ha avuto il torto di praticarli. La li– bertà e la democrazia si difendono sop·rattutto pra– !icandole totalme~te, in modo che nessuno scorga m esse delle barriere, e tanto meno delle preclusive barriere so_ciali, m~ il pacifico metodo per vivere e per convivere. Se questo è un aspetto della situazione, non certo più_ tranquillante ~ l'a~tro, meno truculento ma pi'u ms1d10so per la hberta: quello che porta un mmi– stro di uno Stato che vuol essere democratico a trovar protezione solo nelle norme della liberticida legge di P.S. fascista; quello che porta a dar mano libera ai prefe~ti per vietare comizi e cortei; quello che porta persmo a vietare lo strillonaggio dei gior-

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