Critica Sociale - anno XLII - n. 6 - 16-31 marzo 1950
CRITICA SOCIALE 73 ti. Che poi l'America - non abbia saputo o potuto essere la promotrice di un ordine nuovo nel mondo, non vuol ancora dire che ormai essa non possa avere che una funzione negativa, anche se persiste e si accentua il pericolo che, in una situazione di questo 11enere, prevalgono le influenze dei militari e che l~ corsa agli armamenti segni l'inizio di una pericolosa involuzione, che spetta ai democratici di tutti i paesi e specialmente· ai socialisti combattere. L'offensiva di pace_ russa e la posizione ame-ricana Come altre volte negli anni sèorsi, durante lo svolgersi di questa asfissiante guerra fredda, si è ·avuta ed è in corso, con particolare vigore, la cam– pagna scatenata dalla R,ussia per la pace. Questa campagna può essere considerata da due lati. Come una mossa propagandistica che, accompagnata nei paesi dell'Europa occidentale dall'accentuarsi di moti a carattere insurrezionale, mira ad assicurare alla Russia maggiori simpatie delle classi lavoratric,i che sono naturalmente per la pace, e nello stesso tempo ad accusare, im,plicitamente od esplicitamente, l'America di essere quellà che invece lotta per la guerra, offrendo un diversivo anche in considera– zione della crJsi che, non è un segreto per nessuno, serpeggia così nel blocco sovi,etico come !Ilei partiti comunisti occidentali (italiano e francese in parti– colare). E può essere considerato C:oi:n~un_a mano_vra preparatoria per una nuova attivita diplomatica. Ma è lecito veramente parlare di una svolta nella politica estera russa? Noi riteniamo che ciò sia sen– z'altro da escludere, e ne abbiamo detto le ragioni esaminando le direttive di politica estera della Rus– sia e la loro costanza. Così come riteniamo che sia da escludersi una svolta nella politica estera ame– ricana. Se anche, per ipotesi; Acheson doyesse es– se sostituito, e la cosa sembra ora molto improba– bile, di vere e proprie svolte non ci sembra si_a il caso di parlare, anche _per?hè, per le ra~~oni che abbiamo esposte, ben difficilmente la pobtica este– ra americana potrebbe cercare vie nuove fino a clìe altrettanto non abbia fatto quella russa. E allora? Esaminando i sette punti enu~ciati da Acheson nel suo discorso di Berkeley, e non dimen– ticando il discorso dello stesso Segretario di Stato pronunciato il gi?rno prima a San Francis~o ~ulla situazione nell'Asia, confrontando queste dichiara– zioni ufficiali con altre di eminenti personalità (di Hoffman ad esempio, o quelle del direttore d~l P.A.M; a Miami del 16 marzo) si vede come proprio non si possa parlare di nuovi elementi della poli– tica estera americana da quando essa, fin dal 1947, veniva sottintesa ,in un articolo .famoso attribuito al Kennan e .pubblicato da F,ore'iignAffairs, che si basa– va sull'analisi della politica estera e della ideologia sovietica. In conclusione, quale può essere il ris~ltato de!lo attuale svolgersi dei rapporti sul piano mternaz10- nale? Saranno ripresi i negoziati? E quale ne potrà essere lo sbocco? Se tutto dovesse andare per il meglio, il massimo raggiungibile sarebbe, ~econdo no~, q?~lche ac~ord~ su alcune delle più scottanti questioni mternaz10nali del momento, quelle :che appunto h3:nno spinto :td aprire un piccolo spiraglio a tratt_at~ve (~erman~a, Austria Cina azione dei comunisti occidentali). Potrebbe esse~e insomma il riconoscimento un po' meno platonico di quanto è stato finora, della possi– bilità di coesistenza, .per un certo tempo, dei due sistemi. Quindi una specie di settlement, ma prov– visorio. Ma ci pare chiar_o che questf, e :inche am– messo che si possa realizzare que~l ausp~ca~o con– trollo sull'energia atomica, che puo costitmre una remora ma non un impedimento << dirimente » alla accelerazione degli armamenti, non costituirebbe un elemento nuovo nella situazione internazionale, ma anzi sanzionerebbe (se ce ne fosse bisogno) l'esi– stenza di due blocchi che sono, per le loro stesse caratteristiche, in equilibrio instabile. Resta una possibilità di veri elementi nuovi? Se c'è, essa non P.Uò venire che da altre parti, dai po– poli di tutto Il mondo, dall'Europa innanzi tutto, e dall'Asia, dall'India ed anche, non bisogna dimen- ticarlo, dal popolo cinese. · PIERO GAl..LARDO BibliotecaGino Biar vu INVOLUZl.ONE Quanto sta accadendo - la più grave ~ forse 1~ più decisiva crisi della nostr~ dem_ocrazif - puo amareggiarci non sorprenderci. Rag10ne d amarezza è semmai p'roprio l'assenza di o~ni sorp~es~ i~ questo manifestarsi, nelle _sue fa~ah c?nclus10m, d1 un processo di graduale mvoluz1oni; mtern_a, as~o– ciato ad un processo di crescente d1lace~az10n_~ m~ ternazionale, che proprio su queste pagm~ pi~. <!1 una volta abbiamo analizzato nei suoi punti critici: A questo si doveva giunger~, d~to cl?,e a _questo si voleva giungere da parte d1 chi detiene 11 potere, in ciò così efficacemente assecondato dall'azione cominformista in Italia, diretta ad allargare la frat– tura e a provocare la rottura. I veri_ sconfitti - I?r~ se irreparabilmente sco~fi~ti - sono i dem?cratic~ più o meno << terz_aforz1sb » (a1?,, 1~ desol~z10ne d1 questi << idola)>, di. queste frasi_, d1 quest! slogans che si sono rivelati senza consistenza!). Sono pro– prio essi che, beni_ssi~o accorti del « per_icolo. comu– nista » non· banno mvece scorto la minaccia che insidi; la democrazia dal suo, interno, o non hanno saputo contrapporrei alle vol~mtà determi~ate a li– quidare la democrazia, una diversa volonta. una va– lida alternativa. L'apporto più serio e più positivo dell'antif3:sci~ smo e della resistenza, in tutte le sue gradaz10m politiche (compresi gli strati della D.C. che vi ave– vano preso parte), è stata la conv~nzione eh~, per dar vita in Italia ad una democrava degna di que– sto nome, non bastasse eljminare il fascismo ed i suoi metodi, ma si rendeva indispensabile una pro– fonda trasformazione sia dello Stato, sia della so– cietà italiani. Cosa che noi socialisti abbiamo di– chiarato possibile soltanto s~ a f~ngere da _prota– gonista di questa trasformaz10ne si fosse chiamat_a la classe lavoratrice, immune da connivenze con il passato regime e da interess~ cos~i~uit_i cui_ ~e~ersi abbarbicata. Diversamente, gh squihbn pohtic1, so– ciali economici e funzionali, insiti nel sistema tra– dizi~na!e del nostro paèse, avrebbero risuscitato quel– la situazione obiettiva di crisi e di disfunzione della democrazia che del fascismo fu la causa de– terminante. Occorreva operare risolutamente, ope– rare prestò, operare in profondità._ Si trat!ava non già di « ripristinare » una democra~ia, ma d1 « crear– la». E di crearla ·con l'apporto d1 quelle forze po– polari che la lotta ~i resistenza a".eva ~ratto dall!l inerzia e dalla abulia, attuando nei fatti - e non nelle escogitazioni astratte o nelle formule politi– che - quel ravviciname•nto tra proleta,riato indu!:itria– le o agricolo e ceti medi, che in Italia è indispen– sabile ad una trasformazione profonda. Il dramma della democrazia di questo dopoguer– ra fu di essere insidiata berisì da un lato dallo schieramento cominformista, atto a impedire ogni effettiva autonomia d'azione della classe lavoratri– ce per legarla agli interessi d_ella_strategia soviet_i– ca, ed in cui la pretesa di egemonia rendeva dubbie e insidiose le stesse professioni di democrazia, ma ancor ,più, d'altro lato, dalla illusione (per chi si illuse) che, determinatasi questa s_ituazione, atti~a– tore della trasformazione potesse essere il partito democristiano. Dio sa quanto veramente ed inti– mamente cristiano avrebbe potuto essere un riscat– to popolare del nostro paese. Ma chieder que~t~: alla D.C. era chiederle pm che non potesse, dati 1 suoi vincoli terreni, con le potenze mondane, fosse anche stata molto meno eterogenea ed << interclas– sista » di quanto apparve sin dal primo momento. Pur professando un suo particolare << riformismo » (che varrà la pena, quandochessia, di sviscerare), 1a· D.C., anche per una visione tutta speciale della democrazia - una democrazia dall'alto, a caratte– re paternalista, di governo piuttosto che di popolo - e per la sua inevita~ile sottomissi?ne al prei:ni– nente interesse della Chiesa e del Vaticano, praticò una << sua » politica: senza nascondere affatto le sue pretese, anch'esse egemoniche. Politica di remore, di minimalismo e di moderantismo, aliena ed ora manifestamente contraria alla classe lavoratrice.
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