Critica Sociale - anno XLII - n. 6 - 16-31 marzo 1950

80 CRITICA SOCIALE le colture, bisogna ridurre l'estensione dèi vigneti da vino, aumentare quella per uva da tavola, cura– re meglio gli alberi da frutta, in una parola occorre produrre quello che il mercato n·aziona,le ed inter– nazionale richiede. La crisi vinicola del Monferrato richiede pronte provvidenze atte ad impedire ch'essa diventi croni– ca. E' opera di tecnici e di competenti e non si ri– solve con comizi. La « Cooperativa agricola combattenti » della Provincia di Alessandria, ha fissate queste sei ri– chieste precise e pratiche: 1) la riduzione delle imposte di consumo comu– nali; 2) la applicazione ed ~ntegrazion.e della legi- slazione contro la fabbricazione di vino artificiale; 3) le agevolazioni fiscali per la distiUazione dei vini. minorati; 4) la facilitazione alla espo·rtazione dei nostri vini; 5) il divieto assoluto di fabbricare aceto con sostanze non vinose; 6) l'aiuto statale all'impianto delle Cantine Sociali. A suo invito la locale Camera di Commerci.o ha incaricato la sua Consulta Agricola di convocare un conv.egno provinciale di tecnici e di rappre– sentanti le organizzazioni sindacali della categoria per discutere e deliberare. Poi tocche·rà agli organi parlamentari e gover– nativi dire l'ultima parola. GIULIO PUGLIESE Borghesia e proletariato nel Piemonte di Cavour 1. - La r_ifusione delle forze unitarie Dopo il '48-'49, in Italia le tendenze marginali, cioè quelle rivoluzionarie, con forti tinte sociali e co~ ç.arat– tere Insurrezionale, dè-1 Mazzini, da un l!lto, e quelle reazionarie della nobiltà terriera e dell'alto clero con– servatore dall'altro, diminuiscono rapidamente di im– portanza e di forza. Le prime esa uriscono il proprio su– perstite slancio negli sporadici sacrl:6.ci di Belfiore e di Sapri e vedono un freno grave nel Tiformismo so– ciale delle nuove classi' dirigenti borghesi, le quali cer– cano di prevenire. le velleità estremiste dei contadini, degli operai e degli artigiani. Le seconde ricevono un colP..ograve proprio •in uno degli Stati a struttura poli– tica e sociale più arretrata, nel Piemonte, che diventa a'nzi, i:;otto la guida dei più arditi esponenti moderati e dei più consapevoli «democratici», il vero palladio della causa nazionale antiaustriaca. In Torino conver– gono i migliori « patrioti » e vi ritrovano tlali speranze, che sono ind-otti spesso a rinunziare anche alle pregiu– ttiziali repubblicane pur di concorrere ail'opera co_mune. L'etichetta di « decennio di raccogpmento », appo– sta a questo periodo dalla sto·riogra,fia tradizionale, tra– duce particolarmente questo processo di affiatamento e di accostamento di forze prima contrastanti per la creazione di un solido « centro », esprimente lo slancio prognessivo d,ena borghesia commerciale, industriale e neo-agraria giunta ad ·assumere le redini del potere politico e ormai tesa decisamente all'unificazio·ne na– zionale. La crisi grave, ·apertasi nel campo economico– finanziario dopo il '48 in tutt'Italia e ·in particolare nel Piemonte, poneva con urgenza anche per questo lato il problema di ùn mercato unico italiano. E tutto ciò urtava in ostacoli più evidenti di prima: cioè in un'Au– stria non più buona amministratrice e tollerante pa– dron-a, ma opprimente e crudele tiranna. che all'aggra– vato dispotismo politico univa una più intransigente barriera economjca e un -più stretto insoppç>rtabile con– nubio col clericalismo e eol capitalismo reazionario. Inoltre incombeva sempre grave il perieolo di una tega fra gli Stati reazionari della Penisola •e si strin– gev-ano più freouenti e continui contatti fra governi e ceti dirigenti, di modo che la borghesia novatrice. sen– tiva maggiormente l'urgenza di trovare· una solidarietà politica, che ponesse le premesse d'un r~dicale rinno- . vamento economico, L~ plebi permanévano pur sempre ostili O indiffe– renti, ma, ovunque possedessero qualche vitalità, erano al fianco delle forze dena borghesia progri::ssista. E~tro _qu~ste linee generali le vicende interne degli Stati lt~ham andavano per diverse vie convergendo nella formazione del regno. 2. - La nqova classe dirigente liberale La delusione, il rimpianto, n malcontento general– mente abbattutisi sul Piemonte dopo la disfatta ave– vano minacciato di soffocare ogni energia a difesa de– gli ordini costituzionali. Per molto tempo nè i p-ro- B1ollotecaGino Bianco clami e il ~iuramento di Vittorio Emanuele, nè il pre– stigio e l'on:està del D'Azeglio presidente del Cons;glio bastlarçmo a dissipare il sospetto o il desiderio di un colpo di Stato: i ceti reazionari e gli stessi liberali moderati o suscitavano o subivano questi sospetti e questi desideri, sia per un naturale ritorno al passato dopo una rivoluzione fallita, sia per un'invincibile at– trazione mimetica dell'atmosfera generale italiana ed europea. Tuttavia prevalse nei conservatori il proposito - pare che lo stesso Radetszky lo favorisse - di aiu– tare il Re a superare la crisi interna contro i d-emo– cratici senza ricorrere ad atti di violenza, e nei mode– rati la formula az·egliallla di dif,endere ]:'autonomia J?Olitica interna e di ·conservare con lo st~tuto l'ap-· poggio delle forze nuove, -senza permettere ad esse di servirsi ·della Costituzione per .mettere in pericolo la dinastia. Formula che potè consolid•are l' « ordine » so– ciale· all'interno e tacitare i timori e i sospetti all'e– stero. ,Superate in questo modo le vicissitudini del '49 e le difficol.tà opposte dalla maggioranza « democrati– ca » del Parlamento, in Piemonte si avviò l'esperi– mento deUa monarchia costituzionale, ondeggiando, sul terreno politico, fra la destra e la sinistra senza il « tiers parti » equilibratore. Nel campo so~i~le le vel– leità radicaleggianti dei piecoli commercianti, di alcuni artigiani e ùi molti professionisti non superavano ai- , fatto i limiti della concezione paternalistica connessa col liberalismo economico cavouriano. Il pensiero di queste categarie si esprimeva nella -riprovazione :del «socialismo·» francese, accusato di « demago-gia » e quindi incolpato di eccessi ehe spa– ventav-ano i ceti medi e li gettavano nelle braccia della reazione: « Codesta " demagogia " in Francia appellasi " socialismo" - scriveva « La Demagogia » di Torino il 16 giugno 1849 - .in Italia ed in Ger– mania con nome più modesto "democrazia". Più franco e ardito· il " socialismo " rompe aperta guerra agli ordini presenti della società, siccome sca– turigini dei mali che opprimono le classi pover~, ed organizzato insulto alla provvidenza ed alla glustizia, imposto dai capricci della fortuna e dalla forza· la " democrazia·''; proclamando !'·assoluta sovranità ' dei popoli. mentre unica questione avrebbe ad essere la " unione " e l' " indipendenza ", poichè per salti non procedono le rivoluzioni, combatte ogni man.iera di principato. Lo abbiamo continuameRte detto, e non ci stancheremo dal richramarlo anche in queste pagine; che la lotta. ond•e è agitata l'Europa, diverrà tremenda ai popoli, se al principio della autonomia e della civjltà sia sostituito quello del socialismo o della repubblica, perchè, con questi ultimi venendo offesi gli interessi dei più potenti, costoro somministrano le armi peggiori per paralizzare e distruggere le forze dei popoli». In queste condizioni il « conm,bio » fra centro-de– stro e centro-sinistro del dicembre '62 fu la logica con-

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