Critica Sociale - anno XLII - n. 6 - 16-31 marzo 1950
78 CRITICA SOCIALE durrebbero nell'avvenire delle merci addizionali: Il loro vero motivo è che l'investimento mette in moto una circolazione di redditi, che, di rimbalzo in rim– balzo, moltiplica l'attività. In altri termini, essi ve– dono gli effetti non nella sfera della produzione, ma nella sfera della circolazione. Questo è così- vero che per Keynes la costruzione di piramidi sarebbe altrettanto profittevole alla società quanto la fab– bricazione di attrezzature minerarie. Noi possiamo affermare, senza tema di sbagliare, che, da questo punto di vista << circolatorio », un'attribuzione di redditi alle categorie modeste della popolazi0ne, sotto la forma di prestazioni di sicurezza sociale, di allocazioni familia,ri, o , di pensioni, ha lo stesso effetto stimola,nte (18), con possibili.là , se non di «moltiplicazione», almeno di pro.pagaz ion·e (19). Troppo preoccupati dei fenomeni di circolazione dei redditi, di pieno impiego e di volume totale della ,produzione, ,i keynesfani hanno trascurato la natura concreta dei beni (o servizi) da produrre e la loro relazione con i bisogni dell'umanità da sod– disfare. Anche se esse scatenano gli stessi processi circolatori, anche se esse ritengono identici per l'im– prenditore di costruzioni, l'edificazione delle pira– midi (20) e la costruzio-ne di mille appartamenti operai, certo è che questi sono umanamente due fe– nomeni radicalmente diversi. Naturalmente, in en- . trambi i casi, un certo numero di operai sono im– piegati durante la fase della costruzione; ma l'es– senziale è che, in un caso mille famiglie avranno un focolare decente, mentre nell'altro caso noi non avremo che un mucchio di pietre disposte geome– tricamente. In quanto guida della politica economica, la co– noscenza economica dovrebbe assegnarsi due com– piti per correggere certe imperfezioni o errori del keynesianesimo. Prima ·di tutto, bisognerebbe cer– care di perfezionare gli st,rumenti di misura per mezzo dei quali si può valutare l'utilità umana so~ ciale dell'una o dell'altra categoria di beni (o ser– vizi). In seguito, bisognerebbe ricercare i punti di contatto decisivo in cui un impulso determina ve– ramente la specifi_cità dei ·beni che saranno prodotti. La debolezza del keynesismo è di pretendere di lan– ciare degli impulsi prendendo per punto di con– t~tto inizi~le. la ~a';>bricazione di mezzi di produ– z10ne (o d1 piram1d1) e dando una cieca fiducia agli e~etti suc~essivi di propagazione (o di moltiplica– z10ne). Se Il contatto iniziale è decisivo, se esso de– cide ab ovo la natura dei beni da produrre, noi preferiremmo che i poteri d'acquisto redistribuiti o addizionali fossero attribuiti sotto forma di allo– cazioni familiari, di pensioni o di prestazioni iii sicurezza sociale. Così, saremmo sicuri che l'impulso dato tenderebbe a fornire pane, latte e calzature a~ bambini, unà buona z'uppa, carbone e abiti caldi ai vecchi, prodotti farmaceutici e cure mediche ai malati. · . Ma q~1i, noi siamo ai confini del terreno scien– tifico ~ del terreno sociale e dobbiamo penetrare coraggiosamente in quest'ultimo. RoBERTMossÉ (l~) Cf. Jo~N W1LLIAMs, An appraisal of Keynesian Eco– nomics, Amerwan Economie Review, Proceedings May 1948 pag .. 281-82. Williams pensa che non vi è alcun~ ragione d; apphcar~ l'an.alisi dell'effetto di moltiplicazione a un tipo di spesa (mves1Imento) piuttosto che a un alt· ( · d" beni di consumo durevoli). ro acqmsto 1 (19) Si noterà In distinzione ka l'effetto d' · . 'ndublt b'l l' ff d' . ,, propaga%Ione, 1 a 1 e, e ~ etto. , moJtiplica:ione, che si presta alla critica. (20) Si veda Ge,neral Theory, pag. 131, e JoAN RonrNSON sulla produzione dell'oro. 81ollotecaGino Bianco La • • crisi vinicola nel Monferrato I viticultori del Monferrato - tutti piccoli C"t>l– tivatori e quasi tutti proletari nel più stretto senso ~ella parola - sono in grave preoccupazione per 11 loro domani. I vini, i prelibati vini delle nostre colline, restano invenduti nelle botti d-ei produttori. L'on. Pivano afferma che non è esatto parlarè di crisi vinicola, in quanto essa non rappresenta che un aspetto della più grave generale crisi che inve– ste tutta la vita economica della nazione, tanto verb che ogni ramo della attività industriale, commer– ciale, finanziaria soffre dello stesso marasma. Con– solazione magra per i nostri contadini. Il senatore !Medici - competentissimo fra i com– petenti - coi dati della statistica,· in cui è maestro, dimostra come, mentre al principio del secolo le crisi vinicole che si sono succedute avevano per fondamento la sovraproduzione, la attuale dipende da sottoconsumo, tanto è vero che il disponibile pro– capite di vino, in Italia, da 127 litri è sceso a 78. Riferendosi ai rilievi di due competenti tecnici pie- ' montesi - il prof. Dalmazzo ed il prof. Menzio - stabilisce come nelle crisi precedenti (1901-1902; 190.7-1908 e 1923) la produzione ha superato la me– dia rispettivamente di milioni di ettolitri 20-7-5-16, mentre oggi la crisi si ripresenta nonostante la sot– toproduzione, dovuta in pàrte alle scarse cU're pra– ticate alla vi·gna, ma in gran parte alla infestazi@ne fillosserica, 1n atto fin dal 1909, che a tutt'oggi ha distrutto ·1'11 % dei vigneti e condanna a sicura morte un terzo delle viti a coltura promiscua. Non convengo nella diagnosi che e_gli fa d·i que– sto sottoconsumo, non credo che essa dipenda dal fatto che oggi si ,spende in divertimenti qumto nel passato si spendeva nel buon frutto della vigila. La vera causa del minor consumo dipende dal fat– to che troppe categorie di cittadini - special– mente dei ceti medi ..,___ non possono più sopportare la spesa continuativa di vino in tavola, ed il cre– scere del numero delle mescite che si riscontra in tutti i grandi e piccoli _centri dimostra come molti t~oppi padri di famiglia soddisfino al bisogno de'1 vmo andandone a bere un bicchiere fuori di casa. Ad ogni modo è senza significato stabilire se la _crisi dipenda da sopraproduzione o da sottoconsu– mo: il fatto è· che nelVe provincie piemontesi e nel– l'Oltre,pò .pavese il vino non si vende. Insisto in questa Hmitazione, in quanto, se il fe– nomeno è sensibile in tutta Italia, in queste zone ha ben maggiore rilevanza. E' meno sentito nell'Italia meridionale e insulare, .perchè quei vini ad a1lto te– nore alcoolico e colorifico trovano più facile smer– cio; è meno sentito nella regione toscana, nel Ve– neto e nei Castelli romani dove la produzione del vino è fatta con sani e moderni criteri industriali e c9mmerciali. Nel Monferrato la produzione, otti– ma sotto tutti gli aspetti, è praticata con sistemi in– dividuali - ognuno nella sua· cantina e con le sue botti -: trop,po scarso è il nume·ro di vere Cantine Sociali. Manca quindi il vino tipo indispensabile per conquistare i mercati nazionali ed internazio– nali. . Questa la causa che rende più grave la crisi vi– nicola nel Monferrato, . crisi che se non viene in tempo affrontata e risolta ricaccierà il nostro con– tad~n? nella miseria del principio del secolo ed aprira un nuovo capitolo nel dolorante libro c'lelia disoccupazione agricola. Il problema è molto complicato e ad arruffarlo
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