Critica Sociale - anno XLII - n. 5 - 1-15 marzo 1950
CRITICA SOCIALE 59 Ma il pericolo inflazionistico dove lo mettete? - potrebbe domandarci qualche portavoce delle preoccupazioni eostanti dell'on. De Gasperi - e, per prevenirlo, la C.G.I.L. chiede la decurtazione dei redditi più elevati. Il pericolo inflazionistico 'è in– dubbiamente pronunciato ai nostri tempi. La de– curtazione dei redditi più alti è uno dei più sacro– santi mezzi di combatterlo, in quanto riduce certi investimenti e importazioni non essenziali. Però, nel caso di_ un piano di incremento generale della produzione e dell'impiego di mano d'opera, iVpunto critico è proprio nelle reazioni della mano d'opera. Il piano· di espansione significa, se gli investi– menti ne assicurano il successo, -l'incremento della produttività. Sarà non solo socialmente giusto, ma economicamente indispensabile (ai fini dell'allar– gamento del mercato interno), che la massa glo– bale dei salari e degli stipendi si accresca nella stessa misura (e quando le cose vanno già vera– mente bene, anche in una misura alquanto supe– riore) dell'aumento della produttività. Ma gli mve– stimenti non determinano l'aumento generale della produttività del paese, all'inizio degli stanziamen_ti. Si comincia con l'assorbire mano -d'opera supple– mentare (precedentemente disoceupata o che lavo– rava ad orario ridotto o che viene dall'estero o dalla smobilitazione militare). Si effettua una spesa sup– plementare di sàlari e stipendi, a fronte dei quali non è ancora adeguatamente accresciuta la massa dei beni di consumo. Alla Conferenza per il piano della C.G.I.L., il prof. F°i.1à 11'.l umeggiato molto bene questo punto. Ma vediamo il seguito. I prezzi au– mentano. Se l'insieme dei lavoratori reagisce al primo ·aumento dei prezzi, strappando l'aumento proporzionale dei salari e degli11stipendi, il vuoto inflazionistico rischia di crearsi. Ma se il governo responsabile del piano - assumendosi l'onere di un prezzo politico _di certi alimenti base - ottiene dai lavoratori la parziale posposizione delle loro. richieste salariali, fino a quando l'aumento della produzione non sì sia esteso alla massa dei beni di consumo, il pericolo inflazionistico è grande– mente ridotto e probabilmente eliminato. Pur tra molti tira e molla (pur tra alcune violenti punte inflazionistiche e tra g!'andi scioperi), il governo francese è riuscito a far osservare quei controlli minimi sulla distribuzione e sulla spesa ali men tare che giudicava 1ndispensabi,Ii alla, riuscita del Pia– no Monnet •e alla repressione della spinta inflazio– nistica. Oggi, ehe il pieno impiego è largamente consolidato e il vuoto inflazionist-ico è strettamente circoscritto, tutte le organizzazioni operaie france– si - comprese quelle cristiane - sanno di lotta,r,e con ragione per l'adeg uamento dei salari all'incre– mento dei .prezzi e all'aumen.to· della produzione e della massa dei• profitti. Anche in Italia, il vero problema non è di come trovare i soldi nel senso monetario, ma di come stabilire la collaborazione tra il governo e l'orga– nizzazione operaia (cosa che, in Francia, all'inizio del Piano Monnet esisteva, mentre oggi non esiste più). In presenza di una classe capitalistica anima– ta da egoismo sordido e sfrenato, l'on. De Gasperi non ha il cor-aggio di t~ndere la mano alla classe operaia. Invece di parlare di questo punto dolente fon– damentale, l'on. De Gasperi parla di ordine pubblico e di prestiti esteri. La C.G.I.L. dal suo canto parla della costituzione di enti pubblici, di certe nazio– nalizzazioni e di blocco dei licenziamenti. Sia De Gasperi che la C.G.I.L. parlano dell'esigenza di im– pedire ogni rialzo dei prezzi. L'ordine pubblico è necessario. Gli enti pubblici, per certe branche produttive, e le nazionalizzazioni, sono assai desiderabili. Ma, come insegna l'espe- BibliotecaGino Bianco rienza, queste cose non tolgono di mezzo la de– pressione economica, nè nell'Italia del 1931-33, nè nella Russia sovietica di prima del piano quin– quennale. Il blocco dei licenziamenti è, a giudizio dello scrivente, rivendicazione perfettamente giusti– ficata, quando e finchè la disoccupazione è in au– mento, il che oggi ha purtroppo luogo, mà fu un errore mantenerlo rigidamente nel 1946-47, con una ripresa produttiva in atto e sarebbe un errore vo– lerlo conservare, se si determinasse un'espansione economica. L'avvio al pieno impiego esige la piena mobilità della mano d'opera. In quanto ai prestiti esteri, sono sempre i benvenuti, ma se si delinea un ribasso generale dei prezzi, l'onere dei debiti (e specie dei debiti •in valuta estera) diventa insop– portabile, quali che siano le buone intenzioni del governo del paese debitore. I prestiti esteri non politici, che la C.G.I.L. chiede invece di quelli del– l'ERP, e che nessuno concederà su scala impor– tante,- finchè dura l'ERP, col quale l'investitore pri– vato, anche se svizzero o americano, non può com– petere, saranno, quando verrà il loro turno, i più onerosi, portando il servizio d'interessi più elevato. La stabilità dei prezzi,· esigenia nella quale l'on. De Gasperi e la C.G.I.L.· concordano, è in astratto cosa giustificata. In pratica, i prezzi all'ingrosso, che sono quelli che contano per l'andamento della produzione, hanno oggi una chiara tendenza al ri– basso e, la produzione essendo stazionaria nelle vi– cinanze del livello prebellico, ma i disoccupati a quota due milioni, è naturale che anche i prezzi al minuto tendano in definitiva a cedere. Conseguire la stabilità dei prezzi nel nuovo equilibrio econo– mico, risultante dall'assorbimento di tutti o gran parte dei senza lavoro, sarà opera meritoria e do– verosa. Oggi, l'espansione degli investimenti è inse– parabile da un graduale rialzo del livello gene– rale dei ·,p-rezzi all'ingrosso ed è uno scotto che val la pena di pagare. Non è però possibile che tutti i prezzi · al minuto rimangano in tal caso stabili e fermi; quelli dei beni pii1: richiesti aumenteranno. Credere che si tratti soltanto di correggere certe storture (sostenere certi prezzi agricoli all'ingrosso e ridurre certi prezzi alimentari al minuto ecc.) è restare ai margini del problema di una durevole ripresa. Ogni prezzo è anche un reddito. L'eleva– zione generale dei redditi, parallela all'aumento ge– nerale della produzione e condizione di un incre– mento del risparmio, sufficiente a finanziare l'espan– sione degli investimenti, è inseparabile, in un'eco- · nomia di mercato, da un rialzo del livello generale dei prezzi, fino a quando non interviene_ a com– primerli l'aumento della produttività, che è l'ob– biettivo degli investimenti. Conservare all'aumento dei prezzi all'ingrosso un carattere di uniforme gra– dualità, evitarne ripercussioni sensibili sul livello dei prezzi al minuto dei beni di consumo più im– portanti, garantire che, quando l'aumento della pro– duttività avrà luogo, i monopoli e le vischiosità non. ne impediscano le ripercussioni calmieratrici, è il compito della· moderna fiscalità redistributiva, di marca anglo-sassone, che in Italia non ha fatto an– cora il suo ingresso. Se contrapporrà questa, che è la vera politica dell'espansione, alla sterilità della rivendicazione degasperiana di impedire ogni e qualsiasi aumento dei prezzi, {la quale significa oggi impedire l'au– mento dei redditi), la C.G.I.L. potrebbe dire che il suo piano ha carattere innovatore. Non osandolo fa– re, le con.verrebbe non parlare di piano di espansio– ne dell'economia, lasciare ad altri le dis-pute sulla politica economica del governo e limitarsi, come a,l tempo dei tempi, a lottare per l'aumento dei salari. Se riuscisse i. strapparlo, su scala generale, i com– mercianti penserebbero ad adeguare i prezzi all'au– mento delia capacità d'acquisto, gli indm,triali espanderebbero la produzione per profittare dell'al-
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