Critica Sociale - anno XLII - n. 4 - 16-28 febbraio 1950

CRITICA SOCIALE 49 Ed ora « la Confederazione Generale del Lavoro dovrà de– cidersi: dovrà cioè ritornare un organismo egregiamente e . squisi,tamente operaio, sottratto alle egemonie infauste dei partiti socialisti o non soci.0'1isti >. · Faceva quindi seguire un brano· <lei discorso da luL.pro– nunziato alla Camera un anno prima, il 23 luglio 1921 : · « Non è il caso di parlare df democratici 'liberali e demo– cratici sociali, che sone qua dentro, nia non sono nel Paese ; ma del Socialismo, che già cen il voto della Confederazione del Lavor.o in materia di pubblfci servizi si dimostrò maturo per il Governo; deii popòhari, forza esistente e potente che si fonda suUa forza del cattolicismo ed una forza che rac– coglie 'le migliori energie del Paese: il Fascismo. Sarà que- · sta coalizione che avrà il merito di condurre l'Italia ai suoi · migliori destini» (10). Per l'Avan,ti, l'andata al Quirinale, « pi.ù,che rompere una tradizione e sollevar.e èclamazioni di meraviglia, pone e ri– solve il problema: il problema che ~ravagliò e appassionò nell'ultimo decennio la vita del nostro partito. In Turati non è più il dubbio ansioso di negare se stesso. La sua visita al Re definisce e fisionomizza il socialismq, il suo socialismo : conservazione>. Ormai non è più da dubitare: per i compagni della con- centrazione « il soci0:lismo deve inserirsi nello Stato e nello Stato immettere -le forze e le-energie capad di conservame La struttura che uscì dalla rivoluzione capitalistica; cessare, quindi, di essere metodo critico, sistema di négazione e azione di ,opposizione, per assumere le forme e i modi che la funzione conservatrice appresta. Abbasso Marx, dunque: Abbasso il sociat.ismo ! e anche il -riformismo» {II). Secondo la Giustizia, « i compagni d'Italia· sentono la tra– gedia che i111furia in tutta la sua estensione; se essi sapranno scindere il lato formale della cosa dall'enorme importanza del fatto in sè, comprendendo che il passo che oggi ha compiuto Filippo Turati non è piaggeria ed umiliazione, ma l'atto necessario' che inizia l'opera voluta dall'ordine del gior– no approvato ieri perchè l'Italia si avvii al ritorno _della normalità civile, condizione •necessaria ad ogni futura· ele– vazione del proletariiato. Le furie bestiali degli avversari dicono chiaro che battiamo la buona strada» (Ì2). ·(continua) ALESSANDRO SCHIAVI 1 (10) .Po,polo d'lta1'ia, 30 lugli<> 1922. (11) Avanlif, 30-31 lug.Jlo 1922. (12) La Gi~•stiz,fo, 29-30 luglio 1922. Socialismo e-lavoro forzato nella dottrina bolscevica (Continuazione e fine) Tuttavia, aggiunge Trotzky, non bisogna 'confondere « il militarismo borghese con il militarismo proletario, soèialista, comunista», giacchè « la nostra militarizza– zione si distingue da tutte lc:ialtre. militarizzazic;mi d.el mondo borghese ne'llo stesso modii>in cui il proletariato organizzato si differenzia dalla borghesia· organizzata ». In quanto poi alla nota tesi che il lavoro forzato è poco produttivo, il relatore dichiara che chi pensa cosi è vittima « del più misero •e triviale pregiudizio bor– ghese» e s_i,trova « in baHa d~lla ideologia borghese e nega ie fondamenta stesse dell'economia socialista», -poichè il socialismo è « l'organizzazione del la vero sulla base della forma coercitiva della solidarietà». E dire che « il lavoro forzato è improduttivo significa dire che l'economia socialista non è realizzabile», giacchè « non esistono altre vie verso il iì@cialismo tranne quella della distribuz 0 ione autoritaria, da parte del centro economi– co, di tutte le forze lavoratrici conforìnemente alle ne– cessità ··del piano economico generale elaborato dallo Stato». Donde sorge « il diritto dello Stato operaio di man– dare ogni lavoratore e ogni lavoratrice in quel luogo dove ciascuno di essi è neces1;1arioper eseguire il com– pito assegnato ». Insomma, per il bolscevismo « la mi– litarizzazione del lavoro» è un inevitabile, fondamen– tale, metodo di organizzazione socialista della fatica umana. Queste poche citazioni bastano per dimostrare che il bolscevismo riduce· l'uomo allo stato di cosa, di une strumento dell'ipertrofico statalismo, il quale poi si iden– tifica, in Russia, con un dispotico e crudele assolutismo governativo di un piccolo gruppo di oligarchi. E chi crede che il bolscevismo sia l'autentico socialismo, do– vreb_l>e,per coerenza logica, almeno avere il ·coraggio di riconoscere quali veri profeti quégli acerrimi critici del socialismo, che non si stancano di ripetere la sen– tenza, espressa ancora nel 1848 da Ledru Rollin, che « le soclalisme, c'est l'Etat se substituant à la liberté indivlduelle et devenant le plus affreu:x: des tyra,ns ». IV. Òpinione di Bucharin. Pena di morte come metodo di rieducazione dell'umanità. Diamo adesso un breve riassunto del tentativo di Bu– charin, che allora era il più autorevole e filosofo del bolscevismo», di interpretare la « coercizione sociali– sta » come un metodo di rieducazione politico-sociale BibliotecaGino Bianco della umanità. Partendo dalla sentenza di Carlo Marx che « il potere poli_tico è la forza organizzata di una cla<ise che ha per scopo la subordinazione di un'altra classe», Bucharin, con una sequèla di sofismi, cerca di ribadire questo chiodo per assicurare· la trave mae– stra •di tutto l'edificio dottrinari·o bolscevico. Tale « violenza- concentrata» - spiega Bucharl.n - deve essere adoperata, non solo contro la ··classe bor– ghese, ma ànche « .nell'inter,no della classe proletaria »~ giacchè il socialismo, arrivato rivoluzlonariamente al po– tere, ricéve dal capitalismo borghese le masse operaie arretrate, che solo .istintivamente simpatizzano con la, rivoluzione, ma « non possono chiaramente formulare Ìe sue finalità, nè tracciarne le vie»· e, quindi, per av– viarle sulla strada giusta -è necessario che « l'ayan– guardia del proletariato, cioè il parti,to comunista, ado– peri la coazione anche nei riguardi della c!asse diri– gente dei lavoratori». Tuttavia, soltanto l'antiquata mentalità borghese con le sue tendenze individualistiche può intendere « un piano conforme alle :finalità sociali come una grossolana coercizione della libera personalità ·umana» e non capire 'che in una società .senza classi la ferrea disciplina coattiva « esprime la volontà col- , lettiva di tutti, obbligatoria _per ciascheduno» e che, perciò, essa, benchè parta « dal centro crist1,1.llizzato» verso « l'amorfa e polverizzata periferia » diventa « la autocoazione della classe operaia e fattore della sua autoorganizzazione e autodisciplina ». Anzi, la ferrea disciplina esercitata dal governo dittatoriale acquista in questo caso le taumaturgiche capacità di diventare « un necessario metodo di rieducazione rivoluzionaria del proletariato», che accelera la stia trasformazione dalla « classe in sè » i•n « classe per sè ». In altri ter– mini, la coartazione, secondo le sofistiche elucubrazioni dei bolscevichi, nelle loro mani altro non è. che « una consàpevole forza di coesione delle particelle della clas– se operaia, la quale forza per alcune categorie, " subiet– tivamente" costituisce una pressione dall'esterno, ma per l'intera classe operaia " obiettivamente" è una accelerata autoorganizzazione ». Nella società pienamente comunista - ci consola l'autore - regnerà una completa libertà della persona umana e « pieno autogoverno», ma nel periodo di tran– sizione l'autogoverno della classe 9peraia deve esistere · insieme con la coartazione, che la classe lavoratrice stabilisce per se medesima come « classe per sè » e per tutte le sue parti. La contradizione fra la coartazione e l'autogoverno esprime qui « il contradittorio carattere

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