Critica Sociale - anno XLII - n. 3 - 1-16 febbraio 1950

CRITICA SOCIALE 29 me si vuol far credere, dalla buona volontà dei nazio– nallsti Indonesiani e dei democristiani olandesi (chè nè gli uni nè gli altri di buona volontà ne hanno mai avuta troppa), bensl dalla rovina economica dei due paesi e, soprattutto, dal fatto che il Dipartimento di Stato ha bisogno, in questo momento, di un'Indonesia_ tranquilla e ricca di fronte alla Cina comunista. I Ci– nesi, diffusi in gran numero nell'arcipelago ed odiati dai Malesi per la lor.o attività commerciale non sempre. onesta, svolgono un'attivissima propaganda, che trova nella miseria del paese il maggiore incoraggiamento Non bisogna dimenticare che il 'Giappone ha potuto resistere per quattro anni alla pressione ameriçana, perchè aveva trovato nell'Indonesia risorse di materie prime praticamente inesauribili. Si tenga presente an– che la posizione strategica dell'arcipelago, che unisce le Filippine all'India ed all' .Australia. Solo una colla– borazione tra Olanda ed Indonesia, con conseguente miglioramento economico, potrèbbe smorzare gli ec– cessi del nazionalismo e tenere a freno il comunismo in questa zona, come è stato più volte rilevato dalla stesso Soekarno in vai:i discorsi. Interessante potrebbe essere invece l'esame dei r-apporti tra i diversi membri degli Stati Uniti di Indonesia tra loro. Fu questo il pùnto su cui fallì nel '47 l'accordo di Linggatjadj. La Repubblica di Jogjakarta sarà effettivamente il cen– tro propulsore degli Stati Uniti o dovrà dividere il potere con gli Stati dell'est, infinitamente più arretrati ed influenzati dall'Olanda? Il fatto che Soekarno sia stato eletto presidente e eh~ Hatta continui ad essere Primo· Ministro, parrebbero escludere questa seconda ipotesi. In linea di massima il potere sarà detenuto, come per il passato, dal gruppo di Soekarno; quanto meno la direzione, anche se potranno cambiare gli uomini, rimarrà nelle mani d'i coloro che hanno con– dotto la lotta dal '45 a-d ora. Questo, a grandi linee,. lo svolgersi degli eventi, -in un problema estremamente interessante, non solo per– chè attraverso di essi si è venuta costituendo l'auto_– nomia politica per 70 milioni di uomini, ma anche per– chè in Indonesia si possono vedere con maggiore chia– rezza che altrove gli spostamenti avvenuti nel campo politico in questi ultimi anni ed in particolare si pos– sono esaminare le cause che hanno portato alle crisi del governi socialisti costituitisi nel 1945 dopo la libe– razione.· Di tutfi i paesi asiatici, infatti, l'Indùnesia è quello per cui la terminologia politica occidentale può meglio avere un certo valore di orientamento_ anche se, naturalmente, l'istanza nazionalistica sia assai più viva che in Europa nei partiti socialisti, per non par– lare del nazionalismo esasperato dei comunisti. Si manterrà Soekarno indi.pendente, , o, liberatasi dalla dominazione olandese, l'Indonesia finirà agli or– dini del Dipartimento di Stato? E' difficile dire per ora: c erto la· situazione in .Asia è cosi tesa, che facil• men.te un eccessivo timore del comun'smo potrà· far precipi tare la nuova Repubblica nel campo dell'impe– rialismo ~mericano. C'è un'altra ipotesi: il formarsi at– torno al Commonwealth britannico di una forza demo– cratica e socialista in .Asia, che fermi l'avanzata co– munista In Est.remo Oriente elevando il tenore di vita delle popolazioni ed eliminando la corruzione delle classi dirigenti. Questa è veramente l'unica via che consenta, l'indipendenza ai popoli asiatici: prova ne sia l'avanzata comunista in Cina, che dalla miseria dei contadini e dalla corl'uttela del governo nazionalista ha tratto le ragioni prime della sua rapida riuscita. Nè a molto potrebbero giovare massicci aiuti dagli Stati Uniti se non si dovesse procedere ad una radicale rivo– h1;,.:lonesociale e ad un risanamento delle classi di– rigenti. Proprio per questo, lo sviluppo delle forze socialiste in Indonesia si presenta come condizione necessaria ed Indispensabile di una futura indipendenza del paese non solo sul terreno politico, ma anche su quello so– c1ale ed economico. ENRICA PISCHEL Note sul bilancio dell'economia nazionale Fra pochi giorni, il Ministro del Tesoro dovrebbe presentare al Parlamento, oltre al Bilancio che com– pendia )e. entrate e le spese dello Stato, un vero e proprio bilancio dell'economia nazionale, nel qua– le figureranno dati ufficiali sul reddito, sugli inve– stimenti, sui consumi, sull'occupazione di mano d'opera e così via. L'innovazione, che dovrebbe avere come suoi modelli !'Economie Survey, che il governo laburista pubblica anno per anno, e la relazione economica contenuta nel messaggio an– nuale di Truman al Congresso, è indubbiamente sa– lutare. Alcune differenze, purtroppo inevitabili per . il momento, tra il Bilancio economico italiano e quello dei paesi .anglo-sassoni, saltano tuttavia agli occhi. I dati inglesi ed americani sono ricavati da cen– si-menti coin•tinuamente aggiornati ed esprimono dun– que, effettivamente, la ripartizione dei redditi fra le varie categorie sociali e l'incremento annuo dei valori aggiunti della produzione industriale ed agri– cola. Ammessa l'inefficienza del nostro apparato fi– scale, i dati sulla ripartizione dei redditi sono, jn Italia, largamente congetturali, mentre i dati sul prodotto annuo dell'industria, dell'agricoltura e delle altre branche, sono una sintesi tra i valori aggiunti rilevati in occasione dei censimenti pre– bellici e i valori lordi, di cui disponiamo attual– mente. (Questo fatto spiega in parte le divergenze tra i dati correnti sul reddito nazionafo, fornHi- da questo o da quell'Ufficio statistico di enti pubblici e privati). · · · Diversa è la sostanza che il bilancio economico riflette, nei paesi anglo-sassoni e in Italia. Colà si tratta .di mantenere la piena occupazione, gl'OSSO mod,o già raggiunta, della mano d'opera e degH al– tri fattori della produzione. In Italia, abbiamo due milioni· circa di disoccupati dichiarati, oltre alla falange delle persone insufficientemente occupate e dei giovani. che fanno code di anni per poter en– trare nell'attività produttiva. Anche fra la situa– zione statunitense e quella inglese corrono ovvia– mente differenze radicali. Gli Stati Uniti devono preoccuparsi di evitare la caduta della dòmanda to– tale, sul loro mercato interno, mentre il problema chiave della Gran Bretagna è di arginare il disa– vanzo nella bilancia dei pagamenti. L'Italia gode del disgraziato privilegio di avere l'una e l'altra di queste preoccupazioni,. ma in più, e precisa– mente in via primordiale, è afilitta da una disoc– cupazione strutturale, dovuta in primo luogo ad insufficienza di dotazione di capitale pro capitt: della mano d'opera disponibile, ed in secondo luogo alla ristrettezza del mercato interno; depresso dalle paghe troppo basse di gran parte dei lavoratori. Infine, diverso è il clima spirituale, nel quale quei bilanci vengono esaminati, diverso è il senso di so– lidarietà sociale, che ne raccoglie le conclusioni. Gli abbienti inglesi accettano di pagare imposte ve– ramente gravose, per evitare che ci sia disoccu– pazione in Gran Bretagna. Gli abbienti americani accettano di pagare imposte abbastanza sensibili, non soltanto per dar lavoro ai cittadini degli Stati Uniti, ma anche per assicurare il pane alle popo– lazioni dei 16 paesi dell'E.R.P. In Italia, l'egoismo della classe ricca non conosce limiti. La Confin– dustria e la Confida preferirebbero finanziare una nuova rivoluzione fascista, anzichè accettare quella fiscalità redistributiva che, nei paesi anglo-sassoni, è alla base della giustizia sociale. D'altra parte, nel

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