Critica Sociale - anno XLII - n. 3 - 1-16 febbraio 1950

CRITICA SOCIALE 33 tro saranno cooptati dallo stesso Consiglio Nazio– nale. . . . \ Ho premesso che, attraverso i lavori della Com– .missione, il progetto ha fatto notevoli passi avanti. Ma restano ancora forti dubbi. A mio avviso permane soprattutto il difetto di una struttura troppo ristretta. Se il C.N.E.L. sarà sottoposto ad un intenso lavoro, una sessantinà di membri non bastano. Per- di più sessanta membri non sembrano conferire alla_ istituzione quella rap– presentatività sufficiente delle diverse categorie pro– duttive, e soprattutto quella possibilità di portare avanti la esperienza di gente, libera dalla burocrazia e indipendente (almeno in modo relativo) dalla po– litica e dal parlamentarismo, che è più immedia– tamente e direttamente in contatto con i concreti e reali problemi della economia e del lavoro. Altro· grosso difetto è che quest'organo nasce al centro, ma senza irradiazioni periferiche, senza es– sere in grado di avere alla periferia dei tramiti di contatto e degli or-gani percettivi. II problema na– turalmente è molto grosso (non è pensabile di isti– tuire regionalmente degli analoghi consigli). Basti · notare qui il pericolo che il C.N.E.L. abbia a difet– tare di contatti assidui e generali con il paese, le cui vive e dirette istanze dovrebbe pure rappre- sentare. · E infine appare difettosa anche la sua compagine, imperniata solo sul presidente, nominato dal go– verno, e su di una malcerta segreteria, mentre in realtà un organo del genere ha bisogno da un lato di un certo apparato che assicuri la continuità per– manente del suo lavoro-, e d'altro lato di aveire a sua disposizione altri organi ed istituti di indagine, di ricerca, di informazioni, se vorrà essere veramente un orga_no di lavoro e non una palestra di oratori. ALADINO Socialismo e lavoro forzato nella dottrina bol~cevica I. Lavoro schiavistico e costruzione socialista. Dopo la presentazione del regolamento sovietico, con– cernente i cos!detti « campi correzionali di lavoro», fatta il 22 luglio '49 al Consiglio economico e sociale dell'ONU dal delegato inglese, l'esistenza del lavoro forzato im– posto nell'U.R.S.S. ai milioni di deportati, quasi esclu– sivamente per ragione p~lìtica, è ormai fuori di qual– siasi dubbio. Ma quanta fatica e quanl-0 tempo ci vo– leva per far entrare questa dolorosa verità· nel do– minio della coscienzà generale! Il fatto è che sul la– voro forzato in Russia· è stato scritto già tanto e ùa tanto tempo in libri e in tutti i giornali e riviste, pub– blicati nei vari paesi europei e in America dagli emi– grati russi. Inoltre, tempo fa su questo che è l'aspetto più decisamente rivelatore della, realtà sovietica- fu at– tirata ,l'attenzione dal libro Forced labour in SO'IJiet Russia, scritto da due socialisti emigrati, D. I. Dal– Iin e B. I. Nicolaevsky. In tale nuova, ampia, diligente, scrupolosa indagine gli autori hanno raccolto insieme, verificato e criticamente· esaminato tutto il ricco ma– teriale accumulatosi, completandolò con le abbondai;iti testimonianze scritte, venute a luce dopo il rilascio di milioni di deportati .polacchi e di altre nazioni negli anni 1941-1942 (cioè in seguito all'attacco di Hitler), e con l'accurato esame di rispettivi documenti ed atti ufficiali del governo moscovita. Studio obbiettivo, fatto imparzialmente, senza preconcetto polemico è inten- · zione faziosa; esso non solo ci dà un quadro quasi completo del lavoro coatto nell'U.R.S.S., -ma definisce• pure la specifica funzione che tale lavoro ha nel si– stema economico del regime sovietico e nella « co– struzione socialista » bolscevica.· Tuttavia, nè queste competenti e documentate testi– monianze, nè analoghe affermazioni e proteste dei di– versi rappresentanti del moyimento socialista e ope– raio europeo e americano erano capaci di scuotere la coscienza morale del mondo come è riuscita a fare la « bomba » della rivelazione, fatta dal delegato inglese. Comunque sia, oggi il problema del lavoro schiavistico in Russia è posto in tutto il suo tragico contenuto din– nanzi all'opinione pubblica mondiale e, soprattutto, dinnanzi alla coscienza del movimento socialista e ope– raio di tutte le nazioni. La specifica tragieità di questo sistema schiavista è determinata dal fatto che esso non è soltanto frutto di vendetta politica che persegue scopi punitivi, ma co– stituisce, invece, un particolare « strumentum regni », un elemento nel complesso dei metodi bolscevichi di « edificare il socialil!!mo », giacchè oramai è documen– tata l'esistenza dell'indissolubile legame fra la « linea BibliotecaGino Bianco generale direttrice » della., politica . economica del go– verno moscovita, cioè fra l'accelerato sviluppo della p-ia– nificazione e collettivizzazione rigidamente statizzata - attraverso piani quinquenna1i, da una parte, e l'accre– scimento e l'allargamento del lavoro schiavistico dal– l'altra. Difatti, all'inizio della nuova « linea_ generale », cioè neg1i anni 1928-30, funzionavano solo· sei campi con 700 mila arrestati. Pof il numero dei campi e degli schiavi ha cominciato progressivamente ad aumentare, parallelamente all'inteusifi-ca~ione della pian'ficazione burocratica, cosicchè per gli anni 1945-47 abbiamo già 125 « campi di lavoro correzionale». Ed in base ai documenti ben cautamente esaminati si arriva alla conclusione che il numero delle vittime di tale sfrut– tamento schiavistico ora non è minore di 10 milioni, ed aumenta sempre. Ora, basta tener conto del fatto che circa il 90 % della disgraziata popolazione -che patisce in questi « campi correzionali di lavoro » è costituito dagli uomini di età superiore a 18 anni e che nell'U.R.S.S. _ogni piccola, reale o sospettata, deviazione ideologica e ogni mancanza contro la rigidissima disciplina lavorativa (ritardo, negligenza, insoddisfacente rendimento, ecc.) sono considerati « _sabotaggio e delitto contro lo Stato», per comprendere che i « campi correzionali » sono stati escogitati appositamente coll'intenzione d•i creare ner quadro del regime dittatoriale uno specifico organo a sè stante dell'economia statale per lo sfruttamento più intenso del lavoro coatto. L'•indagine compiuta dai due socialisti russi non la– scia alcun dubbio che l'obiettivo principale di questo obbrobrioso sistema è appunto economico, quello, cioè, di ottenere « un importante risparmio di costi con il lavoro a più buon mercato», cosicchè negli ultimi 15 anni il lavoro schiavistko, secondo i calcoH fatti dal Dallin, è diventato una fonte di altissimi profitti per lo Stato sov•ietico. Quanto poi alla nota questione che il lavoro coatto · è uno dei modi meno redditizi della produzione, il go- · verno bolscevico cerca di rimediare a questo difetto costringendo i disgraziati a lavorare il più intensamente possibile mediante una crudele e ben calcolata disci– plina, in cui molto « bastone » e poca « carota » sono combinati in tal modo da costringere il lavoratore a spendere tutta la propria energia allo scopo di raggiun– gere l'obbligatoria « norma » di prestazione minima per non essere lasciato morire di fame. Ed ancora un altro tratto caratteristico peculiare distingue il lavoro for– zato nell'Unione Sovietica . .Esso è determ;nato ùalla differenza che esiste tra la schiavitù nel regime della propriet_à privata e la sch•iavitù statizzata in un regime

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