Critica Sociale - anno XLII - n. 3 - 1-16 febbraio 1950
CRITICA SOCIALE onesta pr.ovv1g10ne, nonchè d~gli enti comunali e delle cooperative. Perchè lo Stato non dovrebbe met– tere i lavoratori .in grado di' aumentare i propri consumi di articoli industriali (tessuti, biciclette e motociclette o mobilio), ponendoli in vendita a prezzi compressi e, nel caso dei pnlpri dipendenti, anche a pagamento rateale? Un certo numero di ope– ratori del commercio ne sarebbe momentaneamente danneggiato (e ·potrebbe essere compensato con ri– duzioni d'imposte accordate a chi sia stato vera– mente danneggiato), ma l'economia nazionale nel suo insieme ne sarebbe avvantaggiata. Queste com– messe formand-o un circuito monetario (pokhè lo Stato finisce con l'incassare quanto ha speso) ed allargando invece l'offerta di beni di consumo, la relativa spesa, se bene amministrata, non può mai creare una spinta inflazionistica, anche se inizial– mente richiede l'allargamento della circolazione bancari,a (1). Analogamente, dovrebbero essere produttivi gli investimenti veri e propri nelle aziende statali e parastatali, quegli investimenti cioè che le rinno– vano tecnicamente e, dunque, ne diminuiscono i co– sti e ne aumeÌì<tano le possibilità di vendita all'in– terno e di esportazione. Ma qui incontriamo, molto spesso, il limit.e della mano d'opera, che la razio– nalizzazione rischia di ·rar diventare esuberante. Tale limite non sussiste, invece, per quella for– ma di taie in·tervenfo ·statale, che 6.ncr,ementa l'atti– v'Hà economica pTivata con facilitazioni di fina,nzia– mento o di Ti 1 sconto a coloro che, ad esempio, pro– ducono ii beni ,nece-ssairi affindustri-aJizz-azione• del– l'agI"koHU'ra, che il Governo ha nel suo p,rogramma. In tutti questi casi, e in parecchi altri, che sono altrettanto degni di considerazione, ·Io Stato deve fare una politica di debito pubblico a media e lunga scadenza, e finanziarne il servizio interessi, con le imposte. Non è vero che col debito pubblico lo Stato diminuisca le possibilità di finanziamento delle im– prese private, dacchè impiega il ricavato del de– bito pubblico per fare commesse alle imprese o per facilitar loro l'accesso al capitale d'esercizio. Vero è soltanto che cresce la responsabilità dello Stato e quindi diventa maggiore il suo diritto (e il suo dovere) di controllare la vita economica nazionale. Il pericoib non è che lo Stato calpesti le possibilità delle imprese private, ma se mai che fra zone della burocrazia · statale e certe imprese private si sta– biliscano (o, a dir vero, continuino a sussistere) rapporti di omertà, di favoritismo reciproco. Ma il pericolo sussiste solo finchè il difetto è nel ma– nico. Il rimedio deve venire dall'alto. Finchè il governo non si incamminerà per que– sta via, il bilancio economico nazionale potrà es– sere un documento interessante, ma interessante proprio_ solo come documento; non sarà strumento di azione propulsiva, mezzo di ripresa economica. LEO VALIANI (1) Progetti del genere furono discussi particola-reggiata– mente negli Stati Uniti·, su schemi tracciati dal prof. F.-ank Gra-ham, e attuazioni pratiche 111e f.ur01110fatte con successo nei paesi scandi,navi. · Rinnovate l'abbona- mento, procurate nuovi abbonati, Critica sostenete Sociale! BibliotecaGino Bianco la Stapernascere il c·.N.E.L. Ci sono delle istituzioni, magari anche elevate ad organi costituzionali, che, affrettatamente abboz– zate dalla Costituente, sembrano non avere pr.oprio nessuna fretta di nascere. O che, quando stanno per nascere, sembrano trovarsi spaesate e a disagio in un clima tanto profondamente mutato. Così avviene per questo Consiglio Nazionale del– l'Economia e del Lavoro, che sembrava veramente caduto in una specie di oblio. Vera Cenerentola della Costituzione, confinato in quell'art. 99 che ad un tempo gettava uno schema impegnativo e mani– festava la preoccupazione di rinviare tutto alla leg– ge istitutiva, il C.N.E.L. dovette attendere il marzo 1949 perchè i,l ,gov;e·rno ne presentasse al Senato il progetto di costituzione (n. 318). Il Senato no– minò una -apposita commissione. E non fu pigrizia se essa solo ora ha terminato i suoi lavori. In realtà essa si trovò a dovere ridiscutere daccapo - e lo fece con serenità e profondità - tutti i problemi connessi con quest'organo. Discussioni che, se da un lato mettevano in evidenza le insufficienze del progetto governativo, dall'altro, man mano che pro– seguivano, facevano sorgere vecchi e nuovi dubbi 5ulla funzionalità e sulla opportunità dell'organo da éostituire. Nella recente ci;-isi di governo, certe istanze, che muov•eva,no da, ambienti sindacali, furono improv– visamente una specie di campanello di allarme circa la lenta gestazione del C.N.E.L. Questo ridivenne · di attualità. Ed il presidente della Commissione, sen. Paratore, diede assicurazione che, terminati ormai i lavori, in brevissimo tempo il progetto sarebbe stato sottoposto alla discussione della Camera Alta. Prima che si accenda il dibattito parlamentare, ve– diamo di discuterne obiettivamente. Riconosciamo alla commissione senatoriale il me– rito di avere compiuti alcuni passi avanti rispett9 al progetto governativo, le cui deficienze altra volta m'ero sforzato di mettere in luce proprio su queste colonne (Critica Sociale del 1 ° maggio 1949). Par– tendo dalle critiche che allora venivo facendo, è opportuno rilevare quali sono stati gli apporti po– sitivi e quali le deficienze che tuttora permangono. 1) 11 ·c.N.E.L. è limitato dalla stessa Costituzione ad una funzione di consulenza del Governo e del Parlamento, consulenza che vuol essere non già po– litica, ma tecnica, nel campo della economia e de! lavoro. Ma sorgeva immediatamente il problema del– la portata di tale consulenza. E' chiaro che se, co– me nel progetto ·governativo, fosse stato lasciato al puro arbitrio del Governo e delle Camere di richie– dere o meno, caso per caso, la consulenza del C.N.E.L., questo sarebbe stato in partenza esauto– rato. Non soltanto la sua attività sarebbe stata pri– vata di ogni autonomia, funzionando solo se ed in quanto fosse piaciuto agli organi politici, ma, chia– mato solo saltuariamente a pronunciarsi, sarebbe stato nella impossibilità di formarsi una visione or– ganica e ge,neraie e di pronunciarsi su tuUi i pirov– vedimenti in materia. Logico quindi che nella Com– missione si profilasse la tendenza a richiedere una consulenza obbligatoria, ma non mai vincolativa, del C.N.E.L. sui provvedimenti in materia econo– mica e sociale. Tendenza contrastata tuttavia da due ragionevoli e gravi preoccupazioni: che il la– voro legislativo, già di per sè tutt'altro che spedito, avesse ad essere ritardato con la necessità di sen– tire previamente il C.N.E.L., e che quest'organo ve– nisse sopraffatto da una eccessiva mole di lavoro. Tra le molte soluzioni possibili, se ne, è accolta una abbastanza ragionevole. Le Camere ed il Go– verno hanno l'obbligo di chiedere il parere del C.N.E.L. sopra i disegni rli legge e sopra gli schemi
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