Critica Sociale - anno XLII - n. 1-2 - 1-16 gennaio 1950
8 CRITICA SOCIALE g,li, elementi piccolo-b~rghe~i, per cm 1 cosiddetti <appoggi» ministeriaih costitmscono l'alfa e l'ome- ga della poliitica. . . . . . De Gaspe·ri crede di avere or~ai msento defllila– tivamen te nel suo, nuovo Fr-o_nte 11_P.S.L.I. ~ttra~e~– so i risultati di Napoli. Egh ha bisogno d1 un ~h– chetta, sociali,sta per ,iil.suo Gover·~o, e _ques~a e a portata, di man.o. Poco importa .poi a lm se 11 Par– tito ne esca snaturato. II Presidente del Consiglio forse però s'inganna. La formula del 18 apdle è taimente superata, cht. facilmente potrà tra brt;ve dim?st.rarsi tale alla _ma~_– giorrun,za del paese, e m parhcoll}'re anche. ai p_i,u rinunCJiatari ,degli elementi del P.S.L.I. Ed e facile che •la chiarificazione avvenga prim"<I che la colla– borazione governativa a condizioni « falliment~i :> abbia definitivamente spenta nel P.S.L.I. ogm 1- sta,nza di r.innovamffillto. La vera cri,si di governo, se rinviata oggi,_ scop: .pierà domani,. Questa data attendono co}o:ro 1 quali vogliono cancellare il non !foto ricordo del Congres– so di Napoli, per riprendere il cammino interrotto dalla ,disgraziata decisione presa il 31 ottobre 1949 dalla Direzione del P.S.L.I. LUIGI PRETI Le responsabilità del P. S. L. I. Il Congresso di Napo},i del P.S.L.I. ha dedso di continuare la po1Hica deila collaborazione gover– nativa. Non spenderemmo ulteriori parole sull',argomen– to se non avessimo lasciato in quel Partito, che è ~tata la nost•ra casa per quasi tre anni, tanti cari compagni della cui fede e del cui sentire socialista e democratico non abbiamo mai dubitato; soprat– tutto, non troveremmo utile polemizzare, se non avessimo constatato che il Congresso, pur tra gli inevit.abili incontri di corridoio e i più o meno evi– tabili incidenti... contabili, si è svolto nel clima della più autentica democrazia interna e nena più illimitata libertà d'opinione e di manifestazione della stessa.· La minoranza contraria alla coHaborarione, condotta con efficace combattività da:l compagno Preti, ha potuto esporre, senza riserve e limi,tazioni, le sue tesi; le quali, per giunta, hanno trovato il dovuto risaJ.to nei resoconti congressuali del gio-r– nale del P,artito. La collaborazione è dunque effettivamente vo~ Iuta da una qualificata e rispettabile maggioranza dei compagni del P.S.L.I. Un'analisi induttiva degli argomenti che stanno a sostegno della tesi collaborazionista ci porta, in so– stanza, alle seguenti conclusioni: la partecipazione dei socialisti al governo• è fondata su una reale vi– sione della realtà politic!1; solo stando al governo è possibile fare qualcosa per la dasse lavoratrice; fuori del governo, non si ha alcuna influenza sul– l'apparato statale e amministrativo. Tutti gli avver– sari di questa tesi sono dei sentimentali, degli uo– mini fuori della realtà. E' dunque un richiamo ai « buon senso comune», all'« arte del possibile». Ed è forse per questo che l'appello parte sopmttutto da uomini con tanto di b~rba bi!¼n<;a,_ tanto più_ autorevoli in quanto hanno dietro d1 se 11 loro bel passato di soci,alisti oppo– sitori e lottatori. Il buòn senso si sa è un portato dell'esperienza e degli anni, che dif;tta ai giovani più o meno... « turchl ». Evitiamo di soffermarci sulla definizione del « ,buon senso » data da Engels, che i'ha deriso come un « prodotto casalingo »; dici.amo che il « sano buon senso » dei vecchi, ottimo rimedio ed. efficace BibliotecaGino Bianco talismano per risolvere i problemi del giorno, ha sempre fallito qu~ndo si è . t_rattato di appl_icarlo ai grandi problemi della pohhca. Ora, non c1 yen– gano a dire che il problema della collaborazione è una « questione· del giorno», una questione di ordinaria amministrazione, di tattica contingente, che lascia impregiudicati i principi. Se c'è ancora qualcun.o disposto onestamente a cre,de·rl?, dOP? quel po' po'. di 1isastr<;> che sta subendo 1_1movi– mento socialista m Italia per effetto proprio del~~ discordanze. su questo punto, alzi la mano: costui sarebbe davvero privo di qualsiasi senso della realtà. , La politica di coalizione governativa, votata dal Congresso di Napoli, investe in pieno iil problema ideologico. E' l'ultima illusione del riformismo re– visionista, che si traduce, sul piano pratico, nel ministerialismo riformista, condannato dalla espe– rienza storica al totale fallimento. Essa illusione si fonda sulla speranza - mera speranza, non con– fortat•a mai finora da nessun apprezzabile ri_sultato ìn sede storica (ma quando finiranno i socialisti di vivere sulla speranza?) - che la partecipazione al governo don forze borghesi, qualunque sia la pre– ponderanza di qùeste, rappresenti la via f er con– durre, passo passo, il proletariato verso i potere. E non ci soffermeremo nemmeno sulla condanna pronunciata contro il ministerialismo ad ogrii costo da Karl Kautsky e da Rosa Luxemburg, e cioè dal– l'Internazionale, di cui quei due furono i massimi esponenti, al tempo dell'infelice primo esperimento di P,artecipaz10ne socialista al governo: diciamo dell ingresso del socialista Millerand nel gabinetto borghese Waldeck,Rousseau, in Francia, 111tel 1899. Affermò il Kautsky che l'opportunismo insito nella posizione di compromesso necessariamente assunta dai- socialisti in un governo siffatto, non rafforza la classe lavoratrice, ma l'indebolisce. E si badi che nè Kautsky nè la Luxemburg, nè alqun altro degli scrHtori della socialdemocrazia avversi alla politica di coalizione con la borghesia, si dichia– ravano contrari per principi-O, e in quaisiasi slitua– zione, .a questa politica. Essi ammetteva-no la, pos– sibilità di situazioni in cui la coalizione fosse ine– vitabile; ma dovevano essere situazioni rarissime, eccezionali, create da una temperie acutamente ri– voluzionaria: insomma, l'eccezione che conferma la regola. E nessuno ricusa di ammettere che una tale situaz.ione eccezionale si fosse creata alla vi– gilia del 18 aprile; quando la punta rivo1uzionaria della situazione era data daHa tensione degli e,enti, in procinto di precipitare nell'abisso della perdita di tutte le libertà democratiche. Ma la regola è quella 1 che si ristabilisce, trascorse queste circo– stanze: e 1'a regola è che, Ì'n una società borghese, il posto dei socialisti è all'opposizione, non àl go– verno, quando non si,a possibile avere una influenza decisiva. I compagni della maggioranza del P .S.L.I., pur non negando le infelici esperienze storiche fatte dal movimento della classe lavoratrice con la politica di coalizione, sorgono oggi e pongono un nuovo dilemma. Essi dicono: d'accordo sul fallimento dei precedenti tentativi; ma non potrebbe darsi che fosse quella una politica falsamente attuata, per errori che è possibile oggi evitare? Insomma - si chiedono pervicacemente i sullodati compagni - non è proprio possibile trovare una sintesi tra una politica collaborazionista e una politica das– sista? Noi vogliamo compiere questo sforzo e que– sto· tentativo, nell'interèsse della classe lavoratrice itaiiana. Ed ecco le famose « condizioni » votate dal Con– gresso di Napoli: l'istanza di una collaborazione condizionata; cioè, nella intenzione dei suoi pro– pugnatori, « rivoiuzionaria », in quanto tesa ad at– tU"<l•re i fini della lotta di classe, dividendo la re– sponsabilità di una politica non socialista, e par– tendo intanto dalla piattaforma ·di non cedere un palmo delle _posizioni conquistate. Lodevole proposito, in verità; ma affetto da un vizio interiore, che, nemmeno a farlo apposta, è
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