Critica Sociale - anno XLII - n. 1-2 - 1-16 gennaio 1950

/ CRITICA SOCIALE 11 senza· un aiuto esterno avrebbe dovuto ridurre il liveUo di vita della sua popolazione ed elevare la disoccupazione ad indici tali da pregiudicare quel– la stabilità sociale indispensabile allo svolgimento di una vita democratica. Se la situazioqe era preoc– cupante guardando l'Europa occidentale nel suo insieme, essa diventava tragica se si consideravano i diversi paesi a sè stanti, per le depressioni vera– mente abissali che alcuni di essi presentavano in rapporto alla media. La viva intuizione del Segretario di Stato ameri– cano rese evidente già neI 194 7 che una via di sal– vezza. poteva esistere se i Paesi dell'Europa occi– dentale si fossero decisi a · mettere in comune le loro ri_sorse in modo da impiegarle nella maniera più effidente. Gli Stati Uniti avrebbero fornito le risorse necessarie .a dare l'avvio a questa grandiosa operazione. Per quanto forse non esplicitamente e formalme-nte enunciato, era -si,n• d'allora eviden– te, pe·r chi a questi problemi s'inte-ressavà, che il Piano Marshall aveva per scopo di ottenere la massima produzion·e economica da parte dei Paesi aderenti, e che questo no:rn poteva ottén.ersi che con una redist,ribuzione tra i diversi paesi dei fat– tori produttivi, in modo che la loro combinazione fosse la migliore, la più razionale, nell'ambito di questi stessi paesi le cu:i, economie dovevano avere un alto grado di integrazione, tale da poter sotto– stare ad un'unica direzione. Forse perchè lo scopo era troppo grandioso, forse perchè il coraggio della élite politica europea era troppo logoro, ?erto si è , che il pantano dipl<;>Il!-a;– ti-co e burocratico assorbi con una certa rap1d1ta l'idea geniale, facendola sparire dallo sguardo dei poco attenti genitori e sostituendola con un'altra cµe era la parodia della prima. Solo dopo due anni i- popoli, tanto quello ameri– cano quanto quelli• europei, si accorgeranno dello inganno; allora i dirigenti cor.reranno ai ripari con iniziative che a".ranno il fascino dei vecchi ricordi. Non erano passati tre mesi dalle dichiarazioni di MarshaU che già l'idea della massima produzione economica veniva, con la scusa delle approssima– zioni successive e dei gradualismi, limitata alla « massima produzione». L'e'liminazione del termi– ne « economica » e del concetto da esso espresso, che caratterizzando la produzione avrebbe compor– tato delle s,ce.Jte e l'applicazione di criteri comuni di convenienza, poteva sembrare un procedimento perfettamente logico: poichè l'Europa aveva un'e– norme mancanza di beni, bisognava invitare tutti i paesi a fare il massimo sforzò produttivo, pre– sentando all'organismo centrale le loro esigenze di dollal"i a, copertura del-la biilancia dei pagamenti. Così, si mise subito da parte il ,PPobJ.ema fondamen– tale di avviare gradualmente i paesi partecipanti ad una razionale divisione del lavoro e, pertanto, a ottenere a parità di capitali e di sforzi la massima produzione, ciò che significa anche ottenere i costi più bassi. In due anni di attività l'O.E.C,E. non ha neppu– re tentato di applicare un qualunque e ridotto pro– getto di dfvisione del lavoro tra i paesi parteci– panti. L'organizzazione si è limitata a distribuire una massa di dollari sulla base di accordi politici, mentre relazioni, memorie, statistiche e tutta ra pa– rafernalia economica servivano a dare una vernice tecnica e razionale alle decisioni prese. I1 merito dell'O.E.C.E. è stato ed .è tuttora senza dubbio gran– de, ma in un campo diverso da queHo per cui essa era stata creata. L'O.E.C.E._ ha consentito di pene– trare con gli strumenti della tecnica economica nel vivo dei problemi economici europei e di compren– derne l'estrema gravità e la non meno estrema dif– ficoltà; ha servito a formare una schiera di valenti funzionari che si sforzano di vedere i· probleini in t1:rmi_ni supernazionali; ha servito ancora a far riu– ~1~e mtorno a un tavolo le massime personalità po– l~hche dei diciotto Paesi, imponendo loro di con– siderare problemi non strettamente nazionali. Tutto questo ~ certamente meritevole, ma è solo prop_edeutico. La sua azione pratica, in vista di una modificazione strutturale delle economie nazionali per avviarle ad una fusione, è stata nulla. Gli aiuti dell'E.R.P. avrebbero creato gli stessi benefici nei BibliotecaGino Bianco paesi in cui sono affluiti anche se non fossero pas– sati attraverso l'O.E.C.E., ma non hanno curato in profondità H male che già si prevede riapparir~ ancor più doloroso quando nel 1952 cesseranno gh aiuti Marshall. Il piano Bissell Il problema dunque è anco-ra grosso modo al pun– to di part•enza, anche se il deficit de.Jla bilancia dei pagamenti europei si riduce dai 14,5 miliardi di dollari de-I 1946-4 7 ai 5 deI 1948-49 ed ai presumi– bili 4 miliardi del 1949-50. Ma non si vede come esso pos•sa ni-porfarsi, al pareggio, chè anzi si teme un peggioramento della situazione per l'esaurirsi di alcune condizioni favorevoli e contingenti. Si riconosce che il problema dell'esportazione nei mer– cati a valuta forte, e quindi delle entrate di dollari, è un problema di pr_ezzi-in concorrenza con quelli internazionali e più precisamente statunitensi. Da· questa sempHce constatazione si sgrana una serie di osservazioni perfettamente logiche: prezzi alti causa di costi elevati; costi elevati causa (poichè il livello di vita e di consumi è manifestamente più basso di quello degli Stati Uniti) della produttività bassa, a sua volta causa di struttura produttiva non sufficientemente « capitalistica » (cioè a ciclo pro– duttivo lungo) causa di mercati ristretti che non consentono una produzione sufficientemente ampia per-chè sia razionalmente organizzata e tragga van– taggio dai più recenti apporti della scienza. E' così che la· causa originaria viene ad essere determinata nella ampiezza inadeguata dei mercati ·europei, e la soluzione del tragico problema della scarsezza di dolla·ri é individuata: fare dell'Europa un unico mercato. Come arriv~rci? La liberalizza– zione degli scambi sotto la pressione del Congresso è i-1 mezzo che è stato scelto darll'E.C.A. e dall'O.E. .e.E. Nelle prossime settimane i paesi partecipanti dovranno decidere sull'applicazione del piano Bis– sell, di cui, per la segretezza in cui è mantenuto, si sa per ora -s-o.Joche p·rev•ede: l'abolizi:o,nie delle restrizioni quantitative per tutte le merci entro un termine as-sai breve, ma limitatamente aJ.l'a:rea dei paesi partecipanti; la conservazione delle tariffe doganali; la trasfe-ribilità delle monete fra i paesi europei per scambi effettivi di merci, ma non per movimenti speculativi di capitali; e finalmente la costituzione di un fondo comune per la cqpertura in dollari dei saldi netti attivi. Sono inoltre previsti provvedimenti vari, di cui si assicura la perfetta efficacia, tendenti a costituire una remora ai paesi che volessero sviluppà-re le loro esportazioni nell'a– rea dei paesi partecipanti, al solo scopo di assicu– rarsi un'alta quota del fondo comune di dollari, con la quale coprire parte del saldo passivo con alt-re aree ed in particolare con gli Stati Uniti. Per alcuni le probabilità che il progetto Bissell sia approvato sono notevoli. Starebbero a giusti– ficare questa previ:sione le numerose manifestazioni dei goverq.i di paesi partecipanti, che tendono alla attuazione di unioni economiche regionali: Bene– lux, Unione italo-francese, eventuale Fritalux o Finebel, Unione scandinava ecc. Anzi, con la libe– i;:alizzazi-o-nes'intenderebbe di superare -i· marosi che hanno, si di-ce, ritardato la pratica realizzazione di questi •progetti. Non a torto, in verità, si ritiene che un allargamento dei me,rca,ti ·renda meno peri~ colosa per le industrie nazionali Ia· concorrenza di determinate industrie estere. Non solo, ma la buona volontà dimostrata dai governi partecipanti nell'ac– cettare di presentare alla fine deU'anno 1949 liste di merci da « liberalizzare ii, o, più· propriament~, di merci sottratte al controllo quantitativo e passa– te « a dogana ii, nella proporzione de 1 l 50 %_ per le tre categorie di prodotti: alimen:tani, e agri.coli, ma– terie prime industriali e prodotti finiti, sarebbe una prova convincente della possibilità pratica di rag– giungere la mèta. Altri, e noi fra questi, ritengono che questi stessi sintomi debbano, per lo menò, condurre a prognosi" riservate, se non pessimistiche. In effetti, il nulla di fatto col Benelux, malgrado siano passati tre anni dall'inizio delle trattative, il nulla di fatto per l'unione doganale italo-francese e lo stato diafana– mente nebuloso in cui sono mantenuti gli altri pro– getti, rendono piuttosto scettici se non sulla volon-

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