Critica Sociale - anno XLI - n. 18 - 16 settembre 1949
CRITICA SOCIALE 397 sua giusta denominazione sarebbe « concezione storico-eco– nomica »-. La denominazione di « concezione del materialismo storico> scelta da Marx dà luogo nell'attuale dibattito ideo– logico ad interpretazioni errate. Giustamente Max Adler ha affermato che ognuna di queste tre parole è falsa. La co– siddetta concezione materialistica delia storia non deve venir soprattutto scambiata ccl materialismo filosofico, tuttavia essa non è solo una concezione storico-economica come pensa Duschek. La <;oncezione materialistica della storia serve da base alla sociologia scientifica: éssa costituisce il primo se– rio tentativo di scoprire le leggi della vita sociale. La socioÌVgiamarxista. La parte essenziale del marxismo è dunque la sociologia. Tutti i problemi, di ordine economico, politko, culturale e filosofico, sono analizzati dal .marxismo dal punto di vista sociologico. Marx cerca di elaborare cçm concretezza in ogni fenomeno sociale le connessioni sociologiche causali. Così l'economia marxista rappresenta pùre una critica sociologica dell'economia politica. Chi potrebbe. oggi negare che è con l'aiuto del metodo marxista che si poterono scoprire i fenomeni fondamentali dell'ordine capitalistico? Le tendenze scoperte da Marx si sono rivelate distintamente nello sviluppo reale del mondo capitalistico. Le leggi della concentrazione e dell'accumula– zione del capitale sono· state pienamente confermate, così come vennero riconosciute giuste le leggi sullo sviluppo mo– nopolistico. La teoria marxista del plusvalore, riconosciuh del resto anche dal compagno Duschek, rende possibile la comprensione della logica interna del capitalismo. Non baste– .rebbe tutto ciò per confermare brillantemente una teoria scientifica? Ma ciò non vuol dire che il marxismo abbia dato una ri– sposta a tutti i problemi dei nostri tempi. E' naturale che cento anni fa non si potesse prevedere esattamente e in ogni dettaglio questo sviluppo. Molte cose si sono svolte diversa– mente da come si credette allora. Marx fu dell'opinione che si sarebLc avuto uno sviluppo in direzione di una acuta po– larizzazione sociale nella classe proletaria e in quella bor– ghese, mentre ln svil11r.posociale effettivo non portò ad una semplificazione ma ad una ulteriore differenziazione delle classi e dei ceti sociali, di cui molti fenomeni dei nostri tempi sono una conseguenza. Tutta"ia, tutte le ricerche scientifiche sociologiche sul- 1' effettivo sviluppo delle cla.ssi si fondano sostanzialmente sul metodo sociologico inaugurato da Marx, anche quando il sociologo non vuole rendersene conto e respinge il mar– xismo. Il metodo marxista è tuttora pienamente valido. Bi– sogna naturalmente essere ,pronti a svi.\upparlo ulteriormente, poichè, cambiati gli oggetti che si vogliono analizzare, biso– gna cambiare anche i metodi di analisi. I metodi analitici sociologici debbono essere collegati con altri metodi di ana– lisi. I metodi analitici sociologici debbono essere collegati con altri metodi scientifici analitici. Giustamente venne sot– tolineata dal compagno Hindels l'importanza della psicolo– gia e venne chiesto da lui di _stabilire un legame fra ~ssa e la sociologia. Duschek esamina in particolare tre aspetti della teoria marxi.sta, e cioè il problema dell'abolizione delle classi in relazione alla statizzazione, quello della divisione del lavoro e delle professioni e la teoria marxistica dello Stato. Statizzazione e libertà. Nella sua polemica contro la limitata concezione di Marx, per cui la statizzazione dei mezzi di produzione costituirebbe la premessa per l'abolizione delle differenze di classe, Du– schek omette di nuovo di considerare i punti essenziali. Marx vede la causa dello sfruttamento umano nel distacco del– l'operaio dai mezzi di produzione: i lavoratori vengono « e– spropriati> dai capitalisti. Premessa di una società senza classi è, secondo M.i,rx, l'« espropriazione degli espropria– tori >. Duschek è contrario a che tutti i mezzi di produ– zione vengano statizzati, e porta l'esempio, non del tutto nuovo, della macchina da cucire del ciabattino che pur es– sendo un mezzo di produzione non è soggetta alla statizza– zione. }.farx può aver sbagliato in molti di questi dettagli, e i BibliotecaGino Bianco dieci punti concreti da ,lui indicati nel Manifesto Comunista certo non corrispondono più alla situazione dei_nostri tempi. 11 punto contro i,! quale Duschek polemizza è tuttavia dif– ferente in Marx. Nel Manifesto Comunista Marx dice e– splicitamente che il prolet-ariato si servirà del suo potere politico « per strappare .progressivamente alla borghesia tut– to il capita_le, per accentrare nelle mani del,lo ·stato (cioè del proletariato ·organizzato come classe dirigente), tutti i , mezzi di produzione, e per aumentare le forze produttive U ·più velocemente possibile». E' chiaro che Marx pa,rlava qui dei mezzi di produzione più importanti che si trovavano nel– le mani del produttore stesso, o, come si direbbe oggi, gli strumenti di lavoro degli artigiani. E' incomprensibllle come il compagno Duschek abbià potuto lasciarsi sfuggire queste cose per ,poi arrivare al quesito soqrren<lente: « cosa biso– gna nazionalizzare?~- Il Partito Socialista ha progettato un programma di naziona;lizzazioni nel quale debbono essere· in– dicate completamente le singole industrie che verranno poi nazionalizzate. Egli afferma poi giustamente che in modo particolare i monopoli debbono ,passare druHemani del capi– tale p,rivato a quelle della comunità, ma -ripete solo tÌna co~ d,1 moltn temoo acquistata aJla coscienza dei soc,alistì R11- striac1. E' sorprendente l'affermazione di Duschek che « la na– zionalizzazione dei mezzi di produzione è la strada ver<;a l'asservimento,· in quanto conduce dal capita:iismo privato ai ca,pital-ismo di Stato, e dallo sfruttamento dell'uomo sull uo– mo allo sfruttamento forse peggiore deJ.lo Stato sull'uomo». Ciò è avvenuto nella Russia bolscevica, ma i-1, bolscevismc, non costituisce la rea,lizzazione degli insegnamenti di Marx, bensì al contrario l'atroce beffa a tut-te le esigenze e le idee dei fondatori del Socialismo moderno. Già nel Manifesto Comunista e negli altri scritti di Marx ed Engels e dei loro seguaci è chiaramente espresso il concetto che i marxisti considerano la democrazia come premessa essenzia,le del so– cialismo. Proprio qui si produce il grande rontr:isto ira i movimenti socialista e comunista del nostro tempo. La dit– tatura comunista non conduce nè all'abolizione delle classi nè all'eliminazione dello sfruttamento dell'uomo sull'uomo. Essa è la st-rada che conduce all'asservimento, ma non r,r.r– chè è '1a strada della nazionalizzarione quanto perchè è quella deJ.l'instaurazione e del mantenimento della dittatura. Il so– cialismo democratico vuole realizzare e realìzzerà la nazw– nalizzazione, la socializzazione e la pianificazione sul terre– no della democrazia e coi mezzi deJ.la democrazia, impedendo in questo modo la sottomissione dell'umanità a una nuova schiavitù. Democra:;ia e rlittMura. .Duschek affronta nel suo articolo anche 11 problema deil~ « dittatura del J.)'1'oletariato», e cerca di dimostrare che la invocazione della dittatura poteva essere g,iustificata dalle condizioni esistenti nel secolo XIX. Ciò gli serve per ripe– tere che il marxismo è superato. I socialisti democratici sono - dell'opinione che le formulazioni marxiste sulla dittatura de! proletariato non corrispondono più a1 nostri tempi. Questo non perchè l'instaurazione di un regime terrori-stico, denomi– nato ogg,i dittatura, sia stato in quei tempi ritenuto giusto da Marx e venga oggi, respinto da noi. Così come oggi abol'riamo i regimi ter·roristici, Marx nel secolo passato ìi respingeva. La differenza sta nel fatto che oggi la pa– rola « dit.tatura » ha un altro significato per noi di quello che ebbe per gli uomini del secolo diciannovesimo. Dal– l'im;taurazione della dittatura bolscevica in Russia -la pa– rola « dittatura > è 'intesa in tutto ,il mondo come s'ino– nimo di un reg,me terroristico e a•~bitra~io. Nel secolo XIX invece la parola «dittatura» non aveva lo stesso significato : · allora si parlava di assolutismo, di despofismo o di tirannia, o anche di r~ime di terrore come nel• 1 .a Rivoluzione fran. cese. Per Marx la parola «dittatura» ebbe lo stesso signi– ficato che ha per noi oggi l'esJ.)'1'essione«'dominio di clas– se>. Marx disse che la borghesia può eserc-itare la sua dit– tatura in forma democratica o terroristica, noi oggi espri– meremmo lo stesso pensiero con Je ,parole: la borghesia può esercitare il suo domiJOio di classe in forma democratica o in forma dittatoriale. Lo studio delle opere di Marx e di Engels dimostra chiaramente che Marx si è servito della no-
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