Critica Sociale - anno XLI - n. 14 - 16 luglio 1949

320 CRITICA SOCIALE rHerito (2) è forse trnppo poco per ,poter formulare LUI giu-;'dizio completo e definitivo. E forse del resto non si katta che di un prelimin.are sondaggio, dato che il Ministro ha opportunamente sollecitato le or. ganizzazioni sindacali de·i lavoratori e dei datori di lavoro a precisare al riguardo i loro punti di vsta, formulando anzi all'uopo una specie di que– stionario, a mo' di referendum. Comunque, quanto il Ministro del Lavoro ha avu– to il merito di farci conoscere solleva diffidenze, obiezioni e riserve ,di tal fatta che la conclusione non può essere che di completo dissenso. Per bre– vità conviene limitarsi alla sola parte riguardante lo sciopero ed i suoi limiti, prescindendo qui dalla disamin.a dei tentativi, non molto felici, per sUJ)<'· rare quello sciagurato .busillis ch'è l'art. 39 della Co– stituzione a proposito di libertà sindacale e di or. ganizzazione sindacale. Lib·ertà o limitazione? Prima di entrar-e nel merito, appaiono tuttavia necessarie tre osservazioni. La prima - di fondo - è che il diritto di sciope– ro, nella maniera più ampia e più indiscriminata, è e rimane per i lavoratori l'arma fondamentale ed insostituibile per far valere, in· ultima istanza, le proprie rivendicazioni nel campo dei rapporti di la– voro. Per i lavoratori esso ha un'impor'tanza non minore del diritto di coalizione o di riunione. I la– vorato•ri sanno benissimo di trovarsi, rispetto ai da– tori di lavoro e rispetto quindi alle condizioni di la– voro che vengono ad essi offerte, in una condizione di inferiorità. E un'esperienza ormai secolare sta a (Jimostrare che lo strumento di lotta che in defini-, tivu puo recuperare questo svantaggio, esercitando sui dlltori di lavoro una pressione efficace, atta a neutralizzare in certo modo quella a cui gli operai sono sottoposti, è appunto lo sciopero. E' verissimo che la pratica sin.dacale si è r,esa conto che, come tutte le umi strategiche, lo sc'iopero va fatto pon– deratamente valere a tempo debito, come extrema raffo, ossia come atto ·dr forza, quando ttùii gli altri metodi di trattativa e di negoziato non hanno più speranza di successo, e che lo scatenamento dello sciopero va fatto con la debita prudenza, perchè si gioca il tutto pe~· tutto. Ma, appunto per questo, ,nor– me che imped iscano o restringano il ricorso a que– sto rimedio, han.no l'effetto di indebolire la posi– zione dei lav oratori nelle stesse pacifiche negozia– zioni, togliendo ad essi il più forte e decisivo argo– mento che sia in loro potere. La seconda osservazione - di carattere storico– politico - è che il clima che ha determinato l'af– facciarsi di queste esigenze limitatrici dello sciope– ro può bensì essere in parte generato da riserve e risentimenti, schiettamente reazionari, della nostra classe borghese, che spinge le sue paure e le sue avversioni verso il movimento ope·rai-o (così &pes,so confuso tout court col « .comu.nismo ») sino a sognar- . ne il contenimento con misure repressive. Ma in ben maggior pa.rte .è_stato determinato dalla, ingente mas– sa di errori, di sconfitte, di aberrazioni del movi– mento sindacale ,della C.G.I.L., dalla li.berazione ad o.ggi, sotto la guida - ap 1 punto perchè troppo sfac– ciatamente ed esclusivamente -politica, troppo scar– samente sindacale - del Partito Comunista. A sco- (2) In un commento alla radio del 14 luglio, il ministro Fanfani s'è scagliato contro le indistrezioni della stampa a proposito del suo progetto. Ma i punti che qui di seguito com– mentiamo hanno fatto oggetto di una esposizione dell'« Ansa», in termini cosi com;plC:ti ed organici da non potere essere certo frutto di semplici indiscrezioni: nè il Ministro l'ha comunque smentita. Del resto il referendum del Ministro e le stesse discussioni svoltesi in un convegno della L.C.G.I.L., nel q:ui>le era stato distribuito uno schema di provvedimenti in elaborazione, confermano le tesi ifondamentaH del progetto. BibliotecaGino-Bianéo raggiare, deludere ed in definitiva allontanare i la– voratori dalle organizzazioni sindacali e dalle loro lotte (prima ancora che si manifestassero intenti scission'istici) sono intervenute in primo luogo la costante mortificazione di ogni autonomia e demo– crazia sindacale, la sempre più succube subordina– zione a, manovr,e- polit'iche, interne ed internaziona– li, la mancanza di una chiara e coerente politica di rivendicazioni sindacali, che prendesse per base gl'i interessi dei lavoratori e le reali condizioni econo– miche. Per di p-iù, a corrodere l'arma dello sciope– ro e a renderla invisa sia alla pubblica opinione, sia agli stessi lavoratori che dov,evano valersene, sono intervenuti gli sc'ioperi a ripetizione, spesso per motivi inconsistenti o insufficienti; le serie di agi– tazioni improvviqe, intempestive ed impopolari; il continuo e logorante ripetersi di movimenti sussul– tori, con nessun.o o scarsissimo risultato; l'adozione• di metodi e sistem'ì di lotta, dalla « non-collabora– zionè » agli scioperi più subdoli, a scacchiera, a sin– ghiozzo, .a catena, che rivestivano addirittura la por– tata di atti di ostruzionismo e di sabotaggio. Tutto questo ha danneggiato non solo la causa operaia, ma la forza e l'efficacia dello stesso sciopero. Si è in tal modo determinata una situazione - e lunga sa– rà la via per risanare la lotta sindacale - che ha fatto sorger,e in molti, i quali erano pur disposti a riconoscere la validità essenziale, 'nelle lotte del la– voro, dello sciopero (e tra costoro si può includere lo stesso ministro Fanfani), il dubbio che quest'ar– ma, pur sempr,e pericolosa e dannosa, sia oggi af– fidata in. mani troppo inesperte o precipitose o infi– de, per non cercal'e di prevenirne le conseguenze e di limitarne gli effetti. Via aperui alle inooluzi,oni reazionarie. Terza osservazione - di metodo. L'esercizio sfre– nato, caotico, incoerente di qualsiasi libertà - quel– la di sdoP.ero come qualunque altra - può essere causa di danno. E non soltanto agli altri o alla stes– sa co~leU:ività, ma persino a chi di questa libertà abusa. Nel caso dello sciopero questo. danno si con– creta poi in più tangibili e manifesti termini mo– ne,tari. Da questa constatazione, vecchia come Matusa– lemme, sono derivati due opposti modi di reagirvi. C'è H metodo autoritario e reazionairio, di porre li– miti, divieti, prescrizi oni all'esercizio delle libertà, con la ferma volon.tà di reprimere e di punire ogni trasgl'essione. E c'è il metodo liberale, persuaso che proprio dalla possibil'ità di dispiegarsi totalmente, senza vincoli e senza divieti, la libertà avrebbe ma– turato la propria esperi<enza ed avrebbe quindi tl'O– vato in se stessa· la propria l'egola, la propria re– ·sponsabilità, la propria autodisciplina. Per quanto riguarda in particolare il diritto di sdopero, da questi due diversi orientamenti sono derivate con– seguemie diverse. Per scarsa e deficiente che sia la çoscienza sindacale e per primitive che siano la poiitka è la diplomazia sindacali - che sono una esperienza ,in firu·i -, proprio la libertà ha appre– so a vale·rsi dello sciopero come di un atto di forza, ·che è fa suprema roUo, solo quando siano falliti tittti gli altri mezzi, ed a valersene solo quando sussistano certe condizioni obiettive, consistenti nel– la .possibilità concreata, da un lato di affacciare cer– t<e rivendicazioni, d'altro lato ,di mobilitare effetti– vamente le masse lavoratl'ici a lottare solidalmen– te per queste rivendicazioni. Lo scio-pero trova cioè i suoi naturali limiti nella sua stessa libertà. Così la stessa libertà ha •insegnato ad essere particolar– mente circospetti nello scatenare certi scioperi che recano gravi disagi alla massa del pubblico, che provocano paralisi e ristagni a vasto raggio, che in– contrano ragioni di particolare impopolarità. E' sta- 1 to giustamente osservato, ad es., che in questo do-

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