Critica Sociale - anno XLI - n. 14 - 16 luglio 1949

ClHTl CA SOCIALE 325 inglesi possano notevolmente aumentare con una svalutazione della sterlina è davvero non conoscere il meccanismo di una economia centralizzata o for– temente controllata com'è quella della Gran Breta– gna. Infatti, se le esportazfo'ni ,inglesi fosser·o solo limitate da una questione di prezzi di vendita, que– sta difficoltà sarebbe facilmente superata, evidente– mente semp·rechè contenuta in termini ragionevoli (e del resto anche una svalutazione non potrebbe avvenire che entro tali termini), vuoi con premi di esportazione, vuoi con una riduzione nei prezzi di assegnazione delle materie prime. Le difficoltà sono invece di due ordini. L'uno, fondamentale e diremo di carattere permanente, ri– guarda la quantità della produzione della Gran Bre– tagna, nori ancora sufficiente, malgrado tutti gli sforzi fatti negli ultimi qu attro anni, a coprire la variazione sfavorevole n.el rapporto di scambio (i terms o{ trad,e) fra i •pre zzi dei beni d'importa– zione e quelli d'esportazione. L'altro O'rdine di d.iffi. coltà è contingente e temporaneo, riguarda una certa scarsità verificatasi nella domanda dei 1beni di cui è generalmente esportatrice l'a·rea della sterlina, scar– sità dovuta in parte alla « recessione » in corso ne– gli S. U. che consiglia gl'imprenditori ad una mag– gior liquidità delle imprese e quindi ad una mobi– litazione delle scorte, in parte anche al fenomeno speculativo ed anticipatone della svalutazione della sterlina. · Che la diagnosi abbia fondam.ento di verità lo si può facilmente constatare dal riconoscimento che . in Gran Bretagna, nè la p·roduzione è diminuita, nè i·.consumi sono aumentati e ,neppure le scorte sono aumentate, salvo per alcune mate•rie prime colon.il1li. Tutto questo indica che l'Inghilterra ha continuato ad esportare al JI1assimo delle sue possibilità, tutto quanto cioè poteva sottrarre al suo consumo inter-. no e tutti sanno che lo standard di vita dell',ingle– se non ·è brillante. Ma allo ra dov 'è il punto deboJ.e· di tutta la situa– zione? A ,ppun.to in questo suo standard di vita che se «media mente» non è brillante, in termini asso– luti, cioè nel totale, rappresenta cifre assai impor– tanti al confronto di altri paesi. Questo standard di .vita è quindi superione a quello che gli Inglesi si possono pagare da quando hanno perso gl'investi– menti all'estero e i prezzi dei generi alimentari (che l'Inghilterra importa) sono cresciuti molto di ·•più di quanto siano C'resciuti i prezzi dei prodotti del– J'.industria (che l'Inghilterra es·porta). Se le cose stanno in questi termini, perchè si ri– tiene allora che la concorrenza e la libera iniziativa potrebbero porta.re ad una riduzione dei costi? Sem– •plicemente perchè si trascura di conside'fare i costi in termini di dolori fisici e morali che subirebbe una parte della popolazione per effetto d,eUa ridu– zione della produzione, dovuta all'esclusione dal mercato delle imprese marginali. E' vero che sotto il pungolo del bisogno, anche di quelli più elemen– tari, che oggi vengono garantiti, l'operaio inglese oc– cupato potrà aumentare la sua .produttività (il che significa diminuiti consumi a •parità di prodotto) e la bilancia commerdale potrà beneficiarne, ma que– sto beneficio, sia ben chiaro, non avverrà attraverso l'aumento delle esportazioni, chè in nessun momento della sua storia la Gran Bretagna ha esportato, in termini quantitativi, quanto esporta adesso, ma at– trave·rso la riduzione nell,e importazioni dovuta ·ai minori consumi delle classi non abbienti, solo .in parte occupate. Anche se non lo dicono esplicitamente: austerità vog!i.ono 1,iberali e conservatori di tutto il mondo per l'lnghiUerra e per altri paesi dove il popolo ha fatto alcune conquiste sociali, ma questa auste– rità si vuole venga ripattita in maniera diversa che con la scrupolosa equità con cui è applicata in In– ghilterra. BibliotecaGino Bianco In· queste condizioni, una concorrenza americana non. farebbe che aumentare la zona dell'economia inglese da considerarsi come ma,rginale e da esclu– dere dal mercato della produzione, con tremende conseguenze sul livello di vita della popolazione. E' opportuno abbassare ancora il livello di vita del popolo inglese? Quali potrebbero essere le reazioni sociali e politiche? E quali quelle più strettamente economiche? Il periodo fra le due guerre ci ha for– nito esempi suggestivi da cui ricavare preziosi in– segnamenti. Vogliamo augurarci che i paesi ad eco– nomie floride non ripetano gli errori già commes– si ed il discorso di Truman ci conforta e ci fa ben sperare delle conversazioni economiche previste per settembre. Piano Marshall e S. U. nell'economia. europea. Se in quell'epoca le discussioni si svolgeranno su questi temi, allora veramente assisteremo a quel processo di chiarificazione che dalla pi-ima riunio– ne per il Piano Marshall a Parigi neHa lontana estn– te del 1947 ad oggi, si continua a rinviare. I nostri lettori ricorderanno le premesse del Pia– no Marshall: gli Stati Uniti si offrivano di venire in aiuto all'Europa se l'Europa dimostrava di volersi unire .aiutandosi con le proprie forze a ricostruirsi. In termini più concreti la situazione era la seguen– te: 270 milioni di abitanti non erano più in grado di poter pagare i loro consumi all'emisfero occi– dentale se n.on ,nella proporzione del 25% a causa: a) dell a pe rdita o dall'inefficienza di una note– vole quantità di strumenti di lavoro, che ne dimi– nuiva il rendimento; b) dalla perdita delle fonti di reddito derivanti dall'estero (partite invisibili della bilancia dei pii– gamenti); · e) da una sfavorevole evoluzione del rapporto di scambio fra i ben.i normalmente prodotti dai pae– si europei e quelli a loro necessari, da attribuirsi i 11 parte alla divisione .dell'Europa in due compa·rti– menti stagni. La soluzione ad una tale situazione, guale poteva essere se non quella di uno sforzo produttivo mas– simo per colmare con .Ja massa di beni prodotti i fattori n egativ i ora elencati? Un massimo di pro– duzione n.on può ottenersi che con una divisione del lavor o, i n modo che la sforzo dei fattori pro– duttivi si applichi nelle ,proporzioni e nelle loca– lità relativamente miglio·ri. Scopo del Piano Marshall era dunque quello di ottenere una divisione del lavoro fra i paesi euro– pei, che, allargando i mercati, ed espandendo le singole produzioni, avrebbe anche ribassjlti i co– sti, consentendo la conquista di nuovi mercati, e via dicendo. L'aiuto americano avrebbe dovuto servi– re a rendere meno difficile quest'opera rivoluzio– naria, a oliare i congegni arrugginiti, a cambiare i pezzi logori, a rendere meno dolorosa, per popo– lazioni già tanto duramente colpite ,dalla guerra, ·l'i– nevitabile opera di chirurgia. Due vie, logiche am– hednc si p·resentavano all'attenzion.e dei rappresen- 1:inti dei 16 paesi convocati nell'estate del 1947 a Parigi: 1) La via del liberismo. Abbattere le frontiere per le merci e gli uomini. Iniziativa privata e mér– calo avrebbero, attraverso i naturali aggiustamenti, · realizzata la voluta divisione del lavoro. L'aiuto ame– rirano avrebbe potuto servire, sia a finanziare alcu– ni grandi progetti nuovi e comuni, sia a scopi assi– stenziali, onde porre riparo ai più urgenti problemi sociali che si sarebbero moltiplicati nel grande scon– quassso. Evidentemente il liberismo non poteva ap– plicarsi che nell'ambito dei 16 paesi, e questa zona si sarebbe comportata nei confronti del resto del mondo durante il periodo di assestamento, nè più nè meno che con le restrizioni che attualmente reg– g,ino i rapporti commerciali europei. Uria ca·ratte-

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