Critica Sociale - anno XLI - n. 13 - 30 giugno 1949

304 CRITICA SOCIALE rebbero le mollitudini passive, ie quali sogliono te– ner ,dietro a quelle, e prime sarebbero a sentire i be– nefizii della nostra concentrazione g()vernativa ». Marco Mirighetti ri,badis·ce la necessità di « com– porre ~n verace concordia le diverse classi fra loro ad un .fine che tutti partecipino equamente dei beni che la natura e l'arte procacciano ». E lo osserva anche il Mamiani, dolendosi che il sentimento ·di patriottismo e di libertà, già così di-i– fuso fra gli intellettuali, non sia ancora diventato pa– trimonio c osciente d ei ceti meno elevati, in modo da animarli a comp.ie, :,e l'opera concor,de di unificazio– ne richiesta da ll'« amore» -eomun,e. Egli fa presente l'opportunjtà di guadagnarsi il popolo minuto attra– verso l'influenza del clero e quindi mediante l'ope– ra di propaganda presso gli ecclesiastici. Anche il Cavour è prima ·del '48 un vivace difen– sore del ju•stè-mi,lieu e concorda col Tocqueville nel– l'auspkare il mantenimento d'un certo equilibrio fra . l'evoluzione politica e quella sociale e quin:di nel te– mere che la « democrazia » e la « repubbHca » pos– sano tur,bare .questo equili'brio sovvertendo l'assetto della società. li liberismo individualistico ed anche il concetto nazionale secondo cui « les classes nom– breuses qui oc-eupent !es positions les plus humbles de la sphère sociale ont besoin de se sentir grandes au point de vue national pour acquérir la conscien– ce de leur .propre di.gnité » sono nel Cavour pre-qua– rantottesco le prove del costituzionalismo monar,chico dominante nei ceti borghesi aspiranti alla direzione politica specialmente in Piemonte. Antonio Rosminj, identificando la « giustizia so– ciale » nell'assicurare la .convivenza paCÌfica di tutti i legittimi diritti· e nel difendere i cittadini dai so– prusi dello Stato, e Vincenzo Gioberti col suo Prima– to, nono stante certe antici,pazion.i e intuizioni rivolu– zionarie, n.on escono da questa cerchia « moderata». L'op·era celebre Del primato moMle e civile degli lluEiani e la stessa polemica antigesuiUca rivelano la mentalità storicistica in senso tra-dizionalisti-eo del– l'abate torinese. Il suo fondamentale cattolicismo, sia pur riveduto alla lu-ee del liberalismo cattorico d'Ol– tralpe, non supera la visione .gradualistica del moto nazionale, sebbene .g iovi mol tissimo a scuotere il tor– pore e l'incoscienza politi.ca e sociale dei ceti catto– lici italiani e quindi agisca utilissimamente come « mito » neoguelfo sulle masse ,per attrarle nella sfe– ra degli interessi generali della Penisola. La sua concezione del clero come autore della grandezza ,dell'Italia moderna e come aristocrazia na– turale necessaria alla solidità dello Stato, la sua tesi del primato ideale dell'Italia non riescono sostan– zialmente ad essere altro che un espediente tattico– psicologico -ehe rientra nel piano e nella mentalità socialmente conservatrice della borghesia italiana. Ancor più machiavellica, in questo senso, è l'af– fermazione che, Roma •essendo la metropoli religiosa del mondo, su di essa e sul Papato debba fondarsi l'unità e la grandezza della Nazione italiana, costi– tuita in lega presieduta dal Pontefice e difesa dal Re di Sardegna « spada della potenza ideale di Roma ». Consolidando il nuovo sistema con leggi giuste si po– trà garantire alle masse un discreto benessere e nel contempo tacitare i pochi·« spiriti superlativi ». « u~na varietà di aristocrazie civili e consultative - •ecco il regime paternalistico preconizzato dal Gioberti - ciascuna sotto un -eapo ereditario, inve– stito del supremo comando, e la con,federazioné di · esse sotto il pontefke elettivo, sono le condizioni ,pro,prie del reggimento nazionale d'Italia ». Anche l'accesa polemka antuigesuiUca colpisce il gretto conservatorismo dei Gesuiti, nemici - secondo l'a– bate torinese - ·del vero cattolidsmo, ma non var-ea i limiti di una « moderata » concezione cattolico-li- BibVioteca Gino Bianco berale. Serve tuttavia a spezzare il fronte cleri-cale, dividendolo - scriveva ,il Montanelli - « in due parti, la p:1.rte aristocratica e fannullona con i Ge– suiti, la parte democratica e lavorante con il Gio– berti » e avvicinando quindi attraverso quest'ultima le plebi al moto nazionale. E a questo concorre pure, nella sua eco più pro– fonda dei contrasti sociali d'Oltralpe e degli insegna– menti de L'Avenir, del Lammenais e dell'Ozanam, il cattolicismo liberale del padre teatino Gioachino Ventura, patrocinatore dell'« economia cristiana» ·re– golata con « carità » dallo Stato e contraria al libera– lismo « anarchico e immorale ». Ma l'effimero trionfo del neoguelfismo e del mo– deratismo sostenuto dalla meteora del Pio IX sovrano nazionale non fa che scoprire le altre vene profonde della coscienza politica e sociale italiana. (Gontinua) Gumo QUAZZA lndietro non si torna La clas~e capiJtalistica di tutti i paesi ha sin da princ~io accolto con ,riluttanza ed opposizione i vincoli che erano stati apposti al.Ja sua smania di profitto dalle necessità della con– dotta della guerra e, in precedenza, da quelle di contrastare la crisi economica. Quindi non a.p,pena queste necessità sem– brano venire meno e ,si riaffaccia la proSipettiova di una «nor· male » economia di ,pace, essa comincia a lottare contro im– pedimenti divenuti onerosi e a perseguire con l'antico fervore e con la solita avidità le nuove ,possibilità di illimitato au– mento di guadagni che si sono venute aprendo. Ciò è avve– nuto anzitutto in America, dove anche nel 1948 i profitti delle ,società per azioni sono cresciuti di quattro volte Tispet– to al livello de'! 1938, cioè dell'ultimo anno prima della guer– ra. Ma vi ha fatto seguito l'Italia ,dove, sotto la guida di un teorico liberale, l'attuale presidente della Repubblica Luigi Einaudi, il ,ritorno aUa còsiddetta libertà economica è stato compiuto nel maggior numero dei campi con consapevdle deci•sione,arrecando a:lle classi abbienti nuova a-icchezza, an– che se con cont~oraneo aumento della mi.ser,ia delle masse e con aumento della disocclJiPazionesino a ·raggiungere i due milioni di disocolJiPati{ciò che tuttavia viene considerato ciT– costanza accessoria). iSotto Ja spinta deHa cosidetta « Hbera iniziativ a» fondame ntalmente lo stesso indirizzo ha ,preso ia politica economi.ca in Francia ,nel Belgio, nella Gennania Occidentale, ecc., mentre invece la Gran Bretagna resta a-igi– damente forma nella sua pianificazione economica con in– tenti sociali, ponendosi anzi risolutamente sulla via della vera e ,propria ,socializzazione dei mezzi di produzione e di scam– bio. Nella Svizzera l'abbandono della economia di guer– ra è stato meno repentino per particolari ragioni, tra cui il nostro essere stati risparmiati da41a guerra, che rese pos– si,bile un'alta congiiunhlra, senza precedenti, anche sotto il regime dei controlli e delle misure di dirigenza economica, come pure H mantenimento senza sostanziali mutamenti e l'inten.si.ficazione di una politica di a,p,poggio e di pianifi– oazione ,per l'economia agraria. Nel complesso ha ragione il corris.pondente parigino della Neue Zurcher Zeitung quando (nel n.• 612) constata che « i4 ripristino del meocani5mo del– l'economia di mercato» ha .fatto nei paesi della Europa oc– cidentale notevoli progressi nel corso dell'ultimo anno. Non vi è, secondo lui, alcun dubbio che questo « è in prima linea un servigio del piano Marshall », il cui scopo •finale non sa– rebbe altro che.« i4 ristabiJ.i,mentodi un'economia dell'Europa occidentale sufficiente a se stessa », di cui è ,premessa neces– saria « il .ritorno ad un ordinamento del mercato del tutto liberistico >. Tuttavia ·rimane i!>Cr noi importante porre in piena· eviden– za che tutte queste correnti neo-liberistiche non sono altro che un fenomeno omiai sorpassato e che della vecchia frot-' _tola di un reale ritorno ai capitalismo che liberamente si auto-

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