Critica Sociale - anno XLI - n. 13 - 30 giugno 1949

CRITICA SOCIALE 303 cliando le Conslituti'Ons des' peuples libres e indi– ,cando, in anticipo sul Marx, nella concentrazione capitalistica e nella proletarizzazione degli artigia– ni le cause dell'urto sempre più grave fra impren– ditori e lavoratori. Lo storico delle repubbliche ita– liane aveva inoltre preco·rso i pensatori socialisti propugnando la libertà dell'organizzazione o·peraia, la ,proibizione del lavoro pueril,e e femminile, la li– mitazione legale delle ore di lavoro e il riposo festivo. E nel medesimo tempo le musiche del Ros– sini ,del Bellini, del Donizetti, del giovane Verdi a– vevano ,di,ffuso i ritmi più profondi dell'umanità romantica piena di empito ·e di passione, di senti– mento e di enfasi, di pathos e di fervore .fantastico e ,prepotente, senza le incertez2,e o i .freni critici del dubbio e della raf;finatezza. Nel Leopardi il :patriottismo antiumanitaristieo, sebbene ispirato agli esempi .classici e alle glorie ita– liche del passato, si era permeato di un pessimisti– co ma vivifkan,te senso •del contrasto fra il senti– mento sociale dell'individuo (« molecola o globetto che preme fortemente i vicini e per mezzo di quelli i lontani») e la moderna « social catena», Da questo contrasto il poeta dell'Infin,il10, aveva auspicato na– scesse per la plebe sì libertà di lavoro, ma an,che « altari e severissimi indici » per impedire che d:i– ventasse mercenaria. dei nobili a danno del « .popo– lo » (classi medie) e del monarca insieme alleati. Il Manzoni nel suo romanticismo logico cristiano aveva inoltre interpretato le nuove esigenze di giu– stizia v,erso la « negletta plebe » sentite dalle gene– razioni ormai ,provate dalla bufera ,della grande ri– voluzione. Il razionalismo settecentesco col suo virtuismo moralisti-co era apparso sempre più inadeguato a in– tendere i complessi rapporti sociali, mentre il clas– siicismo degenerava nell' artificio ingannatore. La grande ventata romantica aveva portato an.che in Ita– lia il suo spirito religioso e sentimentale, H suo con– creto senso del divenire storico, la sua concezione della li,bertà degli individui e dei popoli. I Promess,i Sposi, nella ,preoccupazione di scoprire la vita ,degli umili e le conseguenze di ogni evento sull'esistenza ,del ,popolo, avevano rivelato con. molta evidenza la natura religiosa e filantropica della co– scienza sociale della borghesia italiana. Dalle istitu– zioni per gli studi stodci del Piemo.nte alle riviste lombarde, al Gabinetto Viesseux, alla scuola del Troya, ai ,congressi scientifici, tutta la dasse più at– tiva d'Italia si era formata ed espressa in questi ter– mini. La rivoluzione nazionale veniva sempre più chiarament,e concepita come opera e strumento al tempo stesso della borghesia, ritenuta la sola inter– prete dei bisogni universali della società e quindi an– che delle masse .più miserabili. Il Giusti traduce nei suoi versi popolari questo di– sprezzo della· borghesia ·per le forme di fotta carbo– naresca e ,per l'iniziativa delle masse, ritenute capaci al ,più di tumulti e di sterili rivolte: I sordi tramenii delle congiure, U far da Graoco e da Robespierrino, E' roba smessa, solite imposture Di ,birri, che ne fanno un botteghino. Tale era il clima psicologico in cui i « moderati » costruivano con ben maggiore ampiezza e concretez– za le loro opinioni politiche e sociali delle quali il '48 doveva essere il fatale banco di prova. Le società scientifiche e i giornali tecnici o eco– n01:nici, le particolari intraprese nei vari campi del– l'attività giuridica, agricola, industriale, assistenziale, le iniziative politiche per le costruzioni ferroviarie e la lega doganale aprono la via, nel decennio pre– cedente la rivoluzione, a queste voci tipiche della classe media italiana. Cesare Baibo nelle Spemnze d'Italia (1843) pone corne prrcmum' per la rinascita del Paese la conquista BibliotecaGino Bianco dell'indipendenza e indica le vie attraverso le quali è possibile ottenerla. Non c'è in lui alcuna speranza n,è ,fiducia nella capacità rivoluzionaria del popolo italiano: non solo della plebe, ma neppure della bor– ghesia. ,Bisogna rifuggire - egli scrive - dalle ri-vo-· luzioni per tumulti e ·per ,congiure; bisogna conserva– re e progredire ad un tempo. E perciò le sue vie - sebbene nuove alla pubblicistica moderata non av. vezza a guar,dare all'Europa - sono tuttavia compre– se nel vecchio quadro conservatore dell'equilibrio eu– ro.peo: sistemare le ambizioni dell'Austria con una spartizione della Turchia e un'avanzata nel bacino danubiano inferiore; costruire, con la rinuncia ab– sburgica al L'ombardo-Veneto compensata in Turchia, una confederazione italiana, in cui regno di Sardegna e regno di Na,poli abbiano un campo di sviluppo e– quilibrato dal mantenimento del potere temporale dei Papi. Il quale :.__ osserva il Balbo - dev'esser ,sal– vato non solo e non tanto .perehè la sua distruzione susciterebbe l'ostilità delle,Potenze e il loro interven– to, bensì perchè esso sarebbe garanzia di moderazio– ne, cioè ,di equilibrio tra le forze del ,progresso e quelle della conservazione. La creazione d'una ma– rina, il rafforzamento dell'eserdto, la diffusione della cultura in Piemonte e in tutt'ltalia sono strumenti in. dispensabili per .compiere quest'opera. I principi, in– fine, debbono con prudenza concedere ai popoli isti– tuzioni liberali per legarli all'impresa dell'indipen– denza, che essi soli possono ragionevolmente inizia– re. PrÌ;Illa l'indipendenza, poi la libertà: concezione gradualistica, che soffre evidentemente di artificiosa meocanidtà e rivela il ,peso delle remore conserva– trici dell'ambiente subalpino. L'appello all'azione •del popolo tempera un poco, ma forse con un'intonazione alquanto retorica, la staticità della concezione ,balbiana. In sostanza il Balbo ignora il problema sociale. Uno spirito più s·pregiudicato e più brillante per– mette a Massimo d'Azeglio una visione più agile, seb– bene anch'essa rientri nei quadri modentti: gli opu– scoli sui Casi di Romagna e sul Programma per l'opi– nione nazionale .ifaliana rivelano una sensibilità più viva per le sofferenze del popolo e per i problemi e– conomico-sociali. Anch'egli però osserva che la diseguaglianza fra le classi è sì un male, ma un male universale e per– petuo, e in fondo limita le sue richieste, specialmen– te per lo Stato ,pontificio, a quelle del Memorandum del 1831 e del manifesto di Rimini del 1845. Cioè le richieste della classe intellettuale laica che v.uole la secolarizzazfone e l'autonomia delle amministrazio– ni locali e provinciali, come già aveva rilevato con sottile ed ·esauriente analisi Leopoldo Galeotti nell'o• pera D.ella sovranità e del governo ~empo·rale drei Papi (1846). La soluzione è indicata non nelle a,gitazioni rivolu– zionarie, che gli appaiono gesta di disperati e di in– coscienti, ma nella forza consapevole dell'opinione purbbJi.ca ,che deve agire all'interno dei singoli Stati e anche presso i popoli e i governi europei., E' già una concezione più avanzata della rivoluzione ita– liana, ma si lega ancora strettamente agli o•bbiettivi puramente «costituzionali» dell'élite borghese, la quale ignora la -forza delle masse e non crede ad al- . tra possibilità se non quella di una paziente opera di fllan,tropia 1>edagogiea. Il libro di Giacomo Durando Della nazionalità ita– liana (1846) - e in modo simile anche i Pensieri sull'Italia di un anonimo lombardo del Torelli (Pa– rigi 1846) - indica chiaramente le linee di sviluppo del movimento rinnovatore. Dopo aver posto nell'a– zione del Piemonte, della Toscana e di Napoli, even– tualmente collegati .per una guerra difensiva contro l'Austria, la solà possibilità di vittoria, il Durando nota esplicitamente come la guida idei moto sia delle classi borghesi. « Quando la questione josse decisa nello spii:ito delle classi dirigenti, punto non oste-

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