Critica Sociale - anno XLI - n. 12 - 16 giugno 1949
CRITICA SOCIALE 285 droga, non riesce a connettére le Idee. I glòrnall in rotocalco aono frat;111 di latte del settimanali a fumdtl. Alcuni Intra– prendenti uomini d'affari hanno subito avvertito in questo dopoguerra l'apatia della massa per le letture che richiedono uno sforzo mentale e si sono dati a sfruttare commercialm •nte questa debolezza. Se si va a dire a un direttore di giornali In rotocalco che con la sua azione contribuisce al decadi• mento della cultura, vi risponde che egli ha dei meriti perchè Indovina e va Incontro- ai desideri dei lettori. Che poi sia un titolo di vanto quello di coltivare e Incoraggiare le tendenze · meno be1le dell'animo umano è da provare ~- e Di fronte al pericolo rappresentato dal fumetti e dai gior– nali in rotocalco, qualcuno Invoca sanzioni di legge senza rendersi evidentemente conto che queste non risolvono il pro– blema ma lo complicano maledettamente. Ecco un esempio pratico: le attuali disposizioni governative sulla stampa met– tono al bando le pubblicazioni pornografiche. Credete che tale genere di carta stampata si venda solo in oscuri meandri e con mille cautele? Nemmeno per sogno. In Italia tutti pos– sono acquistare liberamente alle edicole libri e riviste stam– pati all'estero che hanno contenuto pornografico. Evidentemen– te ·la legge serve solo per la ,produzione nostrana e non per quella Jtrnniera. e L'ultimo sistema per combattere fumetti e settimanali In rotocalco è quello di lasciarli vivere tranqu111i; si elimine– ranno da soli. Gli stessi schemi, la povertà di concetti, la tecnica d'Impaginazione che colpi dapprincipio i lettori per– chè nuova, cominciano a stancare Il pubblico. Succederà Ine– vitabilmente come a quell'invitato di riguardo a cui gli ospiti propinarono per dieci giorni consecutivi, a pranzo e a cena, pernici e fagiani. Dopo questa dieta, il poveretto di– ventò un acerrimo nemico delle pernici e dei .fagiani e non Il volle vedere più nemmeno dipinti. Già cominciano ad avvertirsi I primi sintomi del cedimento. Un grande setti– manale in rotocalco, già lanciatissimo, comincia a pet.dere quota; nuovi nati In questi ultimi mesi non incontrano suc– cesso come gli Imprenditori s·peravano. Un Indizio, più sicuro perchè confortato dall'autorità delle statistiche, è Il seguente: nel questionario Indirizzato agli editori ho Inserito la doman– da: - la quantità di volumi venduti dalia vostra casa edi– trice è stata nel 1948 superiore o inferiore di quella del 1947? - e tutti, meno Hoepll e Laterza che hanno uno smercio quasi costante dato Il carattere s·peciale delle loro pubblicazioni, hanno risposto che la vendita è stata superiore nel 1948; dal che si può dedurre come. il pubblico comlncl_a a disamorarsi delle letture a-ride per tornare alle più consistenti >. 111, "Democrazia popolare,, e dittatura del proletariato. Il metodo della dittatura del proletariato come via al socia– lismo adottata dal bolscevichi nella loro rivoluzione e che Il e Comlnform > con le sue quinte colonne vorrebbe ora esten– dere al mondo ,intero, è già stato applicato In pratica, nel modi e· con le conseguenze a tutti noti, nel fortunati paesi dietro la « corti-ne di ferro », occupati o vigilati ai confini dalla armata rossa, nella forma della « democrazia popolare >, che è la traduzione' a uso esportazione delia dittatura del pro– letariato. Cosa realmente debba Intendersi con questo. nome, che si presta ad ogni equivoco, è ciò che si può vedere dal recente discorso del presidente Gottwald al Congresso comu– nista di Praga, coi suol dieci punti per la completa auspicata sovietizzazione della Cecoslovacchia, e, in forma più brutal– mente esplicita, nel discorso alla direzione del Partito comu– nista di J. Reval, uno del massimi esponenti del comunismo In Ungheria, rjprodottl dalla « Neue Ziircher Zeitung > del 28 e Sl maggio scorso. Riassumiamo qui largamente Il discorso del Reval, che cl sembra particolarmente Interessante In quan– to dichiara espressamente che In Ungheria la e democrazia popolare > esercita le funzioni della dittatura del proletariato e riconosce che la strada vP.rso la « democrazia popolare » è ~tata presa secondo le Istruzioni del ·rappresentanti della Rus– sia sovietica, dell'Armata rossa e del « Comlnform ». Mezzi a ciò, ·Ja violenza e la menzogna, che però vengono chiamate e errori >. Il discorso, dice il giornale, contiene la più aperta confessione di politica della violenza che si sin finora sentita dalla bocca 4f un capo comunista nel dopoguerra. Riassu– miamo qui Il testo del discorso. Il compagno Rakosl rilevò, quasi contemporaneamente a Dlmltroff e Blerut, che la « democrazia popolare > rappresen– ta la dittatura del proletariato senza la forma sovietica e che ne esercita le funzioni. Le fasi della e democrazia popolare > vanno dalla lotta Iniziale per la distruzione del fascismo, alla lotta contro Il grande capitalismo e l'Intera borghesia, collo scopo della messa da parte e poi della liquidazione degli elementi capitalisti, de)la classe capitalistica. Il nostro Stato, df.ce Il Reval, non fu fin dal principio una sottospecie BibliotecaGino Bianco della dittatura del proletariato; basta riflettere che noi per parecchio tempo eravamo in minoranza nel governo, che Il programma del « fronte per l'indipendenza » del 1944 non con– teneva che una sola rivendicazione antlcapitallsta, ia nazio– nalizzazione delle miniere e delle ricchezze de-I suolo, e che nella economia, fino alla metà del 1947, fino cioè alla nazio– nalizzazione delle banche, gli eìementl capitalisti aveva,no la prevalenza. Ma da ciò non consegue che .Ja nostra rivoluzione nella suà prima fase, prima del trapasso In quella socialista, sia stata nna pura trasformazione « democratica ». La classe ope– rala era al potere e al governo. Eravamo si nella assemblea nazionale e nel governo, ma eravamo già allora la forza do– minante. Avevamo una influenza decisiva sugli organi del ,potere, e la nostra ,forza venne moltiplicata dal fatto che ave– vamo in casa la Unione Sovietica, l'Armata rossa, sul cui aiuto noi potevamo sempre contare. Il nuovo corso sulla via della trasformazione della demo– crazia popolare ,in dittatura del proletariato cominciò colla distruzione dell'ala destra del Partito del piccoli contadini; poi venne spinta fuori dal potere la borghesia, ,poi li Kulak diventò nostro n,e,mico, poi si consolidò il ruolo di comando del nostro partito e dell« classe oper11-Ja. La evoluzione verso la dittatura del proletariato venne coronata e definitivamente consacrata colla distruzione dell'ala destra della democrazia sociale e colla costituzione del ,partito operaio unificato nel giugno 1948. Il 11,evai riconosce che durante la lotta non si, era effettiva– mente riconosciuto esattamente quali fossero le prospettive della « democrazia popola·rc » e si avevano ancora idee con– fuse sul suo carattere e sui suoi sviluppi. L'Impulso e l'a.p– poggio decisivi a chiarire le nostre idee al riguardo, egli ammette, ci vennero dal Partito comunista deU'Unlone Sovie– tica e dalla dottrina del compagno Stalin e anche le due adunanze del « Com>nform » nel 1947 e 1948 ci sono state di aiuto sostanziale; la prim?,, ,facendoci comprendere che la « democrazia popolare» non dev,e fermarsi a un qualsiasi punto lntermedlo nella eliminazione degli elementi ca,pitall– stlcl; la seconda, coll'insegnare-I che .Ja trasformazione sociali– sta non può limitarsi olla città ma deve estendersi anche alla campagna. Inoltre, questa seconda adunanza ha messo in chia– ro che per le questioni fondamentali del trapasso al sociali- , smo, l'Unione sovietica rappresento. il modello e che la strada della « democrazia popolare » si distingue solo per certe forme ma non per la sostanza dalla ·strada seguita dalla Unione Sovietica. Il Revai rileva quindi gli errori commessi eh~ ,In verità non sono che deviazioni tattiche e mascheramenti dei piani comunisti. Egli cita a questo ,proposito specialmente la tesi che •la « democrazia popolare > non ra·ppresentl che una sot– tospecie della democrazia borghese e che vennero rilevate le differenze e non l'eguaglianza nello sviluppo delln democrazia ,popolare In rapporto alla Unione Sovlcllca. Erronea la conce– zione che H soci«lismo possa attuarsi senza dittatura del proletariato e col saltare questa fase e che In dittatura del proletariato .-appresentl un grado divierso dalla democrazia popolare. Falso inoltre che l'essenza della democrazia popo– lare ·stia nella direzione del potere tra classe operaia e lavo– ratori agricoli. La dittatura del proletariato, dke Revai, si– gnifica c1!e Il potere è indiviso nelle mani del proletariato, che -la classe operaia non condivide questo potere con altre classi, cioè nemmeno coi contadini. Formalmente sussistono anche da noi elementi della divisione del ,potere e del co– mando. !Ila di fatto solo la classe operaia ha in mano il po– tere e di fatto solo il nostro partito ha la direzione dello Stato. Infine il Revai accenna alle conseguenze che derivano dal princlpii sopra esposti, dichiarando che « noi dobbiamo, più decisamente e duramente di quanto non abbiamo fatto finora, usare la forza della classe operaia nell'interesse della costru– zione socialista, della repressione dei nemici di classe· e della difesa contro gli imperialisti. Dittatura vuol dire tra l'altro impiego della vlol6nza per teprimere i nemici. H riconoscere che la e democraza popolare » è una sottospecie della ditta– tura dei° proletariato ci viene dalla consapevolezza che bisogna sviluppare più decisamente e accentrare maggiormente contro il nemico di classe gli organi dello stato che servono al– l'esercizio del potere. Il rendere innocui gli agenti degli ili¼• perialisti, la repressione del nemico interno non sono cose secondarie ma le premesse del lavoro di costruzione socialista. Deve esserci ben chiaro che possono verificarsi nel corso dello sviluppo circostanze per le quali la funzione principale della ditt,rtura del proletariato sarà l'impiego della forza contro i nemici interni ed esterni. L'organizzazione del nostro Stato deve avvicinarsi al tipo sovietico del]a dittatura del pro– letariato, per esempio nella riorganizzazione della nostra am– ministrazione. Noi dobbiamo Indubbiamente riformare anche i,J nostro Parlamento, che porta ancora ln sè residui del par-
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