Critica Sociale - anno XLI - n. 11 - 1 giugno 1949

CRITICA S_::_O_:_C_IA_L_E _ ~ ________ 2_47 opportuno il nostro intervento, la cui automaticità, nella dizione letterale del Patto, no-i è certamente diminuita dalla clausola, più formale che sostanziale, della necessità (che si chiama democratica) di una approvazione dell'intervento stes– so da parte del Parlamento. Come già è stato rilevato, il Presidente del Consiglio, alla Camera e più recentemente in un discorso, ha affermato la esistenza di una convenzione, che finora sembrerebbe essere solamente verbale, per la quale in determinate circostanze qualche Stato aderente al Patto potrebbe essere esonerato dall'obbligo dell'intervento in ca.o di conflitto armato. Nel suo recente discorso di Roma in occasione dell'anniversario della Rerum Novarum, il Presidente del Consiglio è stato ·ancor più esplicito; anzi si può dire che ha risposto catego• ricamente ad una domanda precisa ~be anch'io avevo posta nel fondo pubblicato su UUmanità, « Interrogativi sul riar– mo atlantico » che ha suscitato così poco indovinate pole– miche. De Gasperi ha infatti dichiarato: « Se nessuno ei attacca la pace è più che sicura )>. Senonchè, mentre si deve prendere atto con soddisfazione di una siffatta dichiarazione rassicurante, sembra, più che prudente, necessario che essa sia confortata da una stipulazione impegnativa che deter– mini, senza possibilità di equivoci, i limiti dei .nostri impe– gni internazionali, e particolarmente di quelli militari. Se infatti vi fosse un patto o una clausola aggiuntiva .che permettesse non solo l'esonero dall'intervento da parte degli aderenti al Patto Atlantico, ma anche la domanda dell'eso– nero da parte di uno degli aderenti interessati, si avrebbe una valvola di sicurezza che ci permetterebbe, in determi– nate circostanze, di rimanere neutrali, pur essendo ormai nel– l'orbita del blocco occidentale. Naturalmente una simile nostra richiesta e una corrispon– dente concessione da parte degli altri contraenti .dovrebbe essere condizionata alla mancanza di aggressione del blocco orientale nei nostri confronti, perchè è evidente che, in caso diverso, avremmo tutto l'interesse, avendo aderito al Patto, di farlo funzionare a nostro favore. A questo punto si presenta un'altra questione che è gia stata sollevata in Parlamento durante la lunga, appassionata ed anche tumultuosa discussione circa l'autorizzazione al Go– vemo di trattare per la nostra adesione al Patto Atlantico. Alludo all'impegno di non concedere ba;i navali e marittime sul nostro territorio (su quello coloniale la questione è su– perata dal fatto che ... non abbiamo più colonie). Il Governo ha risposto molto abilmente alla concreta pro– posta di un impegno negativo al riguardo dicendo che, sic– come nessuno ci aveva chiesto basi aeree o navali, gli sem– brava inutile una delibera al riguardo. La risposta, pur abile, elude, sul terreno pratico, la que– stione. Se infatti in linea di ipotesi la distensione iniziatasi nel mondo dovesse fallire o il blocco occidentale ci chie– desse di conseguenza la concessione preventiva snl nostro territorio di basi aeree e navali, ed essa fosse data, l'aggres– sione da parte del blocco orientale contro di noi in caso di confliuo scoppiato altrove diverrebbe inevitabile, con la con– guenza di una vera e propria automaticità della nostra parte– cipazione al conflitto armato. Se invece fosse stabilito che la richiesta e la concessione di basi aeree e navali dovessero essere condizionate al veri– ficarsi di una aggressione contro di noi, evidentemente la nostra partecipazione al conflitto sarebbe automatica esclu– sivamente se fossimo aggrediti dal blocco orientale, il quale perciò diverrebbe arbitro e responsabile di una nostra parte• cipazione al conflitto con tutte le conseguenze, interne e internazionali, che si possono facilmente prevedere. Come si vede, le due questioni della non automaticità del nostro intervento, anzi della possibilità di esseri, dispensati dall'intervento stesso, e della concessione preventiva di basi navali ed aeree da parte nostra sono strettamente collegate fra loro fino al punto da costituire una questione unica che, per quanto ci riguarda, è di basilare importanza perchè. se fosse risolta come io penso sarebbe desiderabile, la nostra adesione al Patto non porterebbe a quelle conseguenze che potrebbero, contro la nostra volontà, essere disastrose per ii no·stro Paese. BibliotecaGino Bianco Finora le trattative internazionali, indubbiamente molto difficili nella nostra situazione /negarlo sarebbe ingiusto se non addirittura puerile) sembrano avere avuto di mira (al– meno secondo le dichiarazione degli uomini di Governo responsabili) il reinserimento clel nostro Paese nel così. detto consesso delle potenze. Non vorrei che fossimo ricaduti nel– l'errore dell'anteguerra 1914- per il quale, con le nostre ma– gre risorse industriali e finanziarie, volevamo ostinarci a giuocare il ruolo di grande potenza non avendone i mezzi. Comunque, si è voluto permettere al ·nostro Paese di far sentire la propria voce (ed io penso, perciò, anche la pro– pria volontà) percbè una ammissione nel concerto de~e potenze in qualità di sottomessi non avrebbe nessun valore, neanche quello morafo che il Governo sostiene energica– mente di avere perseguito e raggiunto. Oggi il problema è divenuto diverso, perchè si tratta di rappresentare concretamente (e senza troppo idealismo) quali sono le nostre possibilita e quale è la nostra situazione, non solo geopolitica, ma anche interna, con i necessari ed inevitabili riflessi internazionali. Un'ltalià dedita al lavoro di ricostruzione, nella quale le interne passioni politiche (che nella nostra penisola, per nltrasecolare tradizione, assumono il carattere di aspra lotta faziosa) si plachino, può essere più utile che la sua parte– cipazione sui campi di battaglia conseguente alla creazione di ~no scacchiere di operazioni italiano, che ritengo non sia desiderato nè dagli Stati Maggiori ocddentali nè da quelli orientali. In sostanza, il Governo non può ignorare che, oltre· alla opposizione comunista dichiaratamente e apertamente al ser– vizio del blocco orientale, esiste una opposizione nostra so– cialista e, con la nostra, quella di molti strati della popo– lazione, volta ad impedire, o quanto meno a limitare il più pos,ibile, qualsiasi impegno che a priori e senza una asso– luta necessità per noi, ci trasdni in un conflitto armato. Il Presidente del Consiglio ha giustamente svalutato la petizione per la pace, dicendo che in sostanza qualunque Italiano risponderebbe che desidera la pace. La sua consta– tazione (del resto ovvia, perchè i popoli di tutto il mondo non fanno la guerra perchè la vogliono fare ma perchè vi sono costretti dai loro governanti e dagli atteggiamenti poli– tici che ·costoro prendono troppo spesso in aderenza, anche se non evidente o inconsapevole, con gli interessi del capi– talismo ì ha tuttavia per l'Italia un significato particolare. Gli Italiani rnno ottimi combattenti quando è indispensa– bile, ma sono pacifisti per natura e per costituzione. Noi abbiàmo una esperienza politica e nello stesso tempo un senso scettico nell'interpretazione degli eventi internazionali, che ci fanno ritenere la guerra non solo deprecabile ma addir~ttura: « inutile strage » come ebbe a dire un grande Pontefice, Benedetto XV, pur durante il ·primo dei gravi conflitti mondiali del secolo e quando le tendenze politiche che facevano capo al Vaticano avevano altre linee e forse altre mete dalle attuali. Questo stato d'animo degli Italiani, questa diffusa avver– sione alla guerra, più ancora che volontà di pace, sono carte in mano per il Governo, che possono permettere di ottenere che, pur-nell'ambito del patto, siano esclusi per noi obblighi preventivi che possono provocare la nostra aggressione (ces– sione di basi) e ci sia concessa una dispema dall'intervento qualora non fossimo aggrediti, che ci consenta una neutra, lità effettiva, onesta, senza secondi fini, quale è voluta dalla stragrande maggioranza del nostro popolo. LEoNARDO GArro RmssARD Leg-gete e diffondete il quotidiano del P. S. L. I. L'UMANITA'

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