Critica Sociale - anno XLI - n. 11 - 1 giugno 1949

CRITICA SOCIALE ,257 presa italiana, Un'analisi della attrezzatura amm1mstrativa esistente, benchè alcuni progres~i siano stati fatti negli ulti– mi mcei, dimostra una debolezza fondamentale, specie per quanto riguarda l'assenza di un organo governativo atto a tracciare una linea di condotta per lo sviluppo economico in un programma a lunga scadenza. Del pari, l'attrezzatura amministrativa già esistente per la realizzazione di tali pro– grammi dovrà essere l'l!igliorata. Vari aspetti di questa situa– zione sono ~lati citati in diverse parti di questo studio. Un altro punto richiama ora la nostra allenzione; la necessità di migliorare i servizi statistici del Governo italiano, e di giungere ad una maggiore cooperazione da parte dei vari organismi produttivi e del mondo degli affari, nel fornire in tempo i dati ·precisi sulla produzione, gli inventari ecc. È prerogativa e responsabilità del Governo italiano deci– dere ~e siano necessari dei r.amhiamenti e, nel caso affer– mativo, provvedere all'istituzione di una attrezzatura buro– cratica in grado di fare il miglior uso degli aiuti E.R.P. L'ECA potrà indicare, come è stato fatto qui, quale sia il problema da risolvere, ma non intende determinare il modo in cui potrà essere risolto ». Con queste amare parole si chiude la parte fondamentale del" rapporto, i cui consigli si possono sintetizzare nel bino– mio: organizzazione statale-investimenti pubblici, invertenda , così l'ordine con cui sono stati presentati; temi questi che il Governo dovrà accingersi a sviluppare sulle linee tracciate dal rapporto, se vorra cancellare il giudizio severo che è stato dato sul suo operato nel primo anno E.R.P.: « Si può dire - affermano i compilatori del rapporto - che l'economia italiana non ha tratto vantaggio dall'aiuto estero disponibile, in misura sufficiente per mantenere l'alto livello di produzione industriale e d'investimenti che è il mezzo essenziale pc:· il ;uantenimento della stabilità politica e; in definitiva, per il raggiungimento dell'autosufficienza ». D. C. Giustizia semplice La Camera degli Arbitrati. Ho letto ultimamente su questa rivista l'articolo Giusti– zia Caotica del collega Punzo, nel quale, allo scopo di smaltire l'enorme arretrato del lavoro giudiziario che op• prime e deprime il funzionamento della giustizia, si pro– pone di creare una magistratura di complemento od un qnid Rimile. Esattamente, anzitutto, viene individuata la causa pre• cipua del male nella insufficienza quantitativa dei giudici e del personale giudiziario in genere. · Nel recente congresso giuridico di Napoli molti colleghi se la prendevano,- e non del tutto fuori luogo, col codice di procedura civile. Ma se anche nella procedura penale si veri,fica Io stesso ingorgo di affari, la vera causa è al– trove: mancano i giudici. E allora? Nel campo penale soccorre ogni tanto il rimedio inglo– rioso delle amnistie. Ma ~el campo civile? Magistratura ausiliaria... Calamandrei ci disse a Napoli che alcuni se– natori avevano gia varato un progetto in Lai senso con buo– ne probabilità di approdo. Ed io allora presi occasione per comunicare ai congressisti, come del resto la prendo ora per comunicare ai lettori di questa rivista, che stava e sta maturando un altro progetto inteso ad organizzare un'altra specie di magistratura ausiliaria: quella arbitrale. L'arbitrato, s'intende volontario, è una forma di giusti– zia semplice, rapida, aderente ai concreti interessi del mon• do degli affari e del lavoro, che si ·accredita sempre più nella pratica del commercio interno e internazionale. Ma, al contrario d_i quanto accade ).n altri paesi, specie tra i popoli anglosassoni, da noi l'arbitrato cresce tuttora piuttosto ma le e in disordine. Ciò dipende in gran parte dal difetto di quegli enti a carattere stabile, che invece al– trove sono in piena efficienza. In Austria, per esempio, tali enti hanno cominciato a funzionare ,fin dal 1875 presso le borse titoli e merci delle principali città (Vienna, Praga, Graz, Trieste), e, da ma- BibliotecaGino Bianco gis.trature a carattere corporativo, com'erano in origine, estendono ora la loro competP.Ìlza anche agli affari con– clusi fuori borsa. Si può avere un'idea del grande successo di questi enti arbitrali osservando quello conseguito dall'en– te- di Trieste, che mantiene tuttora l'ordinamento giuridico austriaro, mutuato del resto dalla Germania, e la sua piena funzionalità. In Inghilterra abbiamo camere di arbitrato (chambers o/ arbitration) con carallere speciale e generale fin dal 1892 a Londra, Liverpool, Bradford e dal 1894 a Birmingham, Sheffield. L'Istituto Arbitrale (The lnstitute o/ Arbitrators), che è attualmente una grande organizzazione di Londra, trae le sue origini dal principio del secolo, disciplina ed ammini– stra corti di arbitrato in tutta Inghilterra, pubblica regola– menti, annuari, giornali, ·ecc. La ~tessa cosa dicasi pressappoco dell'Associazione Arbi– trale Americana (American Arbitration Association) fondata nel 1926 a New York, in prosecuzione probabilmente di al– tri istituti più antichi, che disciplina oltre undicimila arbi– tri, con elenchi affissi in più di millecinquecento città, ha centinaia di impiegati permanenti e numerose ramificazioni nel territorio degli Stati Uniti. Le organizzazioni sono va~te, le regole di procedura po• che e semplici; tutte pervase da uno spirito di praticità ca– pace forse di mortificare il nostro concettualismo. Ora in Italia bisogna fare qualcosa. del genere: istituire cioè un'associazione arbitrale italiana e delle camere o corti di arbitrato. Abbiamo formato pertanto un comitato promotore, ci sia– mo collegati con le predette associazioni di Londra e di New York, che ci vanno rimeltendo un ricco ed interessante materiale documentario, abbiamo iniziato lo studio di que– sto materiale e la pubblicazione di qualche testo tradotto, nonchè di qualche articolo e relazione sul problema che ci occupa, ne abbiamo portato la voce ai vari recenti con– gressi professionali di Firenze ~ di Napoli. Veramente, per quanto ci è d~to sapere, fu il congresso giuridico di Trieste dell'anno 1925 ad interessarsi per la pri– ma volt.a del problema, su relazione del prof. Asquini, e ad auspicare con voti unanimi la ricezione dell'ente triestino nella nostra legislazione, nonrhè la creazione di istituti si– mili presso le nostre maggiori camere di commercio. Fin d'allora preoccupante s.i faceva sentire l'insufficienza della macchina giudiziaria statale e promellente peraltro il rimedio delle magistrature arbitrali. Ma il clima fascista non èra certo il migliore per un florido sviluppo di siffatte ma– gistrature, che bene o male costituiscono forme di decen– tramento della funzione giudicatrice, e perc10, o almeno anche per questo, il problema rimase accantonato durante lunghi anni. Ritornò alla ribalta nel luglio dell'anno scorso e nell'a– prile di quest'anno con le mie relazioni ai due Congressi Nazionali fiorentini dei professionisti e artisti e dei sindacati forensi, dove rispettivament1: furono votati all'unanimità due analoghi o.d.g. intesi alla costituzione di camere arbitrali non solo, ma altresì di una Asqociazione Italiana per l'Ar– bitrato. Ancora altra relazione molto più ampia e documentata presentai ed illustrai nella competente sezione del recentis– &imo Congresso Giuridico di Napoli, ma qui il tema non potè essere inserito in tempo nell'o.d.g. dell'assemblea ge– nerale. Taluno di questi lavori è stato gi_à pubblicato (1). Altri sono in corso di pubblicazione (2). Rinviando ad essi' i lettori di questa rivista che voless"ero saperne di più, qui devo limitarmi ad annotare soltanto qualcosa di semplicemente informativo e di strettamente · essenziale al tema. (1) SANTUCCIG., La Camera degli Arbitrali, Relaz. al Congr. Naz. Profess. Ari. di Firenze, -Luglio 1948, Tecninduslria E<li– trice, Roma. Idem, in La Riforma Giuridica, Roma, luglio 1948. (2) A...·•i"I)RIOLI V., L'arbitrato e i suoi recenti sviluppi; SAN– TUCCI G., Arbitrato ed Organizzll%i0ni arbitrali; SANTucc1 P., La giustizia del conlra-tto; Idem, Statuto dell'American Arbi– tration A,.ociation (Trad. 11.). Tutti in Rivista del Notariato, 1949, nn. 2, 3; Giuffré Bdil., Milano.

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