Critica Sociale - anno XLI - n. 11 - 1 giugno 1949

CRITICA SOCIALE 253 l'altro si tratta spiritualmente ·di demolire le stratifica– zioni di un deformato feudalismo, che si accentuano nel Mezzogiorno. Si può, se si convince la classe ope– raia che il medio ceto marcia con lei, perchè non ha niente da spartire con i privilegiati ed ha dovuto fino ad oggi sottostare ai detentori .del potere che gli han– no dato le briciole e la lustra. Si può, infine, se sì spie– ga che da sola la classe operaia non può emanciparsi e che il ceto medio, senza la classe operaia, non potrà mai autogovernarsi. Ma quali sono le parole d'ordine che tutti questi ita– liani possono afferrare e fare proprie senza reciproci sospetti? Lotta contro il privilegio economico, lotta con– tro il fe(Jdalismo mentale, lotta per la giustizia nel ri– spetto della libertà. Ma ci sono le condizioni storiche e politiche per fare questo? Abbiamo accennato alle istanze del Risorgimento, alla continuifà delle rivolu– zioni, alla necessità per l'Italia di superare le distanze che la separano dai paesi che camminano in testa. L'E.R.P., i'O.E.C.E., il Patto Atlantico ci hanno traspor– tati in questa atmosfera; la nostra politica estera ci pone nelle condizioni più favorevoli. E, come se 'non bastasse, all'interno, una politica di invadenza confes– sionale e di gretto accaparramento di posizioni eco– nomiche allontana sempre più i ceti medi dalla D. C. Occorre poter dare agli Italiani la certezza che è utile reagire. Se no, questa impressione gliela daranno gli altri. F. un'operazione di « uscita a tempo», si direbbe in scherma, che va ponderata attentamente e misurata nel tempo e nell'intensità. Ci sono due pericoli. Contribuire involontariamente, con le firme oneste di veri democratici, ad avallare la tesi capziosa del fronte cominformista di costituire un contrappeso laico alla maggioranza democristiana. E qui vien fatto di ricordare la legge economica che vale anche in politica. La moneta cattiva scaccia quella buona. Tuttavia l'elemento distintivo dal fronte: de– mocrazia contro dittatura, può essere molto bene posto in rilievo. Ma vi è anche un altro pericolo. Dietro l'ap– parato del P. C. e del fronte vi è ancora un certo nu– mero di infelici, di diseredati, di incapaci a discernere, che non possono essere abbandonati e che devono es– sere illuminati, snebbiati dalla ubbriacatura demago– gica. F. possibile condurli su posizioni di democrazia socialista, in un paese povero e poco progredito come l'Italia, dove potrebbero essere facile strumento in ma– no ad una classe conservatrice senza scrupoli? È un duro e difficile compito, specie quando i ceti privile– giati sono su posizioni di gretto conservatorismo, così lontani da quel legittimo e intelligente conservatorismo dei paesi di civiltà anglosassone. Ma queste difficoltà non sono tali da far rinunciare ad -un compito storico, ad una insostituibile funzione. Quello che è certo è che una voce onesta e serena di laicismo, di progressismo, di giustizia non può non es– sere ascoltata. E chi meglio dei socialisti democratici e dei radical-liberali è qualificato per fare questo e per dare al paese, che aspetta da tanto tempo, tutte le ga– ranzie? E qui subentra una questione immediata. Qual'è il compito di ·questi gruppi socialdemocratici, repubbli– cani e liberali? Stare al Governo o uscirne? Uscirne si– gnifica annullarsi fatalmente, per i socialisti, nelle po– sizioni demagogiche di opposizione del fronte; per i liberali esser sempre più su posizioni di opposizione conse!"vatrice, trascinandovi i repubblicani. Risultato certo quello di far prevalere in seno alla D. C. le sug– gestioni di formare un governo di colore che presto di– verrebbe, forse malgrado De Gasperi, un regime tipo Salazar. Starvi significa però mutare l'attuale indiriz– zo. Dal novembre del '47 al 18 aprile del '48 i socialde– mocratici, i repubblicani e i liberali ci sono stati per garantire la democrazia; dopo per consolidarla. Oggi, uer unanime riconoscimento, c'è spazio per porre delle istanze programmatiche, ma c'è soprattutto per chia– mare l'opinione pubblica a cautelarsi dal pericolo del neoguelfismo e del confessionalismo, pur facendo fron- BibliotecaGino Bianco te unico con il partito democristiano contro le ditta– ture di sinistra o di destra. Si tratta, nell'ambito della democrazia, di creare degli spostamenti di opinione. Se non lo fanno i democratici in senso progressista lo faranno i monarchici in senso patriottardo e sciovini– sta o, peggio, il neo fascismo; e si andrà fatalmente fuori gioco. Farlo bisogna; è soltanto una questione di misura. Non bisogna dimenticare che la D. è. è un con– glomerato di corren~i progressive e sociali con quelle conservatrici e ultra, di posizioni. di più vasto respiro, sulla linea di Don Sturzo - che consigliano ad esem– pio una minore invadenza sul piano confessionale e minori,. legami con la Chiesa, per non pregiudicarne la azione spirituale - con quelle più ristrette, che por– tano fatalmente a posizioni antirisorgimentali. Ma di– pende molto dalle reazioni esterne, dalla omogeneità, dalla fermezza e dalla decisione degli altri gruppi de– mocratici contenere o lasciare naturalmente espandere certe tendenze della D. C. Queste cose è bene dirle prima dei congressi dei par– titi della coalizione governativa, prima di un'eventuale crisi di governo. Su diciannove Ministri, se non abbia– mo fatto male il conto, nove non sono democristiani. La compattezza della maggioranza consente talora di sfruttare le divisioni dei gruppi su problemi specifici, magari importanti, ma che agli effetti di una politica generale lungimirante non lo sono. Ma non ci sembra difficile su questioni di fondo un accordo fra questi gruppi di minoranza per evitare il peggio e per non consentire che la D. C., che anch'essa è umana e non santa, cada in tentazione. Non è doppio gioco. È sem– plicemente gioco delle forze democratiche svolto in maniera chiara· ed onesta. (1) (1) Non a,bbiamo bi-sogno di dire che e perchè non slamo d'accordo :mlle ultime a.ffermazionl del nostro egregio com– pagno e colla-boratore. E che possiamo trovar appoggio nel li– berali per una lotta contro infiltrazio.ni confessionali, può essere; ma per un iprogran1ma specificamente nostro, no dav– vero (Nota /li C. S.). I "Sub- americani,, A quattromila metri di altezza, nell'antica capitale degli Incas, Cuzco, nel cuore delle Ande del Perù, i delegati di quattordici nazioni americane si riuniranno il 24 giugno per il II congresso indigenista. Il primo fu celebrato a Patzcuaro, nel Messico, nel 1941. Vi fu costituito l'Istituto Indigenista Interamericano e si de– cise di riunire il secondo congresso nel 1943, nel Perù. Ma i c_olpi di Stato che si succedettero in quel paese costrinsero a rimandare quattro volte. L'attuale regime peruviano, uscito da un colpo di Stato e diretto da un gruppo di colonnelli, mostra un interesse tutto parti– colare alla riunione del Congresso, per ragioni di pre– stigio internazionale. Dei quattordici paesi che com– pongono l'Istituto, alcuni, non avendo riconosciuto il regime militare del Perù, non parteciperanno alla riu– nione, come il Guatemala e alcuni altri. In ogni caso, il Congresso non sarà quello che era stato progettato, come dimostra il fatto che il governo peruviano ha già nominato la sua delegazione, composta da un arcive– scovo, alcuni vescovi e generali. Il Parlamento peruviano era dominato dai deputati dell'« Altipiano» in cui abitano gli indiani. Il loro pro- - posito, appoggiato da alcuni governi democratici (Ve– nezuela, Messico, Guatemala, Equatore), era di fare del congresso un punto di partenza per la spartizione della terra fra gli Indiani dei paesi in cui la proprietà del suolo è ancora a caratteristiche feudali. Il Venezuela, in potere di una cricca militare, il Guatemala assente, i deputati dell'Altipiano peruviano nell'illegalità o in prigione, il congresso non sarà che una riunione di preti, generali e qualche studioso, più preoccupato del– la sopra,·vivenza di antiche civiltà fra gli indiani con-

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