Critica Sociale - anno XLI - n. 10 - 16 maggio 1949
224 CRITICA SOCIALE A questo proposito fu rigorosamente mantenuto il .razion.l– mento e i prezzi di molte <lerrate alimentari essenziali fu– rono controllati, mentre i prezzi alimer.tari in genere ve– nivano m?.ntenuti hassi, a mezzo di sussidi. Secondo: nazionalizzare taluni settori importanti dell'eco– nomia che, per motivi di efficienza o di monopolio, noi ri– tenevamo meglio porre sotto la proprietà e il controllo dello Stato. Ciò si applicava al carbone, ai trasporti,_ all'elettricità, al gas, all'aviazione civile e alla Banca Centrale e la fa,e finale di questo programma sta ora procedendo con la so– cilizza7ione di grar· parte dell'industria dell'acciaio.· Terzo: controllare la produzione delle industrie priv .tte in man;era da evitare la fabbricazione di prodotti inutili o di lusso e da concentrare lo sforzo produttivo britannico so– prattutto sui mercati di esportazione. Ciò fu attuato attra– verso il controllo sulle assegnazioni dei materiali, sulle fi– mnze e sulla distribuzione di certi tipi di macchinari. Qunrtv: mantenere la piena occupazione della mano d'o– pera e rag 6 iungere così il massimo volume possibile di pro– duzione. Quinto: sviluppare la partecipazione dei lavoratori nel\ 1 industria per far sì che entrambe le parti sentissero la piena responsabilità del problema della produzione, compreso quello del costo. Sesto: dare ai lavoratori un decoroso livello di vita, con– forme a dò che poteva permettersi il paese in armonia allo sviluppo della sua ricchezza nazionale. Settimo: attuare ~!traverso le imposte e con altri mezzi una ri<listribuzio:1e :lei redditi al fine di far scomparire gli estremi della gra~Je povertà e della grande ricchezza - come infatti sono scomparsi - ed eliminare praticamente il peso dei consumatori di lusso sullo sforzo produttivo del paese. Ottavo: sviluppare la produzione agricola e il miglior uso della terra. A questo scopo furono mantenuti gli ampi poteri di controllo esercitati durante la guerra sull'agricoltura. Nono: un vasto programma di investimenti era necessario per rimodernare le nostre fabbriche e costruirne di nuove e per sostituire e rinnovare molto del macchinario, oltre a tutti gli investimenti sociali richiesti. Ciò richiedeva com– plessivamente un investimento in ragione di Lst. 2.000 mi– lioni annui. Undecimo: infine, sviluppammo servizi sociali di agni ge– nere : edilizia, pubblica istruzione, assicurazioni contro gli infortuni e la disoccupazione, pensioni, assegni familiari ~ servizi' sanitari gratuiti, a un punto assai superiore a quanto fosse mai stato fatto in passato nel nostro paese. Tutto ciò comportò un grave fardello sul nostro popolo e fu necessario ·un e.norme aumento della produzione per for– nire tutto quanto era richiesto all'interno e al tempo stesso incrementare rapidamente le nostre esportazioni. Tutte que– ste direttive politiche sono state poste •in atto, ma nessuna di esse avrebbe potuto essere compiuta senza severi ~ontrolli sia materiali che finanziari, sebbene fosse obbiettivo del Governo ridurre progressivamente il numero dei cont;rolli economici e fare· affidamento solo sui più importanti: cioè, controllo fiscale e sul credito, controllo sulle importazioni e sui cambi, controlli sugli investimenti attraverso le asse– gnazioni di materiali, licenze per le costruzioni edilizie e le emissioni di capitali. Dalla fine çlella guerra un gran nu– mero di controlli che allora erano necessari sono stati ti– dotti, rendendo così possibili importanti economie nel per– sonale amministrativo. Tali controlli sono quelli sulla fab– bricazione di varie merci di consumo, come il linoleum, le carrozze11e per bambini, gli strumenti musicali, le penne sti– lografiche, ecc.; una quantità di restrizioni sull'uso di certi materiali come la carta e il cartone, di molti tipi di cuoio e di legni duri; il razionamento sul consumo di generi Ji abbigliamento, calzature, mobili, dolci, ecc. Ma abbiamo con– servato i controlli vitali ·e un sufficiente grado di pianifica– zione della nostra economia per poter dare a questa la giu– ·sta direzione. Abbiamo costantemente sottolineato al nostro popolo le più importanti differenze tra la pianificazione democratica -e 'la pianificazione totalitaria, differenze che devono essere ben comprese, perchè la pianificazione democratica possa avere successo. In una libera democrazia, dove il popolo ,controlla la politica attraverso i suoi rappresentanti libe- BibliotecaGino Bianco ramente eletti, vi ·è un limite assai_ definito ai poteri di coercizione posseduti da un governo, per ·quanto forte. Ad esempio, la coscrizione industriale è evidentemente .n con– trasto con la libera democrazia, salvo in casi di estrema ne– cessità della nazione, quale una grande guerra. La pianificazione democratica. La pianificazione democratica richiede perciò un grado assai pi1ì elevato di intelligenza negli elettori di quanto non sia nec<'s~ario in un paese totalitario e comporta ampie con– sultazirni con entramhe le parti dell'industria, con le autorità locali, con i gruppi professionali, ecc., se si vuole suscitare il loro interesse e ottenere il loro consenso. In effetti 1 a pianificazione democratica potrebbe forse esser meglio defi– nita uno sforzo associato fra tutti i settori della comunità sotto la guida del governo da loro eletto. E' questo tipo di pianificazione che noi abbiamo impie– gato e il nostro meccanismo per la pianificazione è imper– niato su tale base. Così il nostro Ente per la Pianificazione (Planning Board) che consiglia direttamente il Consiglio dei Ministri sul miglior uso delle nostre risorse economiche, si compone di rappresentanti delle Amministrazioni dello Stato, dei datori di lavoro e dei lavQratori, che si riuniscono ed esprimono liberamente il loro punto di vista sulle que– stioni :i.d essi sotto,;>oste.Si tratta di una funzione purame!lte consultiva e la responsabilità per la politica adottata rimane affidata al Governo. Ed è infatti il Governo che ;;mbblica ogni anno una Rassegna Economica, in cui viene esaminata l'annata trasc0rsà e vengono esposti i principali problemi e gli obiettivi dell'annata appena iniziata, sebbene tale Ras– segna venga sottoposta all'Ente per la Pianificazione, perchè vi faccia i suoi commenti e 'le sue proposte prima che ne sia decisa la forma <iefinitiva. Questa Rassegna Economica non è considerata solo come un documento che pochi economisti e uomini politici intel– ligenti possono esaminare e discutere, ma come una r,arte es– senziale della conoscenza necessaria ali' elettore per giungere alle ~ue decisioni politiche. Essa viene perciò pubblicata in una forma a tutti accessibile, e ne ho portato con me alcuni esemplari. Noi abbiamo notevolmente approfondito lo studio di quest'arte di presentare i dati economici in forma piana, poichè consideriamo un'adatta divulgazione delle informa– zione economiche come una parte essenziale della stabilità democratica. Sebbene cominciassimo nel 1945 a creare l'attrezzatura statistica necessaria per elaborare una politica di piena oc– cupazione della mano d'opera, fu so\o poco più di due 3nni fa che ci accingemmo a stabilire la nostra organizzazione permanente per la phnificazione, e anche allora mancavamo di molte informaz!oni statistiche della m~ssima importanza per seguire attentamente e pianificare il corso della nostra economia. Tale situazione va progressivamente migliorando, ma occorreranno ancora alcuni anni prima che si possa avere quella completa· bas~ statistica necessaria per una accurata e continua a•ialisi della nostra situazione economica. Col procedere del nostro esame e della nostra pianifica– zione, abbiamo cominciato ad imparare quanto sia difficile non solo pianificare ma anche provvedere a che il piano sia attuato almeno nelle linee generali. Stiamo facendo dei pro– gressi e ogni anno sentiamo di essere meglio in grado di stabilire i nostri obbiettivi e le nostre linee di politica e anche di valutare i limiti entro i. quali noi possiamo agire con efficacia. Durante questo peric>do abbiamo agito _sotto la pressione di tendenze infhzi,mistiche. In pa,ssato è stato frequente– mente affermato, riguardo alla politica di piena occupazione, che i governi sono pronti a incorrere in deficit del bilancio durante gli anni di tendenza deflazionistica (o, meglio, du– rante qualsiasi anno), ma mancano del coraggio e della ca– pacità di assicurarsi quella eccedenza del bilancio che sa– rebbe necessaria durante i periodi di inflazione. Noi abbiamo diinostrato che ciò non è vero e dimostreremo ugualmente, se dovessero manifestarsi tendenze deflazionistiche, come si debba usare la tecnica opposta per impedire che tali ten– denze portino a una depressione. Durante gli ultimi due anni . abbiamo accumulate eccedenze di bilancio per un ammontare di Lst. 1467 milioni secondo la nostra tradizionale: forma
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