Critica Sociale - anno XLI - n. 9 - 1 maggio 1949
CRITICA SOCIALE 199 do dell'economia e ùe'l layoro, in g,rado di rispecchiare, con una esperienza diretta e più viva ed autentica di quanto non avvenga attraverso la burocrazia ministeriale, i poteri e le e~igenze, mobili, vasti e complessi, dell'attività produttiva, in ogni suo settore. Non al C.N.E.L., ma rispettivamente al Governo ed al Parlamento, spetta di dettare le direttive della politica economica. Al C.N.E.L. spetta invece esdlu– sivamente di pronunciarsi sull'adeguatezza e congruenza tec– nica dei provvedimenti adottati e sulla loro intrinseca coe– renza a perseguire gli obiettivi ·previsti. Una indetermmatezza da n,muovere. Partendo da tali premesse,- balza subito ag,li occhi il pri– mo e fondamentale difetto del disegno di legge: e cioè il fatto che il servàsi della consulenza del C.N.E.L., che non può essere mai prof,ferta di sua iniziativa, è una mera fa– coltà da parte del Governo e del Parlamento, e per di più in un ambito che per necessità di cose è stata designato in termini estremamente vaghi {«materie economiche e socia– li») ed è vastissimo (4). E' quindi demandato all'arbitrio del Governo e del Parlamento l'interpellare o il non inter– pellare il C.N.E.L., il servirsene o il non servirsene, l'attri– buirgli manS>Ìoniimponenti od irrisorie, facendo quindi di– pendere la sua attività, e in ultima analisi la sua esistenza, da altri or.gani costituzionali sui quali non ha modo d'in– fluire. Da ciò discendono due conseguenze. La prima che a qualsiasi governo... malintenzionato riesce estremamente fa– oile girare J'ostacolo rlel-la garanzia democratica dettata dal– la Costit_uzione con la istituzione del C.N.E.L., senza biso– gno di violare alcuna norma di legge ma semplicemente con il... lasciar morire d'inedia l'istituzione, facendo a meno d.i richiederne il parere. L<I' seconda è çhe si· rischia di sva– lutare la nuova is'tituzione e la popolarità che essa dovreb– be acquisire interpellandola solo sui provvedimenti restrit– tivi od impopolari e non interpellandola invece su quelle misure e su quei provvedimenti dove il parere di gente in J}iÙ immediato contatto coi problemi dell'economia e del lavoro potrebbe essere preziòso correttivo ed utile incita- . mento. Giustamente quindi un memoriale del nostro Istituto Stu– di dello scorso autunno (alle cui osservazioni spesso qui mi richiamo) notava che « i•l C.N.E.L. rischierebbe di essere svuotato di pratico contenuto, di essere snaturato o di espli– care un lavoro disorganico e saltuario, se si rimettesse al– l'arbitrio del Governo e delle Camere il consultarlo o me– no, OPJ>Uresi lasciasse ad essi la scelta dei provvedimenti su cui interpellarlo ». Occorre aggiungere che se veramente si, confida sullla uti– lità di una consulenza in ma!ter-ia economica e sociale del C.N.E.L. questa non potrà avere nè· l'organicità nè la com– piutezza necessarie se solo su qualche isolato e singolo prov– vedimento si senta il suo parere e non su altri, le cui riper– cussioni, economiche o sociali, J}ossono alterare, sviare o addirittura annullare gli effetti ed i risulfati che fondata– mente si riteneva di potére raggiungere cdl provvedimento a cui s'era pur dato favorevole parere. Ciò porta ad una prima conclusione: ed è che (a parte le « questioni per le quali le Camere o il Governo ritengano di interpellarlo», ipdtesi che raramente si verificherà in pra– tica) l'art. 6 del disegno di legge vada sostanzialmente mo– dificato, sottoponendo alla consulenza preventiva del C.N. E.L. tutti i disegni di legge ed i progetti di regdlamento e tutti i provvedimenti ayenti no.rma di legge. !Si tratta, in altre parole, di stabilire il principio di con– sulenza obbligatoria (anche se, come vedremo, non vincola– tiva). E' facile tuttavia prevedere contro l'adozione di tale prin– oipio due obiezioni. La !}rima che si rischia di vedere som– merso il C.N.E.L. da una mole di lavoro che, per sua co– stituzione, nou sarebbe assolutamente in grado di sbrigare, e, per di più, di un gran numero di provvedimenti di scarsa importanza o addirittura di ordinaria amministrazione, sui quali un suo J>arere apJ>are superfluo e nemmeno opportu– no. La seconda è che, data la necessità di attendere il pa- (4) D'altre parle aion è nè possibile aiè o,pportuno tentare di clrconscri,verne Il campo. BibliotecaGino Bianco rere •lei C.N.E.L., prima di potere discutere nel merito dei progetti, il lavoro parlamentare, che già di per sè prosegue a ri·lento, rischierebbe di subire ulteriori remore. Le due obieziC'ni mi 5embrano tuttavia superabili entram– bi con i suggerimenti che proponeva il già citato memo– r,iale dell'Istituto Sturli. Quanto alla prima basterebbe sta– bilire che, se tutti i disegni rli legge e gli schemi di prov– vedimento debbono essere rimessi al C.N.E.L. prima della discussione parlamentare, non tutti debbano essere da esso discussi collegialmente. L'ufficio di Presidenza del C.N.E. L. od una apposita commissione ristretta permanente po– trebbero operarne un vaglio di massima, stabilendo quali sottoporre all'esame del C.N.E.L. per sentirne il parere e quali invece considerare come provvedimenti di ordinaria amministrazione, da restituire ,con un -semplice visto, sem– perchè Governo e Camere non richiedano per essi uno spe– cifico parere. Quanto alla seconda - onde evitare che con il principio di consu'lenza obbligato.ria la attività legislativa possa essere ritardata sensibilmente da lentezze o inefficien– ze o addirittura da remore sabotatrici del C.N.E.L., - ba– sterebbe adottare la norma che, se entro un ragionevole termine non venga trasmesso il parere del C.N.E.L. sorga la legale presunzione che il parere s'tesso sia favorevole o comunque venga rimosso ogni ostacolo derivante dalla man– cata emanazione del parere stesso. Parere obbligatorio ma non vincolante. Un punto che dev'essere ben chiaro è invece che i'1·pare– re, da richiedersi obbligatoriamente, non deve essere mai ed in nessun caso un parere vincolativo. Spetta cioè al potere discrezionale del Governo ed al parere legislativo delle Ca– mere, cioè ad un potere promanante dai soli esponenti che sono legittimati a rappresentare il Paese, a norma dei prin– cipi democrat.ici, l'acc0gliere o il non accogliere il parere del .C.N.E.L. o i[ discostarsene in tutto o in parte. Il pare– re del C.N.E.L. ha quindi soltanto il peso e l'autorità di un suggerimento che promana da esperti, ma che non può e non deve essere in gra\lo di impedire o di alterare le di– rettive della politica economica, che al solo governo ed al solo parlamento spetta determinare. Vi potranno essere pareri all'unanimità e pareri estrema– mente succinti. Ma, come avvJene normalmente itf organi consultivi di carattere tecnico -bensì, ma per necessità di co– se non immuni da riverberi politici, derivanti anche da una effettiva diversità di interessi, è più facile prevedere il caso che circa il parere da dar&i si manifestino divergenze o ad– dirittura inconciliabilità di opinioni. Il disegno di legge non chiarisce quel che deve avvenire in questo caso; il che la- . sda presumere che, come in ogni altro organo democratico, debba prevalere anche qui il criterio della maggioranza. Ma a ques'to riguardo sorgono delle perplessità. C'è da chieder&i anzitutto che signif.icato può avere, a proposito di un parere che dovrebbe essere tecnico, una maggioranza, specie :n un organismo che per sua costituzione, come ve– dremo, è alquanto eterogeneo. I[ fatto che, per un certo nu• mero di voti in più, prevalga una tesi che, per un certo numero di voti in meno, un'altra tesi rimanga soccombente, non dà alla prima una maggiore validità. Si tratta semJ>re non di una delibera, ma di un parere: e in tema di J}areri tecnici il sacrificio delle opinioni della minoranza costitui– sce r,inunC'Ìaad asc0ltare una •tesi che può avere la. sua cri– tica validità. Ma c'è un'altra, e più forte ragione. Il bat– tersi a c0lpi di maggioranza provocherebbe ed inciterebbe il retroscena politico dei dissensi e creerebbé, si voglia, ·o non si voglia, una tenzone con radici politiche, minaccian– do di «politicizzare», come si dice con un atroce termine;. un organo che dovrebbe invece restare tecnico. Se poi, per evitare la frattura tra maggioranza e mino– ranza, si dovessero cercare dei compromessi e delle tran– sazioni, la cosa, date le finalità del C.N.E.L., sarebbe, a mio avviso, dannosa: non solo per la perdita di tempo che provocherebbe la •rdceroa di un termine d'intesa, ma per il rischio di mettere in piedi dei• compromessi artificiosi e sti– racchiati. A rimedio di questo, mi sembra potrebbe essere buona norma, fuori del caso di pareri unanimi, il consentire una duplicità o addir,ittura una plura1ità di pareri. Al _parere del-
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