Critica Sociale - anno XLI - n. 8 - 15 aprile 1949

CRITICA SOCIALE 175 delle « verità» ammannite dagli interpreti ufficiali. Chi ha bazzicato in quegli anni, e anche più tardi, con i giovan-i studen,ti per gettare qualche semente nonconformista, sa quanto il terreno fosse fertile. Il dubbio che si inseriva· nell'animo di un giovane dopo una dlscussione era una vittoria certa, anche se differita; e non era infrequente. Bene: questi giovani furono costretti al moschet– to più éhe al libro, proprio quando la vi,ta sorride e invita a conoscerne gli aspetti riiù profondi e se– ducenti anche me! campo intellettuale e politico, e tuttavia molti di loro si diedero a osservare appas– sionatamente e a rilevare acutamente quanto si na– scondeva dietro la retorica fascista. Poi venne la gUJerra e il resto. Non furono la guerra « e .il resto » a generare nell'animo dei giovani la rivolta contro il fascismo. La guerra e la disfatta furono le gran– di occasioni' per farla esplo-dere. Lo sdegno, la ri– volta morale, il disinganno amaro erano già in loro prima che la impalcatura fradicia del fascismo crol– lasse ignominiosamente il 25 luglio 1943. Il loro spirito cri4ico - ed è in ciò un mirabile ammonimento - si era sviluppato quasi spontanea– mente, con poco e frammentario ausilio dall'ester– no. La guerra partigiana fu sublime proprio per qu1esto, perchè furono i giovani a farla, a farla sul serio, a subire tortura e morte, con una bramosia di riscatto, con un'ansia di rinnovamento e di rige– nerazione, tali da stupire il mondo. Ho udito uffi. ciali inglesi e americani pronunciare parole mira– bili sul partigiano italiano. Vivono ancora e potreb– bero rip1eterle. Non vorrei cadere nella retorica; è facile in que– sta materia. Ma voglio dire che tutti questi giovani hanno lottato spontanewnente, senza incitamenti e scuote, senza ·obbedire a schemi, sospinti -da ideali talvolta vaghi e confusi; e 'poi molti di Jo,ro hanno trovato da s-oli, in ass:enza di un movimento socia– lista organizzato - salvo quel che di socialista era contenllJtO nei programmi confusi, s·e pur coraggio– si del Partito d'Azione - la strada che li ha con– d~tti alla idealità socialista, che troppi « vecchi » avevano rinunziato a difend!ere. E si sono uniti a noi, a no,i delle gemerazfoni sconfitte, con la speran– za viva che li avremmo aiutati a procedere verso quella liberazione che da tanti anni avevamo pro– messa, dopo la turpitudine che, con noi e anche per noi, avevano contribuito a spazzare via· dal no– stro paese. Cosa abbiamo loro offerto finora? Questa larva di democra:z;ia, e una diffid!enza e una osti<Jità nei loro riguardi che dovrebbe farci vergognare. I vecchi men.o saggi hanno preteso -di imporre la loro esperienza e i loro schemi, il loro metodo e la loro dottrina, o quella presa a presti1o dai maestri ma contraffatta e mutilata; fermi sovente alle for– mulette del positivismo 1e del determinismo, anco– rati ad un marxismo stemperato dalla prassi rifor– mista, o, peggio, dal loro spirito piccolo-borgh~se, senza nemmeno avvertire che il riformismo, va!Ido e benefico a suo tempo, è stato superato da due tremende guerre e da quasi mezzo secolo di pro- gresso. . . E noi di mezza età? noi abbiamo offerto a1 giova– ni degH ideali, molte frasi, monconi di cultura oscil– lante tra Croce e Marx, un in.certo umanesim_o che troppo spesso ha ignorato la teçmica e la 0 c1enza; e, ques to sì, la disperata volontà di resistere aire insid.ie del liberalismo occidentale e del· « comu– nismo » della involuzione staliniana; in cerca noi stessi di una verità, che è sempre una piccola lu– ce nel cielo burrascoso di questa nostra età di tor– mento e di angoscia. Un ind,irizzo più che una via. Una speranza più che una esperienza. E le nostre crisi e !Je nostre diatribe. E ci meravigliamo che i giovani protestino e pre– tendano di parlare, di contribuire al qostro sforzo Biblioteca Gi o Bianco di cercare la verità e la via; insomma, di dire la loro, di criticare e di discutere, poichè dànno buo– rne prove che, quanto a serietà, possono dare dei punti a ·molti d,i noi; e che, più di tanti loro catoni, hanno nervi saldi, idee chiare e cultura più fre– sca e solida e documentata. E pretendiamo di sbar– rare loro la strada, perchè non sono « preparati>, perchè non hanno conosciuto la nostra falli menta– ne .esper-ienza. Forse la colpa non è di nessuno, forse la, colpa è della storia che ci fa vivere tutti .in questa Euro– pa decadente, mentre due tremende forze giovani, «barbare», si contendono il dominio del mondo, e la loro contesa falsa ogni altro rapporto e i termini di qualsiasi istanza umana. Ma i giovani devono essere ascoltati e rispettati; devono essere sopra tutto capiti. Han no sofferto molto, hanno sofferto più di noi perchè, bene o ma– le. in qualcosa noi abbiamo potuto sempre credere. La parola « fascista » ·non deve essere mai pronun– ciata contro loro; il fascismo non l'hanno fatto lo– ro: l'hanno fatto queUi delle generazioni an.tece– dienti, attivamente o passivamente, e talora con ve– ri e pro·prii tradimenti. Dei loro difetti noi siamo i responsabili.. I giovani hanno subìto il fascismo come· si subi– sce un busto di gesso. Noi siamo ormai ieri e oggi", un, oggi al crepusco– lo. I giovani sono il domani; e se siamo sinceri quando diciamo che vogliamo lottare per un doma– ni migliore, e dunque per i giovani, non dobbiamo contraddirci con la pretesa di. fermane il tempo. E' strano che verità così elementari, che cosi ov– vie considerazioni non siano intese da molti che si proclamarono socialisti, i quali dovrebbero pure accorgie·rsi che mentre essi si abbarbicano alla ge– roRtocrazia, e non si smuovono da una tradizione i cui schemi e i cui metodi vorrebbero riportare di peso e immettere• a forza nei convulsi: rapporti so– ciali moderni, altre formazioni politiche hanno così herne assimilato le forze della gioventù e le hanno anche portate a posti di responsabilità. Cinismo? può anche darsi; ma lo stesso «cinismo» ha avuto un tempo anche il partito socialista, il quale usava un linguàggio che era inteso sopra tutto dai giovani. Ora, inutile nasconderselo: la stanchezza che si avverte nel pubblico per le contese politiche e che non risparmia alcun partito, alcuna organizzazione, è proprio nei giovani socialisti che si avverte più profonda. La tendenza al compromesso, alla transa– zione, al «sedersi» su gli ideali-, disgusta i giovani. La rivoluzione stroneata il 25 aprile 1945 aveva bi– sogno ùi un surrogato urgente; la op,erosa rivoluzio– ne di ogni giorno, la rivoluzione del socialismo de– mocratico. E' anch'essa mancata, e sappiamo tutti come e perchè. Ma perdio! pr9prio per essere libe– ri di fare o di pneparar.e siffatta rivoluzione era avvenuta la scissione di palazzo Barberini; non per aiutare i preti e le donnaccole della democrazia cristiana a non aver più paura del comunismo. I giovani, e i meno giovani ma non ancora vecchi, hanno in teso paroìe, nel 1947, ohe li incoraggiaro– no a perseverare non ostante il mancam·ento, e il tradimento, di alcuni capi del socialismo. Fu una rivolta contro il tentativo di i,mbo.ttigliare .il socia– lismo nell'antili-bertà, di sviarlo verso •jJ napoleoni smo staliniano, o verso le poltrorne di Montecitorio o dei ministeri. Se coloro i quali si sdegnano oggi tanto facil– mente degli atteggiamenti dei nostri giovani, dei quali hanno pur lodato un tempo la serietà e la pre– parazione, vorranno meditare su tutto questo, e tut– to questo capire, potranno veralDlellte aspirare a di– rigere un grande partito socialista moderno, che abbia per sè l'avvenire e non il passato. PIERO CALEFFI

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