Critica Sociale - anno XLI - n. 8 - 15 aprile 1949

CRITICA SOCIALE 171 via che quella di costituire bene organizzate coo– perative, fornendole di tutti i mezzi necessari per la conduzione di terre, che deve essere loro affida– ta. In qualche giornale abbiamo visto un accenna alle cooperative nell'ultima parte delle comunica– zioni fatte dal ministro De Gasperi, ma ci sembra che l'opera loro, nel progetto ministeriale, sia ri– strett_a soltanto all'acquisto in comune, fra un cer– to numero di piccoli proprietari di semi, di con– cimi, ecc. e alla vendita associ~ta dei prodotti, mentre ,riteniamo che l'azione più importante e più veramente sociale che le cooperative dovrebbe– ro compiere è quella che si riferisce alla conduzio– ne dei fondi, i quali dovrebbero essere proprietà della cooperativa, assegnati per l'esercizio alle sin– gole famiglie di coltivatori sotto una direzione tecnica comune, in modo da mantenere tutti i vantaggi della grande azienda fondiaria, elimi– nando le forme di sfruttamento a cui i coltivatori della terra sono oggi soggetti, in grado maggiore o minore. Non sappiamo quando questo progetto di rifor– ma agr~:r:ia sarà portato dinanzi al Parlamento. Bisogna che i nostri gruppi parlamenari si presen– tino ben preparati alla discussione e sappiano con– trapporre principi nostri ai principi che ispirano il progetto ministeriale. Evidentemente dalla par– tecipazione del nostro partito al governo noi non possiamo sentirci vincolati ad accettare una ri– forma che segnerebbe per decenni e decennl l'or– dinamento della proprietà fondiaria in modo con– trario, non solo ai nostri principi, ma alle èsigenze stesse della evoluzione economica e sociale·. La solidarietà nel Governo non ci può indurre a man– care di fedeltà alle nostre idee. Mancheremmo in tal caso anche ad un dovere verso il Paese, il quale ci ha dato nelle passate elezioni quasi due milioni di voti (e ce ne avrebbe dato molto più, se non fosse stato dominato dalla paura), non perchè noi siamo associati nel governo con la democrazia cri– stiana, ma perchè ha fede nel socialismo e sente che esso è il solo capace di offrire razionali e van– taggiose soluzioni ai problemi che assillano la no– stra vita nazionale. Non dobbiamo tradire questa fiducia, ripetendo in altro senso jl colpevole er– rore di cui si son resi responsabili Nenni e i suoi amici, quando, asservendo ad altro partito le forze del partito nostro, hanno impedito a questo di esercitare in -piena li]Jertà quell'azione con la qua– le esso avrebbe potuto compiere tanto bene nel vantaggio della vita nazionale. Oggi certo la si– tuazione appare meno vantaggiosa che allora non fosse, perchè le classi dirigenti sono andate oggi ricomponendo le loro forze e oppongono una resi– stenza di cui, all'indomani della liberazione, non sarebbero state capaci. Ma possibilità di azione so– cialista vi sono ancora e noi non dobbiamo la– sciarle disperdere, mancando ad un nostro preciso dovere. La necessità di riprendere la piena indi– pendenza della nostra azione ci pare si faccia ogni giorno più urgente, se non vogliamo degenerare in una democrazia radicale o liberale, che di socia– lista non potrebbe più arrogarsi neanche il nome. Io sono grato ad Alessandro Levi, che-nell'azio– ne del partito ho sempre trovato ancor più a de– stra di quella destra nella. quale io mi trovavo, e che, alieno nel modo più rigoroso da· ogni dema- BibliotecaGino Bianco Per la difesa della democrazia Inevitabilmente complesso e faticoso doveva es– sere l'assurgere a democrazia per un Paese, come il nostro, che dolorosamente riemergeva dalle . graYi devastaztoni, dalle penose storpiature e dalla profon– da diseducazione inflittegli dal lungo dominio fasci– sta. Nessuno poteva illudersi che bastasse strappar via l'abito fascista e<ilinfilare, bell'e fatto, e su mi– sura, l'abito democratico. La democrazia, si sa, è regime che non si può nè imporre nè donare. Essa è soprattutto costume. E' un costume fatto di auto– determinazione, di auto-critica e di auto-disciplina, dove gli aspetti politici sono in.separabili da quelli morali. E' creazione da se stessi della propria nor– ma di condotta. Per· questo la democrazia vive ed esiste se ed in quanto sia continuamente conquista– ta e praticata; se ed in quanto sia attiva partecipa– zione <ili sempre più vasti e sempre più convinti strati di cittadini; se ed in quanto nella esplicazian.e delle loro fondamentali libertà i cittadini accettino di stare a certe regole del gioco che impongono an– zitutto la rinuncia alla sopraffazione violenta ed il rispetto reciproco. Nessun dubbio pertanto che la democrazia sia frutto. oltre che di civiltà, anche di educazione. Ma si tralt:1 rii un'educazione che matu– ra dall'esperienza pratica, non da astratti precetti; dall'esercizio positivo dei propri diritti e dalla lot– ta per le prcprie aspirazioni, non da precostituite norme o· da sanzioni coattjve; dalla consapevolezza di potere influire con tale attività - eminentemen– te politica - snl proprio destino, sul miglioramen– to •del proprio livello di vita, sull'ascesa della pro– pria civiltà, e non. dalla perfezione dogmatica o dal– la intrinseca indispensabilità della democrazia. In altre parnle: questii vive, resiste ed opera, malgra– do la laboriosità, la lentezza e l'incertezza dei suoi mezzi, in quanto offre, teoricamente, a tutti, un pa– cifico metodo per procedere in avanti, verso nuove conquiste e nuove· re alizz azioni. La democrazia reg– ge e ·persiste in qu :m.to assicura l'edificazione del domani e non si ch iude a difesa conservatrice del passato, ostentando una forma a cui non corrispon– de una -sostanza. . Queste -premesse non sono estemporanee quando ci si pone a considerare - cosa che non si può fare senza amarezza - gli sviluppi e gli aspetti del pro– cesso di assestamento democratico del nostro Pae– se, dalla liberazione ad oggi. L'assestamento democratico. Crollato il fascismo, occorreva dare all'Italia as– setto democratico. La recuperata libertà -imponeva l'elaborazione di istituzioni, di strumenti e di nor– . me non meno importanti ed urgenti di quanto ap– parisse la ricostruzione materiale del Paese. M:i a gogismo, ha sentito il bisogno, t1el suo articolo pubblicato ne «L'Umanità» del 9 ap!'ile, di get– tare un grido d'allarme. Venendo da un compagno saggio e misurata nei giudizi qual'egli ·è, questo grido è un conforto e un incitamento per noi. Spe– riamo che serva a suscitare un rigoroso e_samem coloro che, certo con il più devoto desiderio di servire la causa del socialismo, 'ci sembrano però avviati su una china nella quale non sarebbe facile, ove si continuasse a restarvi, trova,re il punto di arresto. U. G.M.

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