Critica Sociale - anno XLI - n. 8 - 15 aprile 1949
CRITICA SOCIALE 187 Nonostante le condizioni generali delle masse a• gricole, la popolazione lombarda aumentò da 2 mi– lioni 167.78__2 nel '18 _a 2.670.833 nel '46. Milano rag– giunse neI '36 185.000 abitanti. L'architettura e l'e– dilizi>a mostrarono nelle città l'aumentato tenor di vita di alcuni ceti borghesi. Nelle campagne, daHa fine del '700 alla metà del- 1'800, ben 42.000 pertiche censuarie erano state ara– te e rimboschite e 46.000 convertite da paludi in risaie. La produzione di foraggio, gelso e formag– gio era più che raddoppiata. Il numero dei piro,prietari salì in Lombardia, fra il 1938 e il '50, dell'11,54,%, toccando la mèdia di 1 per 8 abitanti. L'alienazione dei beni demaniali ed ecclesiastici e la soppressione dei privilegi fieu– dali aveva faciLitato il frazionamento. della pro– prietà e quindi l'accresoimento della classe media. Tutta la vita lombarda e,bbe un forte impulso, sti– molando l'attività economica generale e lievitando le energie culturali e politiche dell'intera classe borghese. Non così nel Veneto, dov,e la cessazione del traf– fico marittimo i-n Levante aveva in breve tempo, già drnrante il periodo napoleonico, depaup erato la nobiltà, a cui il fisco aveva sottratto una gran.de qùantità di terre, senza che esistesse una b orghesia industriale in grado di appropriarsele. 4. - I primi passi del capi>talismo. indusll"iGle. Attraverso la produzione agricola il Lombardo– Veneto potè inseriTsi nel complesso economico- eu– ropoo. Poichè il consumo interno non era molto forte e nel complesso veniva so:ddisfatto dagli scam– bi tra i vari generi di montagna, collina e pianu– ra, la maggior quantità di prodotti serviva al com– mercio estero. Si importavano, è vero, frumento; mais, v-ino, li– quori, agrumi, olio d'oliva e di pesce dalla Francia e da Genova; tessuti fini, prodotti metallici, bovini, pelli, cotone greggio dalle più varie parti d'Europa e d'Italia. Ma l'esportazione era notevolissima: sete, (specialmente in Francia e ,in Germania, contro la concorrenza delle sete bengalesi e cinesi) cotone, latticini, riso, filati di lino, ferro fuso, armi da fuo– co, carta, mobili, ecc. Molto attivo il commercio di transito, su cui vivevano vetturali, albergatori, spe– dizionieri. Nonostante i dazi (sei o sette da Milano a Paruna in '37 miglia), le v,ie Venezia-Milano, Mila– no-Torino, Milano-Genova, Milano-San Gottardo e Spluga, la linea del Brennero erano molto frequen- - tate. Anche do,po l'apertura del Gottardo nel '31 e l'uti.Jizzazione del San Bernardo si riusciva a bat– tere la concorrenza piemontese. Le opere pubbliche ,compiute portarono le strade a un numero notevoJ.e e ad un buon. fondo; i ca– nali e le vie navigabili a 1120 km. complessivi; nel 1840 fu gettata Ia ferrovia Mi,Jano-Monza; né! 1846 in mezzo a una memorabile polemica fra i ban– chieri viennesi e i possidenti italiani finanziatori, la Milan.o-Trevig,lio. Numeros·e diligenze correvano pe·r le provincie e, dopo il '27, il servizio si acce– lerò coi velociferi. La posta Milano-Venezia era già giornaliera nell '30 con corrier,e; nel '39 lo fu con dìligenze. Nel '45 ben 25 omnibus giravano per Mi– lano. In 9 or,e si andava da Milano a Brescia, in 36 da Milano a Venezia (260 km.). I 5 giorni necessari nel '30 per andare da Milano a Vienna si ridussero nel '45 a 18 ore, mentre non altrettanto accadeva del trasporto del1e merci, assai più lento, soprat– tutto con le altre parti d'Italia. Fiorentissimo era anche iil contrabbando, per cui esistevano addirit– tura assicurazioni sui rischi. Anche il commercio, come l'agri:coltura, favoriva l'accrescimento della piccola borghesia. Pochi era– no infatti i grossisti (da 49 a 54 a Mi.lano tra il '36 e il '46), molti ·i mercanti al minuto (1740 a Mila- ibliotecaGino Bianco no nello ste~s,i periodo). Le borse erano costituite dai caffè, nei quali si parlava mo,Jto di affari, dai mercati fissi ·e. dalle fiere periodiche (Pavia, Bre– scia, Bergamo). Gli scambi erano sorvegliati e spes– so registrati dalle Camere· di commercio. Il ceto mercantile era un poco conservatore, specia,Jmente nelle abitudini e nella psicologia, ma i con.tatti con l'estero e le ,esigenze di mag:gior Ubertà della politica doganale lo spinsero 1,empre più ad allinearsi a fianco dei libero-scambisti. Perciò i commercianti reagirono energica~ente contro l'asservim,ento del mercato lombardo-veneto allo Zollverein tedesco e qhindi alla deviazi,one del commercio da Genova a Trieste, ove nel '36 era sorta Ja società del Llayd austriaco finanziata dai Rotschil'd. Inoltre intuirono prontamente, ·dopo il ritorno del traffico inglese per l'Oriente al Medi– terraneo e all'Egitto, la necessità di crear,e un si– stema ferroviario nazionale e uno scambio più in– tenso e libero fra i vari Stati italiani, per sottrarsi alla soggezione' continentale. Di qui il più vasto re– spiro dei ceti borghesi fombardi e il più amiche– vole sguardo verso il Piemonte. MoJto meno buone erano le condizioni del Vene– to. L'estensione del porto franco di Venezia per molto tempo richiesta, e concessa il 1• febbraio 1830, non dette i r,:ìsultati spera1i a causa della man.– c:1.nza <!i capitali cUsponibi1i e della pressione eser– citata dal commercio triestino. Trieste, già nel periodo napo~eonico e assai p,iù durante la Restaurazione, assorbì l'entroterra ve– neziano. Venezia diventò il porto militare austria– co, ma perdette ogni importanza come porto di tran- 1 sito: le infinite barriere doganali della Penisola spa– ventavano il commercio i.nternazionale, che si' di• rigeva diretlamenle per mare a Trieste e a Marsi– glia. Se il Confalonieri definiva l'ex Serenissima « la cada•verica », così Alfredo De Musset nel '35 ne descriveva la triste ·condizione: « Dans Venise la rouge Pas un bateau qui bouge, Pas un pecheur dans l'eau, Pas un falot. Seul, assis à la grève, Le grand lion soulève, Sur l'horizon serein, Son pied d'airain! » « I veneziani - scriveva il PeHico nel '20 ~ so– no troppo chiacchierini; la loro vita di piazza e di caffè è molto svaporata;. non pensano, non sento– no ». L'aristocrazia era isolata nei suoi palazzi mo-· numentali « come sepolta nel sepolcro delle sue passate grandezze », oppure s'era indotta ad accat– tare « impieghi'· e paghe dallo straniero, conviti e festini dai dominatori insolenti ». ·Scarso e povero iJ ceto medio commerciale; numerosa e intelligen– te, ma impotente la classe avvocatesca. Anche le campagne venete risentivano gravemen– te di questo stato, e perciò tutto il Veneto si trova– va in condizioni di dipendenza economica nei ri– guardi deilla Lombardia. La zona del Garda e del Mincio pullulava di contrabbandieri che specula– vano sulle correnti di traffico lombardo-austriache, mentre la grande maggioranza deHe popolazioni ve– nete soffriva una miseria che il Sando.nà ·definiva « spaventosa ». Anche le famiglie più J"icche ave– vano colpi tremendi dal « governo ferreo » di Na– poleone. Tuttavia resisteva ancora in una certa misura la manifattura tess~le, specialmente nel Veronese e nel Trevisano, ove le aziende avevano già un carattere più «industriale». 15.000 donne erano occupate nella trattura e filatura delfa seta nel Veronese e 20 mila addette alla tessitura serica; 12.000 alla lavo– razione del lino, della canapa e del cotone; 3.000 per la lana. Nel Trevisano 8 fabbriche laniere irn-
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