Critica Sociale - anno XLI - n. 8 - 15 aprile 1949

CRITICA SOCIALE 185 occorreva attendere per inviare rinforzi, aveva mandato a Roma una missione speciale affidandola a quel Lessepe, i! cui nome è legato al taglio dell'istmo di Suez. Un accordo era ;ntervenuto, onorevole per. ambo le parti. Ma il coman– dante delle forze armate rifiutò di firmarlo. Il colpo era fatto. Le forze erano state accresciute. C'era l'ordine di entrare in Roma al più presto. Audinot, il comandante in capo, impadronitosi dei dintorni della città, puntava decisamente su questa. Il coraggio . e l'abnegazione delle truppe e dei singoli combattenti furono superiori ad ogni elogio. Rifulse l'eroismo di tutti, offren– do ancora una vol-ta la certezza che l'ideale è sprone in– superabile al sacrificio. I combattenti di S. Pancrazio, di S. Pietro in Montorio, della Cinta Aureliana fanno parte della gloria militare italiana. Sono divenuti oggetto di epopea. La Costituente non aveva voluto mostrare di essere infe– riore ai soìdati. Aveva seguitato a radunarsi, mutando la sua residenza di continuo, sotto le palle nemiche, provve– dendo alle incalzanti necessità della guerra ed alla serena discussione della Costituzione dello Stato. E il 3 luglio, finita la resistenn, ne faceva la proclamazione dalla loggia del Campidoglio, trn plausi di evviva la, Repubblica. Dall'ultimo proclama, diretto dai triumviri Mazzini, Ar– mel-lini e Saffi ai Romani, togliamo queste profetiche pa– role: « Una nube .sorge oggi tra -il vostro avvenire e voi. E' nube di un'ora. Durate costanti nella coscienza del vostro diritto e nei!:\ fede per cui morirono, apostoli armati, molti dei migliori tra voi. Dio, che ha raccolto il loro sangue, si fa mallevadore per voi. Dio vuole che _Roma sia libera e grande, e ~arà. La vostra non è dis(atta: è vittoria dei martiri ai quali il sepolcro è scala di cielo». E Roma fu nostra davvero. Poterono poi strapparcela, ancora una volta, per tradi– mento, oscure forze che, mentre ne esaltavano la storia, ne avvilivano lo spirito. Ma Roma è di nuovo degli Italiani, di tutti" gli Italiani. Ed è ancora una volta repubblicana. * * * Nòn analizzeremo per brevità gli articoli dello Statuto che la Costituente frrmulò. Diremo solo che, pur essendo stato redatto in un momento di ardente passione, è un do– cumento s<'reno e limpido. Esso aveva fatto tesoro delle Costituzioni antecede~ti, as– sicurando ai dttadini romani quelle garanzie e libertà, che erano state ormai conquiste delle democ;razie di ogni paese. Per quanto riguarda l'ordinamento politico dello Stato, stabilito che « ogni potere viene dal popolo» ne dava l'e– sercizio ad un'unica a_ssemblea, eletta a suffragio universale diretto, dai cittadini maggiorenni. Il potere esecutivo veniva affidato ad un triumvirato di Consoli, eletti per tre anni, rinnovabili per un terzo all'an– no, e ad un ministero, nominato dal Consolato. Aggiungeva il potere giudiziario, composto di giudici inamovibili, eletti dai Consoli ed in Consiglio di Ministri. Affiancava al po– tere esecutivo un Consiglio di Stato di 15 membri retti dal- 1' Assemblea. Doveva essere consultato sulle leggi da pro– porsi, sui regolamenti e sulle ordinanze esecutive, facolta– tivamente sulle relazioni politiche. Era ancora determinato che la Costituzione potesse modi– ficarsi, ma solo per domanda di almeno un terzo dei rap– presentanti, nell'ultimo anno della legislatura .N è pareva che questa limitazione potesse bastare. L'Assemblea doveva rin– novare la votazione entro due mesi, ma colla maggioranza dei due terzi. La Costituzione non ebbe la sanzione, in ogni caso de– cisiva, della applicazione. Può, ad ogni modo, ritenersi no– bile tentativo di dar vita ad uno Stato costituzionale non settario, pervaso dalla idea di libertà, non dimentico delle antiche tradizioni. Grur.ro CASALINI Leggete e diffondete il quotidiano del P. S. L. I. L'UMANITA'· ibliotecaGino Bianco Le forze economico - sociali e la del 1848 preparazione nel Lombardo Veneto 1. - Il sistema amministrativo austr_iaco. Nel processo della preparazione profonda del '48 in Italia, non v'è dubbio .che proprio nelle re– gioni lombardo-venete soggette ali' Austria appaiono più evidenti i segni della crisi della vecchia socie– tà, poichè in esse più intenso era il ritmo di vita e più avanzato lo sviluppo produttivo e sociale. La restaurazione aveva posto Lombardia e Veneto sotto il pesante tallone austriaco, incorporandole direttamente niell'Impero, attraverso la rappresen– tanza d'un Vicerè e di due governi distinti al di qua e al di là del Mincio, affiancati dalle Congrega– zioni provinciali. Gli organi direttivi venivano scelti tra le classi possidenti nobili e borghesi e non erano investiti di autorità propria, bensì soggetti all'arbitrio dei rappresentanti centrali. Tutto il _sistema amministrativo e governativo era tornato ad essere strettamente controllato dalle classi possidenti e dal governo centrale. Nei comu– ni rurali il «convocato» era costituito dai contri– buenti fondiari e dai deputati da loro e1'etti. Nelle città il consiglio comunale (con 30-60 membri) era per due terzi composto di proprietari terrieri bene– stanti, mentre il sindaco e gli assessori venivano eletti dal ~governo. Nelle congregazioni provinciali amministranti le provincie una metà dei deputati (da 3 a 8) veniva scelta tra i nobili possidenti di fondi registrati dal catasto per almeno 2.000 scudi, l'altra metà tra borghesi di pari censo, più un de– putato per città, scelto dal governo su proposta del– la congregazione provinciale. Anche nelle congrega– zioni centrali erano un rappnesentante della nobil– tà terriera e uno della borghesia fondiaria per pro– vincia, con censo superiore ai 4.000 scudi, e un rap– presentante. per città, nominato dall'imperatore su proposte della provincia fatta su lista comunale. I poteri delle congregazioni erano molto limitati dal rigido controllo governativo. Del resto quegli orga– ni rappresentavano un ceto ristrettissimo: in Mila– no verso il '50 neppur cento erano le famigli,e dota: te del censo richiesto per farne parte. Attraverso di essi il grave malessere del regno non poteva esser interpretato se non con sporadiche lagnanze e pro- teste. · L'Austria non aveva tuttavia commesso l'errore di voler ritornane allo stata quo ante come la monar– chia in Piemonte e aveva mantenu·to una parte della. legislazione napoleonica, specia1mente quella riguar– dante i rapporti fr"a Stato e Chiesa, secondo le tra– dizioni giuseppiste. Rinacquero invece i fidecommessi e molte con– suetudini feudali, ancora contemplate nel codice au– striaco; tornò la s•egretezza dei processi; si rivi de– ro i catasti; il Monte Napoleone, istituto· finanzia– rio statale, fu trasformalo in Monte del Regno Lom– bardo-Veneto e conservato a Milano col compito di curare la complessa liquidazione di tutti i diritti e crediti dei privati e dei comuni. La scuola fu immediatamente sottoposta al con– trollo rigido dello Stato e l'insegnamento elementa– r,e fu affidato ai parroci e reso. obbligatorio, Il ser– vimo militare, con una ferma di otto anni, fu t!'a i pesi più gravi imposti dalla dominazione austria– ca. La vigilanza ·poliziesca fu_ subito occhiuta, ma non eccessivamente oppressiva. L'amministrazione continuò ad essere, nell'ambito puramente burocra– tico, lenta ma ordinata.

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