Critica Sociale - anno XLI - n. 8 - 15 aprile 1949

CRITICA SOCIALE 183 LA REPUBBLICA ROMANADEL 1849 E- LA SUA COSTITUENTE tco11tin,11,azivne. e fine) La caduta del Potere temporale. La Costituente si trovò subito di fronte a prnblemi di vario grado, ma tutti di estrema delicatezza e di eccezio– nale gravità. Datosi .il suo interno ordinamento essa doveva decidere sul problema istituzionale, sul suo ~tteggiamento non solo di fronte al Papa fngg,iasco, ma al potere tempo– ra,\e dei Papi. Doveva, in secondo luogo dare una nuova co– stituzione allo Stato e, al tempo, ste~so, difenderlo dalla guerra esterna. E questo comportava non solo formaz>ione di eserciti, ma provvedimenti di ordine finanziario e tutto un complesso di discipline, di cui non ci sono certo man– cati gli esemoi rece!1ti Molto inte;essante, neJ.la prima seduta, la relazione del Ministro dell'interno (ArmeUini) sull'opera compiuta dal Go– verno provvisorio, suJ.le •ragioni che avevano portato alla Costituente. Sopnttutto, sono degne di nota le parole con cui il Ministro lnmeggiava la figura del Pontefice assente, secondo il concetto che se n'era fatto. Il giudizio dato con obbiettività, è quello che oramai la storia ha c~nfermato. Si era - disse - Egli, da principio « impegnato in una via che lo faceva stmmento della riforma più straordina•ria in Italia, -la fondazione della nostra nazionalità e della li– bertà sulle rovine della diplomazia e dell'assolutismo feu– dale e monarchico... Ma non comprese abbastanza l'altezza della missione a cui lo chiamava la pienezza dei tempi. Cre– deva, ad ogni concessione, di avere finito e quasi si pen– tiva di averla portata troppo oltre... Spaurito dagli scrupoli e dai pregiudizi, sembrandogli già una specie di sacrilegio le_ concessioni fatte al laicale a spese del clericato, asse– d,ato dagli assalti e rlalle insidie della diplomazia,· che fre– meva a vedere un capo del.Ja Chiesa, se non alla testa, pro– clive alle istituzioni liberali... doveva, alla prima occasione decisiva, arrestarsi, in<lietreggiare e quasi ritrattare quanto aveva solennemente psvmesso o fatto spera-re». Mancò a Papa Mastai, aggiungiamo noi, a cose vedute e vissute (e ne viene così spiegata la sua perplessità ed esi– tanza), la percezione di una verità che pure la storia ha posto in chiara luce: essere incompatibile il fatto religioso, particolarmente per una religione dalla origine e dall'etica di quella cristiana, con un potere temporale qualsiasi. Que– sto, per la ~ua natura, i suoi bisogni, i suoi egoismi, la de– bolezza degli uomini che debbono servirlo, non può che in• frenare !'a'lelito ,-tegli uomini verso certezze, che hanno bi– sogno di disinteresse e di purezza. Il potere temporale, pe1 la sua stessa natura non dà inevitabilmente libertà ed ali alla religione. La frena ed abbassa. Esaurita l'esposizione del Ministro, si levò Giuseppe Ga– ribaldi che faceva p,irte dell'Assemblea e propose che, sen– z'altro, si proclamasse la Repubblica. « I discendenti deg.Ji. antichi romani -· disse - i romani di oggi non sono forse capaci di essere repubhlicani? ». Non ostante l'autorità e la grandezza dell'uomo, si op– pose ad un'improvvisa dedsione lo Sterbini, Presidente del– l'Assemblea, il quale avvertì che vi erano delle forme da rispettare. L'Europa doveva poter dire : « i romani sono oggi quale era l'antico Senato ,in cui si discutevano i de– stini della Patria, non per impeto di passione, ma per ma– turità di senno>. Ogni decisione in proposito fu rinviata all'8 febbraio, ab– binandola coll'altra questione che, naturalmente, doveva pre– cederla, quella della decadenza del potere temporale dei Papi. A questo riguardo i discorsi furono unanimi. Disse il Savini: « L'unione dello scettro al pastorale fa pessimo il Re ed il Sacerdote~- Più circostanziate furono le dichiarazioni di Mamiani. La decadenza dei Papi, osservò, ha due significati. Pel primo pochi o- nessuno di%entirebbe. Tornato il popolo in possesso del suo diritto sovrano, i Papi non potrebbero pretendere alcun diritto sovrano, alcuna autorità che fosse anteriore 1bliotecaGino Bianco o superiore a quella della Costituente. «... Noi rappresentanti di un popolo cristiano, alzando l'Evangelo, sentenziamo, una volta per sempre, che i Papi non debbano sedere in sedia di Re, che il Regno loro non è di questa terra». Pel secondo, che comporta la impossibilità pei Papi di ,potere essere mai più investiti dell'autorità principesca, c'è luogo a riflettere. « Se il Potere temporale non potesse es– sere in massima pa•rte delegato alle Assemblee e ai Mini– ster~ e conformato colla pubblica opinione, continuerebbe ad essere quello che troppo sovente fu un flagello per l'ItaHa, un flagello per la religione». Altro discorso si potrebbe te– nere per un potere temporale, come doveva poi dire il Ro– magnosi, temperato. In conclusione, i! Mamiani ammetteva il diritto sovrano della Costituente, ma pareva augurare che essa se ne ser– visse per dare. un nuovo mandato al Papa, considerandolo principe non assoluto, ma costituzionale. L'autorità statale .effettiva doveva però risiedere nei Ministeri responsabili, la legislativa nelle Assemblee popolari. La ragione profor.<la di questo .orientamento del Mamiani si deve ricercare nella persuasione che, :i,dottandosi la for– ma repubblicana, ne sarebbe derivato un indebolimento della causa itailiana. Il Piemonte, in cui era a suo avviso la vera, la sola forz.a, per virtù della sua organizzazione militare, aveva spir,ito e tradizioni monarchiche. La via d'uscita che pertanto l'oratore proponeva era il rinvio di ogni decisione, sui due problemi, alla Assemblea costituente italiana. Un altro <leputat'.>,il Masi avvertì: « Qui non si tratta del potere spirituale, si tratta del Re non del Sacerdote, si tratta del -reggimento politico. Deliberando, l'Assemblea o– pera secondo il suo diritto». Ci è impossibile seguire in dettaglio i molti altri discorsi della giornata ( di Filopanti, di Rusconi, di Audinot, di Ster– bini, ecc.). Rdeveremo solo che, mentre il Papato non ebbe sostenitori, per quanto ha tratto al suo pote,e temporale, fu anche da altri sostenuta l'inopportunità della proclama– zione della repubblica. Si temeva fosse ostacolo alla augu– rata federazione italiana. Certo i principi, aderendo a questa, avrebbero avuto la sensazione che i loro troni traballassero. La votazione si fece sulla proposta Filopanti. Il suo pri– mo articolo diceva: « Il Papato è decaduto di fatto e di .diritto dal Governo temporale dello Stato romano>. Fu approvato con solo S voti contrari. Il secondo, che riguarda guarentigie da darsi al Sommo Pontefice, per la sua potestà spirituale, fu sostituito da una nuova formula Armellini, questa : « Il pontefice avrà tutte le guarentigie necessarie per la indipendenza dell'esercizio della sua potestà spirituale>. Seguiva l'approvazione dell'art. 3 :, « La forma del governo dello Stato Romano sarà la de– mocrazia pnra e prenderà il glorioso nome di Romana Re- pubblica», ' Fu accolto con grandi applausi. Si registrò l'ora dell'av– venimento: I r,30 pomeridiane. L'art. 4, alquanto anodino, diceva: « Gli sforzi. deHa Ro– mana Repubhlica saranno, in modo tutto speciale, diretti al miglioramento morale e materiale della condizione di tutte le classi della società >. Filopanti spiegò il suo concetto così : Volendo il possente appoggio del popolo, occor•re dirgli che la Repubblica si occuperà in special modo cfel suo benessere « Non si vuole però porre in stato di rivalità le classi più ricche colla laboriosa>. Su questo equivoco una certa democrazia italiana visse per un pezzo, determinando un atteggiamento riservato <'I sospettoso da parte dei lavoratori. La inutilità della for– mula proposta parve anche allora così evidente che fu re- spinta all'unanimità. · L'articolo S, divenuto quarto, diceva: « Le relazioni della R. R. cogli altri membri della grande famiglia Italica sa-

RkJQdWJsaXNoZXIy NjIwNTM=