Critica Sociale - anno XLI - n. 8 - 15 aprile 1949
180 CRITICA SOCIALE i democristiani che la limitazione della proprietà renda di– sponibili alcuni milioni di ettari di terra coi quali sia pos– sibile formare la piccola proprietà là ove ora domina la grande. In tal modo, un numero notevole di semplici la– voratori diverrebbero da un giorno all'altro proprietari, e la loro gratitudine dovrebbe andare al partito che ha sa– puto elevare la loro posizione sociale. Al programma dei democristiani si oppongono i partiti di destra, che ve·Jono nella limitazione della prop:rietà lo smantellamento delle lo– ro posizioni economiche, e in parte anche i partiti di sini– stra, fra i quali v'è chi pensa che ogni salariato che si tra– sforma in proprietario è perduto per i'1partito mentre, d'al– tra parte v'è chi considera che non tutti i contadini possono diventare proprietari, dato che non c'è terra per tutti. Il destino dei contadini esolusi merita particolari consi<iera– zioni e pene un importante aspetto sociale del problema. Tuttavia il «limite» alla proprietà è probabile che venga imposto, poichè la democrazia cristiana gode di una maggio– •ranza che le consente di imporre a1 paese la sua riforma e non quella degli altri. Esaminare l'ambizioso programma della democrazia cri– stiana riteniamo sia necessario per conoscere se è possibile assecondarlo o invece non èonvenga opporvisi decisamente. Prima di esaminare il mezzo su cui contano i democristia– ni per formare una piccola proprietà, conviene esaminare se il fe11omerr. deve essere ritenuto utile oppnre dannoso. La questione hq una grande importanza ecònomica e so– dale, ma è anche imperlante dal punto di vista politico. Il problema politico può essere così posto: conviene al socia-. lismo la formazione .di un numeroso ceto di piccoli pro– .prietari? Noi non esitiamo a ,rispondere aHermativamente al ques=.to, naturalmente facendo astrazione dai problemi econol'T'ici e tecnici i quali saranno esaminati a parte. Ri– spondia"'.lo affermativamente per ragioni sentimentali e po– litiche insieme, perchè ci sembra giusto che chi lavora la terra nt' si<1proprietario finchè non sia possibile la socia– J,izzazione. Le soddisfazioni rlella proprietà debbono essere, agli occhi de; nostri contadini, immense se per acquistarla vengono compiuti sacrifici individuali e familiari, che du- · rano talora una intera esistenza e talvolta più generazioni, per giungere al possesso di un magro appezzamento di ter– ra. Se l'aspirazione dei lavoratori dei campi è la proprietà, perchè rlobbiamo ostacolare, impedire o non far nulla per– chè la lorn speranza non vada interamente delusa? Anche politicamente riteniamo utile la formazione della pie :ola proprietà, poichè l'indipendenza economica è garanzia di una coscienza politica. Il socialismo nostro è troppo umanò per credere che i piccoli proprietari non si sentano attratti dal suo ideale, e ciò è dimostrato dall'affermazione. che esso da tempo lontano si è assicurato nelle provincie ove la i,ic– cola proprietà domina sulle alrre forme. Non ci .persuade l'affermazione di alcuni che sono av– versi alfa formazione della piccola proprietà solo petchè 'il giorno ·ir, cui si arriverà alla socializzazione sarà molto me– glio· avere a che fare con un soJo grande proprietario che non con numerosi cor,tadini possessori di terra. Non ci J er– suade poichè il giorno della socializzazione, se verrà, lo avrà voluto la :naggioranza; ossia anche quei contadini con i quali ci troveremo a fare >I socialismo perchè essi lo avran– no ,voluto: Politicamente, la formazione della piccola proprietà non può non essere assecondata dai socialisti, perchè attualmente è •l'unico mezzo per rendere il lavoratore dei campi indi– pendente e sottrarlo allo sfrnttamento del capitalista. L'aspetto economico e sociale della questione, La questione va però esaminata anche sotto l'aspetto eco– nomico e sociale e qui francamente bisogna riconoscere che la formaz;ione della piccola proprietà in talune zone del no– stro paese oltre che inutile sarebbe dannosa. Dividere le g,randi azien<le della valle Padana, massimamente delle pro– vincie irrigue, sarebbe avviare l'agricoltura verso un rovi::to– so avven:·re d, cui indichiamo gli aspetti più immediati. La struttura a corte dei fabbricati della ,pianura padana nor. ammette nessuna modificazione o atn])liamento. Per– tanto, ,volendo smembrare l'azienda in più imprese, si ren– derebbe necessaria ·.Ja costrnz;ione di nuovi fabbricati : uno Biblioteca 'GinoBianco cioè per ogni nuova proprietà, poichè sarebbe impossibile utilizzare per 1,iù imprese il fabbricato esistente, essendo questo assolutamente inadeguato alle nuove necessità. Il fat– to dominante <li tutta la pianura padana è l'irrigazione. Le aziende, in genere, dispongono di un corpo d'acqua che è commisurato alle necessità e aJ.J'ampiezza dell'impresa. Qua– lora a'impresa dovesse essere suddivisa in tre o quattro a– ziende, la stessa sorte toccherebbe ai corpi d'acqua di cui l'impresa disponeva. Pertanto, se l'impresa dispone oggi di .un COl'\PO di acqua di 300 litri al secondo, le imprese che su di essa si formerebbero ·per effetto della riforma 'agra– ria verrebb-!ro a disporre di un corpo di acqua di circa 6o litri ognuna. Prima, con 300 litri al secondo era possibile l'irrigazione su 150 ettari di terreno, e l'irrigazione era com– piuta nel migliore dei modi, perchè •l'esperienza aveva inse– gnato aU'agricoltore quale fosse il corpo di acqua ,liÙ con– facente alla natura e all'ampiezza degli appezzamenti c!a ir– rigare. Ora l'acqua sarebbe ancora nella stessa quantità, ma suddivisa in due o più corpi. In tal caso più non riusctreb– be ad irrigare la stessa superficie, e l'irrigazione molto pro– babilmente sarebbe compiuta con minore efficacia e certa– mente con maggiore dispendio di acqua. La riforma pro– vocherebbe inoltre uria diminuzione nell'uso dell'acqua cli ir– rigazione perchè ,la piccola azienda, facendo più largo po– sto a colture asciutte quali il grano, o parzialmente irrigue come il mais, i foraggi ecc., causerebbe una restrizione del– la risicoltura, che trarrebbe perciò seco una diminuzione nel– l'uso dell'acqua di irrigazione, rendendo parzialmente in•1tili gli ingenti capitali investiti in opere di derivazione e di ca– nalizzazione. E' n0to che 4a piamira padana è la regione più meccaniz– zata d'Ita1ia. Naturalmente, la qualità e la quantità cli mac– chine in uso si adeguano alle necessità della coltivazione del suolo e a quelle .della manipolazione dei prodotti. Le mac~hine convengono di più e di molto alle gr-andi aziende dove [l)Ossono spiegare la loro .economicità cd in– fluenza per ragioni 'troppo· note perchè siano ripetute. Ino1- tre esse sopprimono alcuni degli aspetti ritenuti manchevo– lezze della grande impresa: allevamento e cura degli ani– mali da lavoro, sorveglianza e rendimento del!a mano d'o– pera, che viene ad ·essere dominata e determinata nella sua azione dai' ritmo delle macchine. Ogni considerazione che si possa fare sull'impiego deJ:Jemacchine in agricoltura, resi– ste alla critica almeno su un punto, e cioè che un'alta pro– duttività del lavoro umano non si otterrà mai senza impie– go di macchinari. Inoltre si dovrà pure ammettere c.',.c in talune condizioni economiche e ambientali anche H pro– gresso tecnico è legato all'introduzione delle macchine, in quanto senza di esse taluni Javori non sarebbero possibili, o non presenterebbero alcuna conv~nienza, a meno di remune– ,rare i 1avoratori con salari insufficienti. L'impiego di maca chinario su larga scala porta a nuove condizioni dell'az:en;. da e apre vaste ,vedute di trasformazioni economiche essen– ziali. L'impiego di macchine ncll'agricoltura non influisc~ sul .processo della ,produzione agricola, pertanto esso ha scarsa influenza sui ,rendimenti, e in ogni modo inflmsçe in misura assai inferiore a quella che ,possono esercita:re,. ad esempio, ,i concimi e le varietà di sementi. Però, esso ha una grande influenza sulla natura e sulla misura dei costi, La meccanizzazione aumenta sempre la produttività del la– voro e •libera •le forze animali dell'azienda. La J:worazi,:ne meccanica del suolo, congiunta ai trasporti, può consenfrce di fare a meno degli animali da Javoro, i quali pertanto scompaiono o si riducono .di molto. La mecòanizzazione crea nuove condizioni economiche per l'i!ll,Presa, spingendo la medesima ad acquistare all'esterno .Ja forza motrice che pri– ma tendeva a produrre aJ,J'interno, perchè le macchine di qualsiasi genere,· il carburante per aziona•rle, i pezzi di ri– cambio ecc. si acquistano sul mercato, mentre g.Ji e.niir.a-Ji erano prodotti nell'azienda e venivano alimentati con der– rate ottenute dal fondo. La meccanizzazione aumenta le ven– dite e gli acquisti sul m'ercato, aJVV-icina i suoi processi pro 0 duttivi · a quelli dell'industria, trasforma partè dei suoi !a– vorator-i in meccanici specialisti. Tutto il progresso agricolo è legato strettamente aH'impiego di nuovi mezzi di produ– zione, i quali non sempre possono essere impiegati là ovè la St.lll>Crficie dell'impresa non consente ai medesimi di po-·
Made with FlippingBook
RkJQdWJsaXNoZXIy NjIwNTM=