Critica Sociale - anno XLI - n. 6 - 16 marzo 1949
CRITICA SOCIALE 141 La necessità di trovare grandi mezzi finanziari costrinse i bolscevichi all'impiego di mezzi che sarebbero stati ripu– diati da tutti gli altri partiti. Non solo non si badava af– fatto da quale parte venisse il denaro regalato, ma Io si procurava per mezzo di rapine di formazioni armate, i cui metodi non diventavano affatto migliori o -più legittimi, per il fatto che si chiamavano « espropriazioni >. Il più famoso colpo di questo genere fu l'assalto al furgone della Banca di Stato, avvenuto a Tiflis il 26 giugno 1907, al quale pre– se parte anche Stalin. Il bottino procurò quasi un quarto ùi milione di rubli, ma il numero dei morti fu rilevante. Per di più si trattò di vittime cadute invano, poichè i numeri ~ le serie delle banconote rapinate erano noti, e poichè l'ul– teriore tentativo di scambiare a Parigi un gran numero <;li queste banconote fallì, con l'arresto di Litwinov, nel ·19()8. Questi metodi provocavano con tutta facilità l'ingresso nel partito di agenti provocatori e di spie della polizia di ogni genere. Non costituisce una sorpresa eccessiva che, per anni interi, Malin0vsky, un agente della polizia segreta zarista, sia stato il capo della frazione bolscevica nella Duma. Le– nin se lo tenne legato, nonostante una serie di compagni accorti avessero avanzato contro di lui i più validi motivi di sospetto. Malinovsky venne arrestato nel novembre 1918 a Mosca e, a seguito di un processo, condannato a morte. Che Lenin fosse ,disposto a prendere gli aiuti da qualsiasi parte venissero, lo dimostra anche il suo comportamento nella questione del, suo ritorno in Russia dopo lo scoppio della rivoluzione del 1917. Egli viveva allora come emi– grante in Svizzera ed aveva il logico desiderio di prender parte a quanto stava accadendo ,nel suo paese. Poichè le potenze della Intesa gli facevano difficoltà, egli non esitò ad afferrare l'occasione di effettuare il viaggio attraverso là Germania. L'idea di fargli effettuare questo transito ven– ne a Parvus {Helphand) in origine rivoluzionario russo che aveva avuto una onorata parte nella socialdemocrazia te– 'desca per parecchi anni, ma che, durante la prima guerra mondiale, era diventato un agente del governo tedesco ed in pari tempo )lno dei maggiori mestatori internazio11ali. Egli fece presente al Quartier Generale tedesco che Lenin voleva provocare in Russia un rovesciamento del regime, che avrebbe avuto come conseguenza il ritiro della Russia dalla guerra: si trattava quindi di un calcolo che si chiudeva in vantaggio. Uomo di fiducia di Lenin era un vecchio bol– scevico, di nome Furstenberg-Ganetsky, che risiedeva a Stoccolma e che costituì da una parte il tramite con Parvus a Copenhagen, d'altra parte con i bolscevichi di Pietroburgo. Alle vicende già note in tutti gli ambienti a questo riguar– do, lo Shub aggiunge una serie qi prove e di documenti che dimostrano l'invio a Lenin, durante l'intero 1917, di grosse ~omme di denaro. Lo Shub ritiene che, tramiti Parvus a Copenhagen, Ganetsky e Radek a Stoccolma, centinaia rli migliaia di rubli per il finanziamento del colpo di Stato bol– scevico siano state inviate a Pietroburgo, somme che potreb– bero avere la loro fonte nel governo tedesco o nel Quar– tier generale tedesco. Si comprende che gli storici ufficiali del ·boscevismo serbino' il silenzio su questo capitolo, ma naturalmente non si comprenderebbe perchè un uomo che non si faceva affatto scrupolo di procurarsi i mezzi con assalti alle banche, non avrebbe dovuto approfittare de! denaro di un governo straniero. Non c'è naturalmente bisogno di chia– rire che con ciò egli non si lasciò in alcun modo corrom– pere; ma altrettanto certo è che tale comportamento non poteva restare senza conseguenze morali e politiche. Il. Noi scorgiamo quindi che le essenziali caratteristiche del– la odierna tattica comunista erano non solo già esistenti, vivente Lenin, ma in realtà sua creazione, per quel che si può dire ,a proposito della influenza di una singola persona in queste faccende. La stessa cosa si deve dire per un altro problema, a pro– posito del quale taluni osservatori hanno creduto di potere istituire una differenza tra Lenin e Stalin: ossia il terrore. E' opinione diffusa che, sotto Lenin, il terrore non fosse nè così pesante nè così diffuso come sotto. Stalit~, e che BibliotecaGino Bianco anzi sia stato in un certo modo opera di quest'ultimo. Co– loro che la pensano così s'ingannano. Essi hanno ragione solo in un punto : sinchè Lenin fu vivo non si ebbe un così gé– nerale terrore contro i comunisti altolocati. Ciò si spiega , per una duplice ragione. Anzitutto Lenin era una autorità così elevata, che egli non aveva bisogno del terrore contro. i propri compagni di partito, giacchè egli non aveva da te– mere in essi alcun concorrente. La cosa è· invece diversa per Stalin che dovette farsi largo per giungere al sommo. In secondo luogo, ~ivente Lenin, la lotta nel seno del partito comunista non fu mai così aspra come in seguito. Dopo avere assunto il potere nel 1917, la politica della nuova dittatura era così chiaramente prescritta nei suoi punti essenziali dal corso degli eventi, dalla miseria generale e dalla guerra ci– vile, che i dirigenti comunisti, sotto minaccia di un'irrepa– rabile catastrofe, non potevano abbandonarsi a contrasti di ·opinione. Solo alla fine della N.E.P. le possibilità circa la futura politica della Russia Sovietica vennero a divergere, iP modo da lasciar minacciare profonde ripercussioni e frat– ture nel partito. In pari tempo le tradizioni dell'epoca della guerra civile e della solidarietà da e?sa imposta s'erano così sbiadite, da render necessario un generale impiego del ter– rorismo. Tuttavia se si considera il terrore non come una faccen– da interna del comunismo, ma come un suo aspetto molto più importante, e cioè come un impiego contro tutti gli av– versari della dittatura, non si possono allora istituire delle differenze tra Lenin e St31in. Non si può dimenticare .:he fu proprio Lenin ad incaricare Dzershinsky, il 20 novem– bre 1917, ossia subito dopo la, conquista del potere, della organizzazione della « Commissione straordinaria per la lot– ta contro la controrivoluzione e la speculazione>, chiamata, · per abbreviazione, la C.E.K.A. Indubbiamente da allora l'ap– parato di questa polizia segreta è cresciuto in maniera gi– gantesca ed i suoi metodi si sono raffinati e perfezionati, ma in sostanza, quale ne sia il mutamento dei nomi, oggi è ancora la vecchia C.E.K.A. che domina la Russia. Nè si può ritenere che Dzershinsky fosse inferiore ai suoi suc– cessori, J agoda o Beria, quanto ad energia e mancanza di scrupoli. Lenin lo aveva scelto con piena consapevolezza• per questo posto, e ciò che egli vi esplicò accadde non soltanto con la con?apevo)ezza: di Lenin, ma addirittura, per buona parte, a seguito dei suoi diretti ordini. Sarebbe quindi falso ricercare qui le differenze tra Le– nin e Stalin e in conseguenza tra leninismo e stalinismo. Esse consistono assa'. più nelle qualità personali dei due uomini. Lo Shub chiama Lenin, a ragione, « dittatore senza vanità>. Di Stalin neppure il più fervido dei suoi apologisti potrebbe pensare altrettanto. Una semplice occhiata ad un giornale russo ci mostra il suo ritratto e non mancano mai gli indirizzi di gratitudine delle più diverse corporazioni ed enti all'onnipotente, onniscente e perfettissimo padre della patria. Le ripercussioni di questo gusto bizantino su tutta la politica internazionale e sulla stessa essenza interna del comunismo sono così evidenti, che non hanno d'altronde bi– sogno di essere 'messe in luce. Più importante è un'altra differenza, e cioè il naziona– lismo russo che dalla morte di Lenin è sempre venuto ac– crescendosi. Lenin era del tutto alieno da questa pecca. La sua promessa di rendere completamente libere le nazioni op– presse dallo zarismo era da lui seriamente intesa. Si può tuttavia dubitare se Lenin sarebbe stato effettivamente in grado di porre un valido argine alla commistione del co– munismo con lo spirito nazionalistico. Fu proprio lui ad or– dinare la prima guerra di liberazione della Unione Sovie– tica, che portò aila annessione della Georgia '2 I principio del 1921, dopo che la Unione Sovietica aveva garantito invece la sua indipendenza. Noi sappiamo oggi che questo fatto fu il primo elemento di una catena che in seguito è diven– tata sempre più lunga. Una simile politica doveva necessa– riamente portare col tempo ad una rinascita del sentimento nazionalistico, indipendentemente dal fatto che ciò rientrasse o no nel programma originario dei suoi responsabili: Dob– biamo comunque ritenere su questo· punto che la morte di Lenin nen ha più trattenuto dal dedicarsi ad una politica che egli nel fondo del ,suo cuore avrebbe odiata. D'altra parte
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